venerdì 16 marzo 2012

Le tariffe professionali non sono abrogate

Salvatore Mazzamuto (Sottosegretario Giustizia) alla Camera:
persistente la vincolatività delle tariffe professionali abrogate

Con riferimento alle problematiche, ai dubbi interpretativi ed ai molti interrogativi sorti in seguito all’abrogazione delle tariffe professionali, il Ministro della Giustizia  in risposta a una interrogazione parlamentare  presentata in commissione Giustizia della Camera da Cinzia Capano (Pd) sul tema, il sottosegretario alla Giustizia Salvatore Mazzamuto ha precisato che le tariffe forensi continuano ad avere “persistente vincolatività fino a quando non saranno adottati i decreti ministeriali previsti dall’articolo 9, comma 2, del decreto legge”. In altre parole, poiché a seguito dell'entrata in vigore del decreto sulle liberalizzazioni sono state abrogate le tariffe e la norma che disponeva che il giudice dovesse riferirsi ad esse nella liquidazioni delle spese legali nel caso di soccombenza. Nel medesimo decreto è prevista l'adozione di un decreto del Ministro della giustizia sulle tariffe da applicare in caso di soccombenza. In conseguenza, a causa della vacatio legis creata dal decreto e in assenza del previsto decreto ministeriale vi è l'impossibilità per i giudici di liquidare le spese nei caso di soccombenza, nonché l'impossibilità per gli avvocati di redigere gli atti di precetto. Tali atti infatti non essendo rivolti ai propri clienti ma alle controparti non possono procedere alla quantificazione attraverso pattuizione, previste solo per il cliente, né possono utilizzare le tariffe previste nel decreto per il caso di soccombenza in assenza della sua adozione e comunque in difetto della specifica previsione della sua applicabilità agli atti di precetto. Ciò comporta che l'utente dopo aver atteso molti anni per ottenere una sentenza non può procedere ad esecuzione forzata, ovvero che ai già noti ritardi della giustizia civile si assommino altri ritardi provocati dall'impossibilità per il giudice di pronunziare nella sentenza la condanna alle spese. Tale anomala situazione sta già provocando i detti rinvii come evidenziato al Ministro dal Presidente dai rappresentanti del mondo forense. Adesso il chiarimento del ministero:  “il compenso – sostengono in via Arenula - è determinato dal giudice, sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene, in misura adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione. In base a tali disposizioni, si potrebbe quindi formare, in ambito nazionale, un uso normativo fondato sulla spontanea applicazione dei criteri di liquidazione del compenso già previsti dalle tariffe abrogate, nella convinzione della loro persistente vincolatività fino a quando non saranno adottati i decreti ministeriali previsti dall’articolo 9, comma 2, del decreto legge. In mancanza di usi normativi, il giudice potrà comunque liquidare il compenso in base al criterio residuale previsto dall’articolo 2233 del codice civile e, in tal caso, le tariffe abrogate dal decreto-legge n. 1  del 2012 potrebbero venire in rilievo come criterio equitativo per valutare l’adeguatezza del compenso all’importanza dell’opera e al decoro della professione. Ciò chiarito, voglio in ogni caso segnalare che al fine di ovviare alle difficoltà interpretative insorte in sede di applicazione della disposizione normativa citata, è attualmente allo studio dell’Ufficio Legislativo del Ministero un’ipotesi di intervento normativo per la determinazione del compenso da parte degli organi giurisdizionali chiamati a liquidare il compenso del professionista.

Luigi Berliri (da Mondoprofessionisti del 16.3.2012)