domenica 13 novembre 2011

Le Camere Civili contro il maxiemendamento

L’”Unione Nazionale delle Camere Civili” esprime,  a nome dell’Avvocatura civilistica, grande preoccupazione in merito al maxi emendamento, preannunciato dal Governo, al c.d. “Decreto sviluppo”, che dovrebbe essere approvato nei prossimi giorni dal Parlamento. Le forti preoccupazioni sono relative alle modifiche che si vorrebbero introdurre al processo civile ed all’Ordinamento professionale.
I) PER QUANTO CONCERNE IL PROCESSO CIVILE
L’Avvocatura da lungo tempo richiede interventi che consentano un miglior funzionamento del processo civile e possano evitare le reiterate condanne da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Le riforme attuate in questi anni, senza la preventiva consultazione dell’Avvocatura e della Magistratura, non hanno portato alcun risultato positivo, ma anzi un ulteriore aggravamento della situazione.  I provvedimenti preannunciati, che da fonti di stampa, si dice dovrebbero essere introdotti nel maxi emendamento costituiscono un vero e proprio “attacco” alla giurisdizione civile ed ai diritti dei cittadini. Riprendendo un precedente progetto, poi accantonato per le proteste dell’Avvocatura e della Magistratura, nel maxi emendamento si prevede l’estinzione dei procedimenti pendenti da oltre un biennio, se non è confermato, con apposita istanza, l’interesse alla loro definizione; per quanto concerne i giudizi pendenti in primo grado è prevista la nomina di seicento magistrati ausiliari, per eliminare l’arretrato civile entro il 2015; si prevede l’inappellabilità delle cause previdenziali; la c.d. “motivazione breve” della sentenza e il rilascio della “motivazione estesa”, solo a richiesta e previo versamento del contributo unificato per il successivo grado del giudizio; la sostanziale soppressione dell’indennizzo attualmente previsto dalla legge Pinto, per l’irragionevole durata dei processi (limitandolo al rimborso del contributo unificato) ed infine l’immediata applicabilità della mediazione obbligatoria, anche per le controversie condominiali e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti. A proposito di tali misure in un intervento pubblicato in data odierna sul “Sole 24 ore”, il dott. Giuseppe Maria Berruti, Consigliere presso la Corte di Cassazione, ha affermato che: “le cause debbono essere accelerate non rottamate. E’ un errore pensare di aprire delle parentesi di velocità anche a costo di fare macelleria giudiziaria . . . La macelleria non produce giustizia. . . . Insomma le cause sono diritti in contesa e i diritti non si macellano”. Ora, a prescindere da tale essenziale questione preliminare, sulla quale l’Avvocatura non può transigere, essendo in gioco i diritti dei cittadini, non si può non evidenziare anche la palese inefficacia, illegittimità e contraddittorietà dei provvedimenti proposti.
a) Sulla nomina dei seicento magistrati ausiliari, per eliminare l’arretrato civile entro il 2015, si rileva che o il Ministero della Giustizia non ha fatto correttamente i conti, ovvero la proposta è una semplice presa in giro  per i cittadini.
Se infatti la proposta rimarrà nei termini originari, in cui ogni magistrato ausiliario non poteva emettere più di 100 sentenze all’anno (a tale risultato si arriva dividendo il tetto massimo retributivo di € 20.000,00 per il compenso di € 200,00 per ogni sentenza), risulta evidente che i seicento magistrati onorari non potrebbero che emettere un massimo di 60.000 sentenze all’anno e, se è vero che, come ci dice il Ministero, che l’arretrato civile è di alcuni milioni di controversie, ai 600 magistrati ausiliari ci vorrebbero non meno di 50-60 anni per esaurire tale arretrato, mentre la data prevista per lo “smaltimento” è il 2015.
b) La sostanziale soppressione della Legge Pinto (oltre ad essere probabilmente incostituzionale) non potrebbe certamente essere tollerata a livello comunitario. Non c’è neppure bisogno di ricordare che la legge 24/3/2011 n.89, che disciplina il diritto di richiedere un’equa riparazione del danno subito dal cittadino per l’irragionevole durata del processo, è stata introdotta nell’ordinamento italiano, proprio su pressioni dell’Europa, in quanto la “Corte Europea dei Diritti dell’Uomo” di Strasburgo era ormai oppressa dai ricorsi presentati contro lo Stato italiano. Il sopprimere la legge Pinto significherebbe, quindi,  ingolfare nuovamente la CEDU ed aggravare il bilancio dello Stato con migliaia di nuove e più pesanti condanne della Corte Europea, rischiando, per di più, di essere posti nuovamente sotto osservazione dagli Organi Comunitari, per la violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che disciplina il “giusto processo”.
c) Il proposito di far entrare immediatamente in vigore la mediazione obbligatoria, anche in materia di controversie condominiali e relative a danni derivanti da circolazione stradale, non tiene evidentemente in conto alcuno in primo luogo che con ordinanza 12/4/2011 il TAR Lazio ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale, per sospetta illegittimità della normativa sulla mediazione e che tale ordinanza è stata seguita da molti analoghi provvedimenti di giudici di merito e si è in attesa quindi della pronuncia della Corte Costituzionale. Ma altresì ed in secondo luogo, che nella scorsa primavera, contestualmente alla contestata approvazione  (dovuta solo alla circostanza che il Governo vi aveva posto la fiducia) dell’entrata in vigore per le altre materie della mediazione obbligatoria, il Parlamento aveva votato, pressoché all’unanimità, un ordine del giorno che lo impegnava ad una rivisitazione, nel senso indicato dall’Avvocatura e dalla Magistratura, della normativa sulla mediazione.
d) La c.d. “motivazione breve” della sentenza e la possibilità di ottenere la motivazione estesa solo previo versamento del contributo unificato per il successivo grado del giudizio, non solo fanno sorgere forti e fondati dubbi sulla legittimità costituzionale di una siffatta disposizione, ma appaiono di evidente illogicità: la parte dovrebbe pagare anticipatamente il contributo per il giudizio di appello, prima di poter esaminare le motivazioni della sentenza di primo grado e cioè le ragioni stesse per le quali si decide se proporre l’eventuale appello.
e) La previsione di inappellabilità per le cause previdenziali darebbe anch’essa adito a forti sospetti di illegittimità costituzionale.
f) L’aumento della metà del contributo unificato per il giudizio di appello ed il raddoppio dello stesso per il giudizio di Cassazione (sommati ai precedenti consistentissimi aumenti verificatosi in questi ultimi anni) non solo costituiscono un evidente grave ostacolo alla tutela del cittadino dei propri diritti  (e, per ovvie ragioni, particolarmente dei cittadini meno abbienti) ma costituisce altresì un’aberrante enunciazione di un principio in forza del quale si aumentano, in modo spropositato, i costi per l’accesso alla giustizia e cioè per un servizio che palesemente oggi non funziona.
g) Infine e da ultimo, la richiesta di apposita istanza di trattazione per i procedimenti pendenti da oltre un biennio, non solo costituisce un’ulteriore ed iniquo ostacolo al funzionamento della giurisdizione, ma anziché sgravare gli uffici, porterà un fortissimo aumento del loro lavoro, in quanto le cancellerie dovranno inviare l’avviso alle parti di ogni giudizio pendente da oltre due anni (e quindi milioni di avvisi!) e successivamente riceveranno pressochè altrettante istanze di persistenza di interesse, con la conseguente movimentazione di milioni di tali fascicoli.
II) PER QUANTO CONCERNE LE MODIFICHE ALL’ORDINAMENTO PROFESSIONALE
a) La previsione della possibilità che gli studi professionali si costituiscano in forma di società di capitali comporterà inevitabilmente un gravissimo danno non solo per l’Avvocatura, ma anche per i cittadini, in quanto inevitabilmente calerà il livello qualitativo e deontologico dei liberi professionisti.
E’ facile infatti ipotizzare che le società di capitali saranno costituite per lo più da banche, assicurazioni e grandi imprese e gli avvocati associati, di fatto, diventeranno meri dipendenti di tali società di capitali, perdendo completamente la loro autonomia ed indipendenza.
Ancora una volta questo costituisce un gravissimo “regalo” ai c.d. “poteri forti” ed un danno per il comune cittadino, anche perché le società di capitali operano in un’ottica unicamente di utile e di guadagno, prescindendo da qualsiasi principio deontologico.
b) In relazione alla prevista soppressione dei riferimenti ai minimi e massimi tariffari, pare opportuno ricordare in primo luogo che, subito dopo l’approvazione del c.d. “decreto Bersani”,  l’attuale maggioranza parlamentare (allora opposizione)  si era unita alle proteste dell’Avvocatura, assicurando che, all’esito di nuove elezioni, tale provvedimento sarebbe stato subito abolito. Ma è altresì “curioso” notare che l’allora maggioranza (attuale opposizione) si era poi dichiarata “pentita” per tale provvedimento, avendo verificato che l’abolizione dei minimi tariffari non aveva affatto favorito, come si credeva, da una parte il cittadino e dall’altra i giovani professionisti, permettendo una maggiore concorrenza, ma aveva solo favorito i famosi “poteri forti” (banche, assicurazioni, grandi imprese), che avevano imposto ai liberi  professionisti (e particolarmente ai più giovani, dotati di ancor minor potere contrattuale), l’accettazione di convenzioni assolutamente inique, con compensi pressoché irrisori, mentre altrettanto non aveva potuto fare il cittadino, non in possesso di tale potere contrattuale.
Ne risultava che sia maggioranza che opposizione si sono dichiarate ripetutamente ed apertamente favorevoli al ripristino delle tariffe minime e massime, nell’interesse della qualità della  prestazione e quindi, oltre che dei liberi professionisti, altresì del cittadino.         Appare quindi oggi incredibile che venga proposto un provvedimento legislativo di segno esattamente opposto.
Conclusivamente l’Unione Nazionale delle Camere Civili chiede che vengano espunte dal c.d. “decreto sviluppo” tutte le disposizioni di cui sopra e che venga definitivamente approvata, la legge di riforma per l’ordinamento forense, ed inoltre una riforma ponderata e condivisa del processo civile, che ne assicuri realmente l’efficacia e la qualità.

(Da Mondoprofessionisti del 10.11.2011)