mercoledì 16 gennaio 2013

Dirotta invalidi dal patronato al medico "amico", ammenda

Scatta la sanzione penale per lo sviamento degli utenti,
mentre lo studio privato chiede
lauti compensi per seguire tutto l'iter
Tempi duri per i responsabili infedeli
delle strutture di patronato

Scatta la sanzione penale per chi "svia" gli utenti, indirizzandoli dal medico legale compiacente per il disbrigo delle pratiche necessarie a ottenere la pensione d'invalidità e l'eventuale contenzioso con gli enti previdenziali. È quanto emerge dalla sentenza 1451/13, pubblicata l'11 gennaio dalla terza sezione penale della Cassazione.
Reato estinto
Il reato di cui agli articoli 7 e 17 della legge 152/01 risulta ormai prescritto ma non ci sono gli estremi per il proscioglimento della professionista che svolge attività di patronato (il medico legale è giudicato separatamente). La normativa dice chiaro e tondo che è vietato «ad agenzie private e a singoli procacciatori di esplicare qualsiasi opera di mediazione» a favore dei soggetti che sostengono di avere diritto prestazioni di qualsiasi genere in materia di sicurezza sociale. Il ricorso dell'imputata - ammettono gli "ermellini" - non risulta manifestamente infondato, anche perché non c'è perfetta chiarezza nella sentenza del giudice di merito. Ciò che conta è che, stando agli atti giudiziari, la responsabile dell'istituzionale sociale dirotta i "clienti" a un noto studio medico legale del paese, ben contento di seguire le pratiche in cambio di lauti compensi (di fronte a modesti esborsi dovuti al patronato). Il tutto approfittando delle informazioni raccolti sui singoli invalidi raccolti nei file dell'istituzione sociale e ritrovati poi in possesso del sanitario. Insomma: non trova ingresso le censura secondo cui le condotte addebitate sarebbe ravvisabile l'infrazione di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 152/01 che prevede come sanzione la decadenza dai contributi finanziari. E dunque il reato c'è ma è ormai estinto.

Dario Ferrara (da cassazione.net)