giovedì 29 marzo 2012

Dagli Avvocati un progetto di cambiamento per l'Italia

Le mozioni approvate a Milano inviate al presidente del consiglio Monti
e al ministro della Giustizia Severino. Chiesto un incontro urgente

Il Congresso Nazionale Straordinario Forense, oltre 2200 partecipanti, con oltre 1200 delegati, provenienti da tutta Italia, in rappresentanza di 165 Ordini degli avvocati e delle associazioni forensi, tenutosi a Milano il 23 e 24 marzo ha approvato 14 mozioni conclusive sui vari temi centrali delle due giornate di lavori.
Maurizio de Tilla, presidente dell’Oua, ha ricevuto insieme al Cnf, il mandato ad aprire un’interlocuzione con il Presidente Monti e il Ministro della Giustizia, Severino: "Non inseguiamo il rito della vecchia concertazione – sottolinea – ma allo stesso tempo, crediamo sbagliato che si governi a colpi di decreti legge, esautorando della sua funzione il Parlamento. Auspichiamo, quindi, il confronto con le parti sociali, su proposte concrete, come le mozioni approvate a larghissima maggioranza dalla nostra assise straordinaria. Per questa ragione, forti del mandato del Congresso di Milano, abbiamo chiesto al Governo di incontrare le rappresentanze forensi: la politica non può rimanere sorda alle istanze del Paese, indifferente rispetto a un’assise di duemila legali, con 1300 delegati intervenuti per gli oltre 230mila avvocati italiani. L’avvocatura è un settore importante di produzione di servizi intellettuali: abbiamo un progetto di cambiamento per l’Italia».
Per cominciare il presidente dell’Oua si riferisce alle mozioni relative alla giustizia civile: «L’intento del legislatore in materia di Giustizia Civile – denuncia – non è stato quello di dare una risposta adeguata, rapida e qualitativa alle istanze di giustizia, alleggerendo il sistema dell’amministrazione giudiziaria e assicurando organici adeguati, ma quello di disincentivare l’utilizzo del processo, danneggiando in particolare i soggetti economicamente più deboli. La mediaconciliazione obbligatoria, ad esempio che avrebbe dovuto ridurre notevolmente le pendenze processuali, si è rivelata un clamoroso flop (le conciliazioni chiuse sono risibili, di gran lunga inferiori a quelle ipotizzate). Per diverse ragioni, tra gli altri, perchè è esosa per i cittadini, ma anche perché è affidata ad organismi di mediazione e a mediatori di scarsa qualità e di incerte origini e controllo. Non a caso, il sistema vigente è sub judice alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea, per evidenti violazioni delle norme costituzionali e comunitarie. Ma non basta: a Milano abbiamo deciso, comunque, di avviare una campagna per indire un referendum abrogativo, su proposta degli Ordini della Campania.   Per dare un’inversione di tendenza, ecco le nostre proposte: procedere, previo confronto con l’Avvocatura, alla riforma del procedimento di mediazione, prevedendo l’inserimento di incentivi più incisivi di quelli attualmente previsti, che rendano il ricorso alla mediazione facoltativa e alla conseguente conciliazione più vantaggioso per le parti; individuando strumenti idonei a garantire le capacità professionali e culturali dei mediatori, il loro aggiornamento professionale e la trasparenza degli Organismi di conciliazione e riducendo i costi del procedimento. Istituire e regolamentare altri strumenti ADR, che valorizzino il ruolo del professionista-avvocato, del valore di titolo esecutivo agli atti di transazione sottoscritta dalle parti con l’assistenza e l’autentica delle sottoscrizioni da parte dei rispettivi legali. In proposito si chiede al Parlamento di procedere a una rapida calendarizzazione ed approvazione del disegno 2772 presentato al Senato sotto il nome di “Convenzione per la conciliazione del contenzioso civile”. Ma sono stati adottati altri provvedimenti impropri – continua - come la condanna accessoria per la parte che richieda infondatamente la sospensione dell’efficacia esecutiva di una sentenza o il limite di liquidazione delle spese di giudizio non superiore al valore della causa. Preoccupante anche l’aumento degli importi del contributo unificato, esteso a separazioni e divorzi, cause di lavoro e previdenziali; e l’abbassamento del limite di reddito per il patrocinio dei non abbienti, con la conseguenza che gli esponenziali aumenti del contributo unificato restano comunque e sempre a carico di parti economicamente deboli. Da ultimo, l’istituzione del Tribunale delle Imprese, che a tutti gli effetti è un Giudice speciale, vietato dalla Costituzione, con competenze anche sulle Srl, il modello societario maggioritario in Italia. È evidente il tentativo di creare una Giustizia a due velocità: lenta per i cittadini comuni (affidata a giudici ordinari, senza prevedere investimenti,  miglioramento delle strutture, aumento del personale di cancelleria, ridottosi invece di un terzo, e degli organici della magistratura); ad alta velocità per le imprese e le società commerciali. Tribunale delle imprese, peraltro, presente solo in 20 grandi aree interregionali allontanando così fisicamente e geograficamente l’utente, soprattutto quello più debole (anche di oltre 200 Km). Altro nodo è quello della giustizia tributaria, un settore che necessita di una riforma urgente, anche alla luce della situazione di grave crisi economica e di un incessante aumento della pressione fiscale.  Sulla geografia giudiziaria – ribadisce il presidente Oua - abbiamo chiesto la non attuazione della legge delega e ribadito il nostro no alla chiusura generalizzata di tribunali (circa 50), sedi distaccate e uffici dei giudici di pace (oltre 700). I criteri di produttività aziendale in una materia così delicata sono impropri visto che parliamo di presidi di legalità e sicurezza e, oltretutto, la prevista chiusura non porterebbe alcun risparmio. Il Congresso chiede l’istituzione di un tavolo di confronto con il ministero che veda il coinvolgimento degli ordini interessati, dell’avvocatura, degli enti locali per individuare parametri certi di valutazione e i dati relativi all’attività di queste realtà spesso, al contrario, di quanto semplicisticamente sostenuto, esempi di efficienza. Nonché per centrare la riorganizzazione sul riequilibrio sul territorio, sulla giustizia di prossimità e sull’alta tecnologia.  Sul piano delle liberalizzazioni – aggiunge - abbiamo ribadito il no all’abolizione delle tariffe, perché garanzia di qualità della prestazione per i cittadini, e alle società di capitale, porta di ingresso di evidenti conflitti di interesse e di infiltrazioni mafiose. Nonché alle modifiche introdotte per il tirocinio, snaturato e depotenziato per le sue finalità formative sul campo. Ribadiamo, inoltre, anche la necessità di contrastare la delegificazione dell’ordinamento forense e la necessità di approvare una nuova legge professionale che recepisca questi principi. In questo senso si presenterà entro aprile una proposta che integrerà e modificherà il ddl all’esame del Parlamento. Il Congresso Straordinario ha dimostrato una forte volontà propositiva – conclude de Tilla – ora la palla passa al Governo. Da un lato c’è un progetto di cambiamento del Paese, partendo da una riforma della giustizia, mettendo al centro del processo la tutela dei diritti dei cittadini e delle imprese, dell’interesse generale, cioè del sistema-Italia, dall’altro il mantenimento dello status quo, con alcuni interventi disorganici al fine di garantire solo le prerogative esclusive dei Poteri Forti. Se il dialogo venisse ancora una volta respinto, ritorneremo a protestare, con astensioni, con la disobbedienza civile, con lo sciopero bianco e con una grande marcia che attraverserà tutto il Paese e che culminerà con una grande manifestazione nazionale a Roma".

(Da Mondoprofessionisti del 28.3.2012)