venerdì 2 settembre 2011

Esercizio abusivo professione notaio: no agli arresti domiciliari

Il notaio che, interdetto dall’esercizio della propria attività, ne reitera lo svolgimento simulando la prestazione di servizi di consulenza, commette il reato di esercizio abusivo della professione. Lo ha stabilito la VI sezione penale della Corte di Cassazione che, con la sentenza 5 luglio 2011, n. 26158 ha deciso il ricorso presentato da un notaio.
Il Tribunale di Firenze, con provvedimento del 3 dicembre 2010, confermava la misura degli arresti domiciliari, applicata dal Giudice per le indagini preliminari, a carico di un notaio indagato per peculato continuato, per essersi ripetutamente appropriato dell’equivalente in denaro di effetti cambiari ricevuti, per la riscossione, da parte di alcuni istituti bancari. All’indagato era stata altresì comminata l’interdizione dall’esercizio della professione notarile.
A seguito di piena e spontanea confessione dei fatti contestati, veniva revocata la misura degli arresti domiciliari.
Da successive indagini, tuttavia, era emerso che l’indagato aveva continuato ad avvalersi di due notai compiacenti ai quali indirizzava i propri clienti, che si limitavano alla sottoscrizione degli atti da lui preparati, ed ai quali emetteva fatture per attività di “consulenza” in materia fiscale e contrattuale.
Su tali considerazioni veniva reiterata l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari: il G.i.p. nella motivazione dava atto che siffatte condotte non erano conformi rispetto a quelle del reato di peculato in contestazione, bensì concretavano il pericolo che il notaio, già condannato per violazione delle norme in materia fiscale, simulazione di reato, falsità in atto pubblico, potesse commettere ulteriori reati. Il Tribunale del riesame confermava la misura.
La Cassazione, al contrario, accoglie il ricorso del notaio, annullando senza rinvio l’ordinanza. Le condotte valutate dal provvedimento cautelare, motiva la Corte, risultano differenti rispetto a quelle di cui ai reati precipuamente contestati, per i quali erano stati disposti gli arresti domiciliari. Tali condotte afferiscono, in effetti, lo svolgimento dell’attività professionale in violazione del provvedimento di interdizione, configurando, pertanto, il reato di esercizio abusivo della professione. Tuttavia, per siffatto reato, in virtù di quanto disposto dall’art. 280 c.p.p., non possono essere adottate misure di coercizione.
La Cassazione evidenzia che il provvedimento impugnato concerne fatti qualificanti il reato di peculato continuato, ed in particolare l’appropriazione di denaro ricevuto a fronte di cambiali affidate al notaio da talune banche, atti che non risultano essere stati reiterati, né potevano esserlo stante la risoluzione delle convenzioni stipulate con le banche per il protesto degli effetti cambiari dalle stesse precedentemente rimessi al notaio.

(Da Altalex del 14.7.2011. Nota di Laura Biarella)