lunedì 16 gennaio 2012

L’autopromozione non vale un licenziamento

La Cassazione ha respinto la richiesta di una società telefonica
contro un dipendente che si era intestato tariffe agevolate

Questione di fiducia. Quella che secondo una Compagnia telefonica era venuta meno nei confronti di un proprio dipendente, licenziato in tronco, reo di aver attivato tariffe telefoniche promozionali su schede di utenze personali o riconducibili a parenti e amici. Con ordinanza n. 29628 la Corte di Cassazione, confermando la sentenza della Corte d’Appello, ha stabilito che "il giudice di merito deve valutare la congruità della sanzione espulsiva tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda che, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico, risulti sintomatico della gravità rispetto a un utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi a tal fine preminente rilievo sia alla configurazione che delle mancanze addebitate faccia la contrattazione collettiva, che all'intensità dell'elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente, alla precedenti modalità di attuazione del rapporto, alla sua particolare natura e tipologia".
Il licenziamento era già stato respinto dal Giudice d'Appello che aveva ritenuto sproporzionato tale provvedimento rispetto al comportamento contestato. Inoltre, stando al giudice di merito, la Compagnia telefonica non poteva nemmeno fare appello a una regola aziendale chiara e univoca, conosciuta senz'altro da tutti i dipendenti, che stilasse una lista nera dei tipi di attivazione vietati e dei soggetti destinatari del divieto. Insomma, il dipendente se l'è vista brutta ma alla fine il contratto collettivo nazionale di lavoro l'ha tutelato.

Alberta Perolo (da famigliacristiana.it del 12.1.2012)