giovedì 13 ottobre 2011

NO AL “MINIMO REDDITUALE” PER PERMANERE NELL’ALBO

Proponiamo ai Colleghi un interessante intervento a firma dell'Avvocato Matteo Santini, del Foro di Roma, che -purtroppo- mette il dito nella proverbiale piaga che, quotidianamente, ci fa constatare come sia sempre più difficile continuare nella nostra degradata e bistrattata professione: all'aumento del contributo unificato, all'obbligatorietà della mediaconciliazione, alla probabile eliminazione dei tribunali "minori" ecc. si aggiunge ora la previsione, nella riforma dell'ordinamento forense, di consentire l'iscrizione e la permanenza nell'Albo professionale in base ad un reddito minimo presunto, in stile "studi di settore": in pratica, o paghi tasse anche se quei soldi non sono stati guadagnati (e in questo periodo siamo in tanti, se non tutti, a lamentare una notevole diminuzione di clienti ed entrate), oppure ti cancellano dall'Albo! 
Piove sul bagnato, fin quando resisteremo? 

Alcuni dubbi sulla costituzionalità
del disegno di legge sull’ordinamento forense

A differenza di quanto affermato dal Presidente del Consiglio Nazionale Forense, ritengo che il DDL 1198 sulla nuova disciplina dell’ordinamento forense sia incompatibile con le norme inserite nella manovra finanziaria e con la stessa struttura portante di essa, ispirata da un discutibile chiaro intento di equiparare la professione forense ad un’attività commerciale e sottoposta alle medesime regole. Le disposizioni inserite nell’articolo 3 della manovra evidenziano chiaramente l’intento del legislatore di ricondurre la professione sotto la tutela dell’articolo 41 della Costituzione (sulla libertà dell’iniziativa economica) e non sotto quella dell’articolo 24.
L’intento di liberalizzare la professione forense, rendendo ammissibile addirittura la pubblicità comparativa rende evidente l’incompatibilità tra la struttura portante della manovra e quella del DDL 1198 sull’ordinamento forense già approvato in Senato.
Certamente il DDL 1198 ha il pregio di avere finalmente messo mano ad una legge quasi centenaria introducendo peraltro alcune norme di assoluto rilievo. Andranno in ogni caso riviste e modificate alcune specifiche norme del disegno di legge ciò comportando un notevole allungamento dei tempi di approvazione vista la necessità di un “ritorno” del testo al Senato. Il testo del DDL 1998 è peraltro fonte di grande preoccupazione in merito alla lettera dell’articolo 20 il quale così recita:
La permanenza dell’iscrizione all’albo è subordinata all’esercizio della professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente, salve le eccezioni previste anche in riferimento ai primi anni di esercizio professionale. Le modalità di accertamento dell’esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione, le eccezioni consentite e le modalità per la reiscrizione sono disciplinate con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 1 e con le modalità nello stesso stabilite.
2. Il consiglio dell’ordine, con regolarità ogni tre anni, compie le verifiche necessarie anche mediante richiesta di informazione all’ente previdenziale”. 
Il comma secondo della suddetta disposizione, nella sua estrema lacunosità, rischia di generare questioni di legittimità costituzionale.  Se per la prova dell’esercizio effettivo e continuo della professione, il consiglio dell’ordine compie verifiche sugli iscritti, anche avvalendosi delle informazioni richieste alla Cassa Forense, risulta chiaro che tale verifica sia ancorata ad un parametro palesemente iniquo; si dovrebbe considerare esercizio continuativo esclusivamente quello compiuto da avvocati che producono una dichiarazione dei redditi annuale superiore ad una determinata soglia minima. 
Ove l’articolo 20 venisse approvato senza gli opportuni emendamenti, vi sarebbe il rischio di mutuare l’esperienza già adottata in occasione della norma, istitutiva dei cd “studi di settore”.
In sostanza il professionista è tenuto ad adeguarsi ad un parametro reddituale, che non rappresenta una fotografia dello stato di fatto ma che è generato da un’aspettativa da parte dello Stato circa il reddito che quel singolo professionista dovrebbe essere in grado di produrre.
Se per gli studi di settore esiste almeno un altro diritto di pari rango che si intende tutelare (articolo 53 della Costituzione), il quale impone che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva e quindi, per verificare il rispetto di una norma attuativa di un precetto costituzione se ne comprime parzialmente un‘altra, ciò non avviene nel caso di cancellazione dall’albo di un avvocato per mancata prova dell’esercizio continuo.
Palese appare nel caso in esame la violazione dell’articolo 3 della Costituzione “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge senza distinzione di .. condizioni sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che di fatto, limitando la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese".
QUALE PIÙ ODIOSO OSTACOLO DI UN CONCETTO DI “SOGLIA MINIMA REDDITUALE” PER LA PERMANENZA NELL’ALBO!

Matteo Santini (da Mondoprofessionisti del 13.10.2011)