giovedì 13 ottobre 2011

Sentenza oltre l’anno, sanzione al giudice

Il giudice tarda oltre un anno il deposito della sentenza? Scatta la sanzione disciplinare.
La condotta del magistrato che per il deposito della motivazione di una sentenza impiega più di un anno è lesiva del diritto al giusto processo del cittadino, il quale aspetta l’esito dello stesso al fine di conoscere le ragioni della decisione.
Da tale comportamento, pertanto, discende la possibilità che il giudice possa essere sottoposto a sanzione disciplinare da parte del CSM.
Così hanno precisato i giudici di legittimità, a sezioni unite, con la sentenza 13 settembre 2011, n. 18696, nella quale hanno, altresì, individuato i tre presupposti in presenza dei quali il magistrato deve essere considerato responsabile del ritardo, ossia:
    gravità;
    reiteratezza (nel senso di ripetuto e non abituale);
    mancata causa di giustificazione.
La Corte ha accolto il ricorso sollevato dal Ministero della Giustizia avverso la sentenza del CSM che aveva assolto un giudice dalla violazione disciplinare di cui agli articoli 1 e 2, comma 1, lett. q del D.lgs. 109/2006, per il ritardo di oltre un anno nel deposito di cinque sentenze.
In particolare è stato ritenuto che il ritardo contestato poteva costituire infrazione solamente se “reiterato, grave e giustificato”; era, invece, da escludere in assenza anche di uno solo degli indicati requisiti.
Nella sentenza in commento si legge testualmente che “I tre caratteri indicati del ritardo punibile di cui al D. Lgs. n. 109 del 2006 sono stati esattamente ritenuti necessari, anche se deve precisarsi la loro portata e funzione differente nella configurazione della fattispecie astratta dell'illecito disciplinare ai sensi della giurisprudenza più recente di questa Corte (S.U. 18 giugno 2010 n. 14697 e 16 luglio 2009 n. 16557 e Cass. 30 marzo 2011 n. 7193, avendo già S.U. 14 aprile 2011 n. 8488 negato che la congiuntiva "e" possa leggersi come "o").
Il ricorso esattamente rileva che "reiterato" significa in italiano "ripetuto", per cui non occorre la <abitualità> dei ritardi, indispensabile invece, secondo la sentenza disciplinare, a sanzionare il comportamento dell'incolpato, perché la scarsa diligenza o laboriosità del magistrato che si esprimono nella abitualità dei ritardi nel deposito delle sentenze non sono elementi costitutivi della violazione disciplinare (cfr. le cit. S.U. n. 14697/10 e n. 16577/09). Questa Corte ha chiarito il significato della parola "ingiustificato", come carattere del ritardo, precisando che essa indica la mancanza di un fatto o di una circostanza che; renda assolutamente e concretamente inesigibile il tempestivo deposito delle sentenze, costituendo una condizione d'inesigibilità dell'ottemperanza dei termini di legge per il compimento di tale atto relativo alla funzione. La condizione di inesigibilità è giustificativa del ritardo solo in casi eccezionali e per evenienze straordinarie, allorché il ritardo ecceda dai limiti della ragionevolezza per la parte in attesa del deposito della motivazione, come può presumersi sia accaduto nelle cinque violazioni contestate al dr. C. (sulla cd. condizione di inesigibilità, cfr. C. Cost. 13 gennaio 2004, n. 5 e 20 gennaio 2008, n. 225)”.
La sentenza è stata, quindi, cassata e rinviata al CSM in altra composizione per la decisione considerando “separatamente i tre attributi analizzati, tutti rilevanti per integrare la infrazione, sia pure con funzione diversa, dando luogo alla fattispecie disciplinare la mera ripetizione e gravità dei ritardi, sempre che manchino cause di inesigibilità dell’ottemperanza dei precetti normativi sui termini per il deposito delle sentenze collegiali deliberate”.

(Da Altalex del 13.10.2011. Nota di Manuela Rinaldi)