giovedì 29 settembre 2011

Niente IRAP se la struttura è minimale

 La Cassazione ribadisce che il prelievo scatta
in presenza di una struttura che costituisca «un di più»
rispetto agli elementi minimi per l'attività

Con la sentenza n. 19688, depositata il 27 settembre 2011, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di secondo grado con la quale tre professionisti sono stati giudicati esclusi da IRAP in quanto, negli anni oggetto di contenzioso, la loro attività è stata svolta "con un assetto organizzativo di rilievo minimale". In particolare, ad avviso dei giudici di secondo grado, le modalità di esercizio della professione non consentivano "di ravvisare gli elementi sufficienti per farne scaturire la tassazione, anche perché l'elemento organizzativo di regola non è riscontrabile nell'attività di lavoro autonomo". Tale conclusione non è stata condivisa dalla Cassazione, che sul punto ha cassato, senza rinvio, la sentenza impugnata.
A una prima lettura, la pronuncia della Corte potrebbe far pensare a un "cambio di rotta" della giurisprudenza di legittimità, secondo il cui consolidato orientamento sono esclusi da IRAP i "piccoli" professionisti (e imprenditori) senza dipendenti e con modesti beni strumentali (tra i numerosi interventi su queste colonne, si veda "Professionisti alla prova dell'autonoma organizzazione" del 16 aprile 2010).
A ben vedere, dopo un esame meno superficiale del contenuto dellaa sentenza, ci pare di poter dire che non è così.
Innanzitutto, nello specifico, viene contestato l'assunto secondo cui l'elemento organizzativo di regola non è riscontrabile nell'attività di lavoro autonomo. La Corte di Cassazione ribadisce invece che, ai fini dell'assoggettamento ad IRAP del contribuente, è necessaria "la presenza di una struttura che costituisca un di più rispetto agli elementi minimi richiesti per l'esercizio dell'attività professionale".
In tale affermazione è difficile non leggere una conferma dell'assunto, contenuto in precedenti sentenze (tra le molte, si vedano Cass. 16 febbraio 2007 nn. 3676, 3678 e 3680, Cass. 5 marzo 2007 nn. 5020 e 5021, Cass. 28 gennaio 2009 n. 2030 e Cass. SS.UU. 26 maggio 2009 n. 12108), secondo cui l'autonoma organizzazione sussiste qualora vengano impiegati beni strumentali che, in base a quanto perlopiù accade nella prassi, eccedono il minimo indispensabile per lo svolgimento dell'attività in assenza di organizzazione.
La Suprema Corte riafferma i consueti principi
Ma c'è di più. È la stessa Cassazione a ribadire che il requisito dell'autonoma organizzazione:
- deve essere accertato dal giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato;
- ricorre in presenza di alcune condizioni.
Nel dettaglio, affinché esista un'attività autonomamente organizzata, occorre che il contribuente, nel contempo:
- sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità e interesse; - si avvalga, in modo non occasionale, di lavoro altrui oppure impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione.
Con specifico riferimento all'ultimo punto, si ricorda che "non occorre che le condizioni - dell'impiego di beni strumentali e dell'utilizzo del lavoro altrui - concorrano, essendo sufficiente una sola, che deve comunque sempre sommarsi alla condizione che il titolare sia il responsabile della organizzazione" (così Cass. 18 aprile 2007 n. 9214; nello stesso senso, circ. Agenzia delle Entrate 13 giugno 2008 n. 45, § 5.4).
Alla luce delle considerazioni sopra formulate, sembra quantomeno prematuro scorgere nella pronuncia in commento un cambio di orientamento della Suprema Corte. Anche perché, dalla breve motivazione, non è comunque possibile evincere l'esatta entità dei
fattori produttivi utilizzati (definita semplicemente "di rilievo minimale").

Luca Fornero (da eutekne.info del 28.9.2011)