domenica 2 ottobre 2011

S’infuria e se ne va: no al licenziamento

L’abbandono del posto di lavoro senza giustificato motivo
comporta sanzioni che vanno dalla multa alla semplice sospensione

Ufficio. Qualcosa non ha funzionato. Il capo rimprovera il dipendente che, colto da un attacco d'ira, lascia il posto di lavoro. L'azienda, di fronte a questa situazione, opta per il licenziamento contro cui il lavoratore fa ricorso.
La sentenza 18955 della Corte di Cassazione dirime la questione disponendo che il dipendente non può essere licenziato poiché il suo comportamento, di per sé, non rientra nella categoria delle giuste cause di recesso.
La Corte d'Appello aveva ritenuto che lo scatto d'ira e il conseguente abbandono del posto di lavoro non costituissero, di fatto, "grave insubordinazione" e nemmeno un comportamento che violasse i doveri fondamentali.
Confermando l'obbligo di reintegrazione del lavoratore, la Corte di Cassazione ha aggiunto che la previsione del licenziamento nel codice disciplinare aziendale presuppone la pubblica affissione dello stesso all'interno dei locali dell'impresa: infatti, nel caso di specie, la situazione creatasi faceva riferimento a regole di comportamento fissate in fase di trattativa contrattuale e non a generici obblighi di legge.
Anche in fase di contrattazione collettiva, in ogni caso, l'abbandono del posto di lavoro senza giustificato motivo è sanzionabile solo con l'ammonizione, la multa o la sospensione.

Alberta Perolo (da famigliacristiana.it del 28.9.2011)