lunedì 2 gennaio 2012

Documenti al cliente anche se non paga

Con la sentenza 17 novembre 2011, n. 24080 le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione intervengono con una interessante decisione in materia di deontologia professionale, confermando la natura di illecito disciplinare per l’avvocato che non consegni al cliente i documenti richiesti, anche nel caso in cui non abbia ricevuto il pagamento delle spese e delle competenze legali. Infatti, la formale messa a disposizione della documentazione da parte dell’avvocato non esclude la responsabilità disciplinare del professioniste se di fatto ne viene impedita la materiale apprensione.
Nel caso di specie, dopo avergli revocato il mandato, il cliente aveva presentato un esposto nei confronti dell’avvocato, a carico del quale veniva aperto un procedimento disciplinare per aver violato gli artt. 32, 42 e 43 CDF in quanto dopo la revoca della sua nomina a difensore non si adoperava affinché la successione nei mandati avvenisse senza danni per l'assistito ed anzi, agiva in senso inverso non consegnando la documentazione né la contabilità delle spese sostenute. Inoltre, a carico dell’avvocato vi è anche la violazione degli artt. 5,6,7 e 8 CDF in quanto, in violazione dei doveri di probità, lealtà, correttezza, fedeltà e diligenza non consegnava al suo assistito, che in più sedi e forme gliene faceva esplicita richiesta, documenti necessari per l’attività di difesa , come ad esempio le copie della sentenza.
Il Consiglio dell’Ordine assolveva parzialmente l’avvocato, mentre gli infliggeva la sanzione della censura per non aver consegnato al cliente la copia – espressamente richiesta – di una sentenza esecutiva. Il professionista, prima, proponeva ricorso al C.N.F., che rigettava, e dopo, ricorreva in Cassazione.
Tuttavia, neppure gli Ermellini accolgono le richieste del professionista che ribadiscono il principio in base al quale, anche se non paga, il cliente ha diritto a farsi restituire la documentazione. Il mancato pagamento delle spese legali non legittima l’avvocato a negare o condizionare i diritti del cliente o l’adempimento delle prestazioni professionali ( cfr.art. 43 comma 4 C.D.F). Al riguardo, il Consiglio Nazionale Forense non si è interrogato sulla natura, processuale o meno, della richiesta delle copie né ha sostenuto che l’avvocato avrebbe dovuto spingersi a consegnarle anziché limitarsi a metterle a disposizione, ma si è attenuto alle risultanze istruttorie, ritenendo ampiamente dimostrato dalle raccomandate in atti, nonché dalle dichiarazioni dell’assistito, che ad un certo punto della vicenda l'incolpato aveva cominciato a porre in essere una condotta finalizzata ad ostacolare il suo ex cliente.
In un quadro del genere, ha osservato il Consiglio Nazionale, risultava irrilevante accertare se la richiesta delle copie fosse stata o meno fatta su sollecitazione dell’assistito , perché anche a prescindere dal fatto che la presentazione dell'istanza era avvenuta tre mesi dopo la revoca del mandato e, cioè, quando l'ex cliente aveva già più volte domandato la restituzione della documentazione, quello che in realtà contava era che l’avvocato non poteva non sapere che la loro mancata acquisizione avrebbe impedito al cliente di procedere in forma esecutiva.
A fronte di questa valutazione operata dal Consiglio Nazionale, che ha concluso per la sussistenza della responsabilità disciplinare dell’avvocato, non è possibile – si legge nella sentenza n. 24080 - il sindacato della Cassazione, in quanto basato si di una ricostruzione dell’accaduto immune da errori logici o giuridici. Da qui il rigetto del ricorso dell’avvocato e dunque la conferma della censura a carico del professionista.

(Da Altalex del 12.12.2011. Nota di Alessandro Ferretti)