lunedì 2 gennaio 2012

Da “abogado” ad avvocato, intervengono le SS.UU.

Il Consiglio dell'Ordine non può rifiutare la domanda di iscrizione nell'elenco degli avvocati comunitari. E' quanto hanno affermato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 22 dicembre 2011, n. 28340, essendo del tutto irrilevante la differenza, tra Italia e Spagna, della normativa per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, e la circostanza che il richiedente non abbia dimostrato il conseguimento, in Spagna, di un particolare titolo abilitante né di specifica esperienza professionale.
Tra gli obiettivi dell'Unione Europea vi è quello della regolamentazione del reciproco riconoscimento fra i Paesi membri dei relativi diplomi, certificati e titoli professionali, al fine di garantire il diritto alla libera circolazione dei servizi in ambito UE ed alla libertà di stabilimento, nonché il diritto di ogni cittadino europeo di esercitare la propria attività in qualsiasi Stato dell'Unione.
Il soggetto munito di titolo professionale di altro Paese membro, equivalente a quello di avvocato, che voglia esercitare stabilmente la propria attività in Italia, può, innanzitutto, chiedere al Ministero della Giustizia italiano l'immediato riconoscimento del titolo di avvocato con iscrizione al relativo Albo. Quest'ultimo, previo parere di un'apposita Conferenza di Servizi, stabilisce, con decreto, la c.d. prova attitudinale che deve sostenere il soggetto al fine di compensare le diversità di formazione rispetto a quanto previsto dalla legge italiana.
In alternativa, avvalendosi del procedimento di "stabilimento/integrazione" previsto dalla direttiva 98/5/Ce, attuata dal d.lgs. 96/2001, il soggetto munito di equivalente titolo professionale di un altro Paese membro può chiedere l'iscrizione nella Sezione speciale dell'Albo italiano del foro nel quale intende eleggere domicilio professionale in Italia, utilizzando il proprio titolo d'origine (ad es., quello, spagnolo, di "abogado") e, al termine di un periodo di tre anni di effettiva attività in Italia (d'intesa con un legale iscritto nell'Albo italiano), può chiedere di essere "integrato" con il titolo di avvocato italiano e l'iscrizione all'Albo ordinario, dimostrando al Consiglio dell’ Ordine effettività e dell' attività svolta in Italia come professionista comunitario stabilito.
Tale procedimento dispensa l'interessato dal sostenere la prova attitudinale, richiesta a coloro che chiedono l'immediato riconoscimento del titolo di origine e l'immediato conseguimento della qualifica di avvocato.
Nell'ambito di tale ultimo procedimento, in concreto perseguito, nel caso di specie, dal ricorrente, l'iscrizione nella Sezione speciale dell’ Albo degli Avvocati comunitari stabiliti, negata a quest'ultimo, è, secondo quanto disposto dall'art. 3, comma 2, della direttiva 98/5/Ce e dall'art. 6, comma 2, d.lgs. 96/2001, subordinata alla mera condizione della documentazione dell'iscrizione presso la corrispondente Autorità di altro Stato membro.
Da quanto premesso, le Sezioni Unite affermano "l'illegittimità di ogni ostacolo frapposto, al di fuori delle previsioni dalla normativa comunitaria, al riconoscimento, nello Stato di appartenenza, del titolo professionale ottenuto dal soggetto interessato in altro Stato membro in base all'omologazione: del diploma di laurea già conseguito nello Stato di appartenenza, se tale omologazione si fondi - così come l'omologazione alla lecencia en derecho spagnola, della laurea in giurisprudenza conseguita in altro Stato membro - su di un ulteriore percorso formativo (frequenza di corsi universitari. e superamento di esami complementari) nel Paese omologante".

(Da Altalex del 29.12.2011. Nota di Simone Marani)