giovedì 22 settembre 2011

Coniuge infedele? Sì al risarcimento danni

I coniugi "farfalloni" che si concedono "scappatelle" extraconiugali sono avvisati. Oltre al rischio dell'addebito della separazione vanno incontro anche una condanna al risarcimento dei danni in favore del coniuge "vittima".  E' capitato ad un uomo di Savona, che oltre all'addebito della separazione, con tutte le conseguenze relative alla determinazione dell'ammontare dell'assegno di mantenimento, dovrà ora risarcire anche il danno procurato alla moglie a ragione delle sue... poco innocenti evsaioni. 
Lo ha stabilito una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione. Secondo gli "Ermellini", i doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio non sono di carattere esclusivamente morale ma hanno natura giuridica, come si desume dal riferimento contenuto nell’art. 143 cod. civ. alle nozioni di dovere, di obbligo e di diritto e dall’espresso riconoscimento nell’art. 160 cod. civ. della loro inderogabilità, nonché dalle conseguenze di ordine giuridico che l’ordinamento fa derivare dalla loro violazione, cosicché deve ritenersi che l’interesse di ciascun coniuge nei confronti dell’altro alla loro osservanza abbia valenza di diritto soggettivo. 
La violazione di quei doveri non trova necessariamente la propria sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, quali la sospensione del diritto all’assistenza morale e materiale nel caso di allontanamento senza giusta causa dalla residenza familiare ai sensi dell’art. 146 cod. civ., l’addebito della separazione, con i suoi riflessi in tema di perdita del diritto all’assegno e dei diritti successori.  Dalla natura giuridica degli obblighi su detti consegue che il comportamento di un coniuge non soltanto può costituire una causa di separazione o di divorzio, ma può anche, ove ne sussistano tutti i presupposti secondo le regole generali, integrare gli estremi di un illecito civile. 
La separazione e il divorzio costituiscono strumenti accordati dall’ordinamento per porre rimedio a situazioni di impossibilità di prosecuzione della convivenza o di definitiva dissoluzione del vincolo ma la natura, la funzione ed i limiti di ciascuno dei su detti istituti rendono evidente che essi sono strutturalmente compatibili con la tutela generale dei diritti, tanto più se costituzionalmente garantiti, non escludendo la rilevanza che un determinato comportamento può rivestire ai fini della separazione o della cessazione del vincolo coniugale e delle conseguenti statuizioni di natura patrimoniale.
La concorrente rilevanza dello stesso comportamento può essere posto a base quale fatto generatore di una più generale responsabilità civilistica. Anche nell’ambito della famiglia i diritti inviolabili della persona rimangono infatti tali, cosicché la loro lesione da parte di altro componente della famiglia può costituire presupposto di responsabilità civile e di eventuale specifica condanna al risarcimento danni.  Fermo restando che, la mera violazione dei doveri matrimoniali, o anche la pronuncia di addebito della separazione, non possono di per sé ed automaticamente integrare una responsabilità risarcitoria, dovendo, in particolare, quanto ai danni non patrimoniali, riscontrarsi la concomitante esistenza di tutti i presupposti ai quali l’art. 2059 cod. civ. riconnette detta responsabilità.
Il danno non patrimoniale, conseguente, per esempio, alla violazione del dovere di fedeltà, sarà risarcibile, osserva la Cassazione, ove ricorrano contestualmente le seguenti oondizioni: a) che l’interesse leso (e non il pregiudizio sofferto) abbia rilevanza costituzionale; b) che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità, come impone il dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. o che il danno non sia futile, ma abbia una consistenza che possa considerarsi giuridicamente rilevante.
Marco Martini (da tiscali.it del 20.9.2011)