lunedì 12 settembre 2011

Accesso alla Giustizia: esiste ancora l’art. 24 della Costituzione?

di Fabrizio Bruni, presidente Associazione Avvocati Romani

Il legislatore italiano degli ultimi anni, in maniera consapevole o meno, ha adottato sovente una tecnica di disapplicazione del dettato costituzionale. Naturalmente, voglio riferirmi alle materie delle quali mi occupo sia come avvocato che come presidente di un’associazione di categoria, cioè la normativa che, direttamente o indirettamente, possa incidere sui diritti dei cittadini e sulle prerogative della categoria professionale forense. L’articolo della Costituzione che è stato più colpito dalla frenetica (ma coerente) legislazione è il n. 24 che recita: “[1] Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.  [2] La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.  [3] Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.  [4] La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.”   Sarà bene rilevare i casi più eclatanti di violazione dell’art. 24 della Costituzione per giungere all’attualità. Dapprima il legislatore, prendendo come pretesto la Direttiva 2008/52/CE ha emesso la legge sulla cd. “mediazione obbligatoria” (d. lgs. 28/2010), con la quale è intervenuto con nefasti effetti sul diritto tutelato dall’art. 24 Cost.. Al riguardo, ha ben ravvisato il T.A.R. Lazio nell’ordinanza n. 3202/2011 che ha rimesso alla Corte Costituzionale la legge suddetta con la seguente motivazione, per contrarietà: “agli artt. 24 e 77 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 del d. lgs. n. 28 del 2010, comma 1, primo periodo (che introduce a carico di chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa alle controversie nelle materie espressamente elencate l’obbligo del previo esperimento del procedimento di mediazione), secondo periodo (che prevede che l’esperimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale), terzo periodo (che dispone che l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto o rilevata d’ufficio dal giudice)” (per tutti gli atti e i provvedimenti è possibile consultare il sito www.associazionedegliavvocatiromani.it ) Altro profilo di incostituzionalità rilevato dal T.A.R. nella medesima ordinanza: “dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 24 e 77 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 del d. lgs. n. 28 del 2010, comma 1, laddove dispone che abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza” . In sostanza, il Giudice amministrativo ha ravvisato la necessità del vaglio della Corte Costituzionale sotto due profili, tutti riconducibili all’art. 24 Cost.: 1) l’incostituzionalità dell’obbligatorietà del procedimento di mediazione, posto come condizione di procedibilità per accedere alla Giustizia; 2) l’incostituzionalità per aver il legislatore demandato l’esercizio della funzione giudiziaria ad organismi privati o pubblici non formati da soggetti idonei.  Non si deve dimenticare, peraltro, che il legislatore ha anche previsto che, pur nelle materie soggette alla mediazione obbligatoria, i costi per il cittadino che deve adire l’organismo sono elevatissimi, tanto che il T.A.R. in un passo della motivazione della suddetta ordinanza, afferma:  “- una cosa è la costruzione della mediazione come strumento cui lo Stato in un vasto ambito di materie obbligatoriamente e preventivamente rimandi per l’esercizio del diritto di difesa in giudizio; - altra cosa è la costruzione della mediazione come strumento generale normativamente predisposto, di cui lo Stato incoraggi o favorisca l’utilizzo, lasciando purtuttavia impregiudicata la libertà nell’apprezzamento dell’interesse del privato ad adirla ed a sopportarne i relativi effetti e costi.” Per semplificare: se proprio si voleva predisporre uno strumento di tutela stragiudiziale, si doveva lasciare libero il cittadino di scegliere se utilizzarlo, sopportando anche i relativi di costi, altrimenti si viola l’art. 24 della Costituzione. Nonostante la rimessione alla Corte Costituzionale del D. Lgs. 28/2010, il legislatore, anche questa volta profittando di circostanze esterne (la crisi economica) ha attuato, con il D.L. 6/7/2011,n. 98, un (ulteriore) vero e proprio attentato ai diritti civili del cittadino italiano, con l’oggettiva aggravante che ha “mascherato” la gravissima violazione del’articolo 24 Cost. facendo approvare una norma che di fatto, in breve termine, impedirà alla maggioranza della popolazione di accedere alla giustizia ordinaria.  Con il suddetto Decreto Legge, approvato in tempo di record dal Parlamento, il Governo, oltre ad aver aumentato il contributo unificato per tutti i giudizi, ha introdotto un perverso meccanismo “annuale” di adeguamento del contributo unificato: l’art. 37, ai commi 16 e 17 stabilisce infatti: “16. A decorrere dall'anno 2012, il Ministro della giustizia presenta alle Camere, entro il mese di giugno, una relazione sullo stato delle spese di giustizia, che comprende anche un monitoraggio delle spese relative al semestre precedente. 17. Se dalla relazione emerge che siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle risorse stanziate annualmente dalla legge di bilancio per le spese di giustizia, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è disposto l'incremento del contributo unificato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, in misura tale da garantire l'integrale copertura delle spese dell'anno di riferimento e in misura comunque non superiore al cinquanta per cento”.  Con tale norma, si rischia oggettivamente di vedere aumentato il contributo unificato del 50% all’anno (con l’anatocismo….), qualificandosi tale norma come la definitiva orazione funebre per l’art. 24 della Costituzione. Chi mai potrà sindacare i criteri di opportunità adottati dal Ministro della Giustizia per predisporre il bilancio preventivo? Chi potrà imputare al Ministero la “colpa” semmai “volutamente” sottostimasse le voci del bilancio predetto?  L’impegno civile dell’Avvocatura dovrà aumentare anche per difendere i cittadini, senza badare ai costi professionali. È il momento di contribuire, anche con sacrificio personale, al cambiamento della nostra società.

(Da Mondoprofessionisti del 9.9.2011)