mercoledì 30 gennaio 2013

Provvedimento sospensivo di efficacia esecutiva: ammissibile reclamo

Il reclamo previsto dal combinato disposto degli art. 624 e art. 669-terdecies c.p.c. avverso i provvedimenti in materia di sospensione dell’esecuzione è estensibile anche al provvedimento sospensivo previsto al comma 1 dell'art. 615 c.p.c.
E ancora, la cancellazione dal Registro delle Imprese produce l’estinzione della società di persone anche in presenza di crediti non soddisfatti e di rapporti non ancora definiti: soltanto gli ex soci in comunione tra loro saranno legittimati ad agire in giudizio per ottenere il soddisfacimento dei crediti di cui era titolare la società estinta.

Queste sono le due fondamentali questioni su cui si è espresso il Tribunale di Torino nell’ordinanza in commento, adottata nell’ambito di un processo relativo ai crediti vantati nei confronti di un noto istituto bancario da una società in nome collettivo, trasformatasi, nelle more del giudizio, in un’impresa individuale.

In merito alla prima questione, il giudice ha ritenuto di abbracciare l’orientamento prevalente nella giurisprudenza di merito, in forza del quale il reclamo previsto dal combinato disposto degli art. 624 e art. 669-terdecies avverso i provvedimenti in materia di sospensione dell’esecuzione è estensibile anche al provvedimento sospensivo dell’efficacia esecutiva di cui al comma 1 dell’art. 615 c.p.c.

Innanzitutto perché il provvedimento in questione ha natura cautelare. Inoltre, l’art. 624 c.p.c. si riferisce a tutte le decisioni in tema di istanze di sospensione senza che rilevi che l’esecuzione sia concretamente iniziata: in caso contrario vi sarebbe, infatti, una lesione del diritto di difesa della parte interessata. Infine, “la nuova formulazione dell’art. 615 c.p.c. e la modifica introdotta in due tempi all’art. 624 c.p.c., hanno disegnato un nuovo istituto cautelare, che ricomprende non solo la sospensione del processo esecutivo ma anche la sospensione dell’esecutività del titolo: ambedue i provvedimenti debbono ritenersi soggetti a reclamo, attesa la evidente volontà in tal senso dimostrata dal legislatore che, dapprima, aveva introdotto all’art. 624 c.p.c. il reclamo in relazione alla sola ipotesi di opposizione alla esecuzione (615, 2° comma, c.p.c.) poi, a seguito della l. n. 52 del 2006, ha eliminato dal 1° comma dell’art. 624 c.p.c. il riferimento al 2° comma dell’art. 615 c.p.c., così estendendo il rimedio ad entrambe le ipotesi”.

In merito alla seconda questione, l’ordinanza chiarisce che a seguito delle tre pronunce delle Sezioni Unite del 22 febbraio 2010 (n. 4060, n. 4061 e n. 4062), la cancellazione dal Registro delle Imprese produce l’estinzione della società di persone anche in presenza di crediti non soddisfatti e di rapporti non ancora definiti. Tra questi vi rientrano le c.d. sopravvenienze attive e passive. Mentre per queste ultime, il legislatore è intervenuto prevedendo espressamente, dopo la cancellazione, la responsabilità dei soci e/o dei liquidatori nei confronti dei creditori rimasti insoddisfatti, per le sopravvenienze attive non esiste alcuna specifica disciplina. Ad avviso del giudice “considerato, tuttavia, che anche in presenza di sopravvenienze attive non può ritenersi possibile una sopravvivenza della società né una sua reviviscenza, deve concludersi che in tale ipotesi si verifichi un fenomeno di successione delle sopravvenienze nei confronti dei soci, divenendo le stesse oggetto di una comunione potenziale e particolare che non ha titolo nella legge (ex art. 1100 c.c.), ma trova origine nell’estinzione della sovrastruttura cui era imputato il bene residuo”. Pertanto, una volta stabilito che la società cancellata è definitivamente estinta e che non ha piu’ capacità giuridica e processuale per agire per il recupero dei crediti, soltanto gli ex soci saranno legittimati ad agire per soddisfare pro quota i crediti di cui era titolare la società estinta, secondo le norme sulla comunione.

In ultimo, l’ordinanza in commento, coglie l’occasione per chiarire qual è l’orientamento della Cassazione in materia di frazionamento del credito nell’ambito delle procedure esecutive. Notoriamente il creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, non può frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo.

Nell’ambito delle procedure esecutive, invece, “il creditore, in forza del medesimo titolo esecutivo, può procedere a più pignoramenti dello stesso bene in tempi successivi, senza dover attendere che il processo di espropriazione aperto dal primo pignoramento si concluda, atteso che il diritto di agire in esecuzione forzata non si esaurisce che con la piena soddisfazione del credito portato dal titolo esecutivo”.


(Da Altalex del 17.1.2013. Nota di Giuseppina Mattiello)