lunedì 25 marzo 2013

Violenza sessuale anche ''a distanza''


Cass. Pen., sez. III, sent. 26.9.2012 n° 37076

La sentenza n. 37076/2012 della Cassazione Penale viene segnalata per l’affermazione di sussistenza del reato di violenza sessuale avvenuto a distanza.
I fatti descrivono la condotta di un soggetto che contattava via chat alcune minorenni per farsi inoltrare delle fotografie a contenuto pornografico ritraenti le medesime.
Ebbene, è emerso che l’invio in più riprese delle foto in questione avveniva anche dietro minaccia verso una delle ragazze; sicché lo stesso autore veniva condannato per i reati di cui agli artt. 110, 81 cpv. e 600 ter, comma 1, c.p. (capo a), 81 cpv., art. 609 bis e ter, comma 1, n. 1, c.p. (capo b), 81 cpv., art. 609 bis e ter, comma 1 n. 1, c.p. (capo c), 629 c.p. (capo d) e 81 cpv., 56 e 629 c.p. (capo e).
In particolare, degno di nota è l’affermazione secondo cui è ben possibile la configurazione del reato di cui all’art. 609 bis allorché lo stesso venga consumato tramite chat e difettando della contestualità spaziale dei soggetti coinvolti.
Invero, secondo la Cassazione “l'art. 609 bis, comma 1, c.p. sanziona la condotta di “chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali”; allo stesso modo, il comma 2 della stessa norma contempla, quale illecito penale, la condotta di “chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali” con le modalità poi specificate dai numeri 1) e 2). È pertanto evidente che il reato di violenza sessuale non è esclusivamente caratterizzato dal contatto corporeo tra soggetto attivo e soggetto passivo del reato, ma può estrinsecarsi anche nel compimento di atti sessuali che lo stesso soggetto passivo, a ciò costretto o indotto dal soggetto attivo, compia su se stesso su terzi. Per tali ragioni, del resto, questa Corte ha da tempo affermato che l'attività di prostituzione che si caratterizzi per atti sessuali che la persona retribuita a tal fine compia appunto su se stessa o su terzi ben può essere svolta “a distanza', ovvero a fronte della presenza in due luoghi diversi del soggetto richiedente e del soggetto richiesto, come ad esempio, di prestazione richiesta ed effettuata per via telefonica (Sez. 3, n. 7368 del 18/01/2012, L. e altro, Rv. 252133) o attraverso internet (Sez. 3, n. 15158 del 21/03/2006, P.M. in proc. Terrazzi, Rv. 233929 in caso di prestazioni sessuali eseguite in videoconferenza via web - chat).
Ben può, dunque, il reato di violenza sessuale, consistente nel compimento, come nella specie, da parte della persona offesa, di atti sessuali su se stessa, essere commesso anche a distanza, ovverossia a mezzo telefono o di altre apparecchiature di comunicazione elettronica (cfr. Sez. 3, n. 12987 del 03/12/2008, dep. 25/03/2009, Brizio, Rv. 243090).
Del resto, non vi è dubbio che la norma (con riferimento, evidentemente, ad atti sessuali compiuti dalla persona offesa su se stessa o anche su terzi diversi dal soggetto attivo) non richieda, all'interno dell'elemento oggettivo del reato, che tra soggetto attivo e passivo vi sia contestualità spaziale, ben potendo la minaccia o la violenza o, come nella specie, la condotta connotante l'abuso di cui all'art. 609 bis, comma 2, n. 1, c.p., essere posta anche in luogo diverso da quello in cui il soggetto passivo la subisce, essenziale invece essendo che l'abuso venga, da quest'ultimo, effettivamente percepito.”
Il caso in questione è l’ultimo di una lunga serie in cui i Giudici di legittimità hanno ribaltato i canoni delle “attività sessuali” adeguandoli al clima di rinnovamento tecnologico.
Come detto, deriva da ciò l’opinione secondo cui la violenza sessuale, perpetrata con costrizione ovvero induzione, può sussistere senza contatto fisico e senza contestualità spaziale.
Il tema non è nuovo considerato che anche nella tematica del reato di favoreggiamento alla prostituzione i Supremi Giudici, nella sentenza della sez. III, sentenza 31 agosto 2012, n. 33546, hanno avuto modo di riaffermare che “È quindi necessario, in altri termini, attesa la costante nozione di atti sessuali elaborata da questa Corte con riferimento al reato di cui all’art. 609 bis c.p., ed incentrata sulla "corporeità sessuale", che la persona richiesta compia atti che attingano zone erogene del corpo suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale (Sez. 3, n. 41096 del 18/10/2011, P.G. in proc. M., Rv. 251316; Sez. 3, n. 12506 del 23/02/2011, Z., Rv. 249758; Sez. 3, n. 11958 del 22/12/2010, dep. 24/03/2011, C, Rv. 249746; Sez. 4, n. 3447 del 03/10/2007, dep. 23/01/2008, P., Rv. 238739).
Tale principio è, del resto, implicitamente presupposto da quelle decisioni che hanno costantemente escluso esulare dall’area di prestazione prostitutiva il mero fatto di denudarsi dietro corrispettivo onde eccitare l’istinto sessuale salvo che, significativamente, a tale fatto non si accompagnino anche contatti corporei (cfr., con riferimento a "lap dance" eseguita da ballerine davanti a clienti cui era consentito accarezzare le stesse su fianchi, braccia e gambe, Sez. 3, n. 13039 del 12/02/2003, Centenaro, Rv. 224116; con riferimento a spogliarelli accompagnati da "strusciamene", Sez. 3, n. 37188 del 22/06/2010, S. e altri, Rv. 248559; con riferimento a spogliarelli accompagnati da contatti tattili e baci, Sez. 3, n. 11025 del 06/06/1975, Giorgetta, Rv. 131299”.
Il ragionamento, allora, muove dal fatto che si definisce violenza sessuale anche la condotta di chi costringe o induce taluno a compiere o subire atti sessuali, su se stessa o su terze persone, senza la necessaria contestualità spaziale.
Tuttavia, i punti critici di tale segnalazione sono molteplici.
L’interpretazione data della locuzione “a compiere o subire” viola certamente il principio di tassatività.
Difatti, i verbi transitivi “compiere” o “subire” preceduti dalla proposizione “a” (infinito sostantivato) designano non già il soggetto o l’oggetto, quanto il risultato di compiere o subire atti sessuali.
Discende, perciò, un’interpretazione al di là del tenore letterale compatibile con il corpus normativo dei c.d. reati sessuali.
All’uopo è forse utile volgere lo sguardo all’art. 609 quater c.p. (atti sessuali con minorenne) per comprendere che la preposizione “con” intesa come unione o compagnia con la persona offesa minorenne necessita una compresenza anche spaziale oltre che funzionale.
Sotto quest’ultimo profilo si inserisce un’ulteriore problematica.
Dal testo della sentenza in commento non si evince il passaggio, a parere dello scrivente di notevole importanza, con cui si dà per assodato che gli atti sessuali siano stati compiuti o subiti proprio in ragione della minaccia patita o per mezzo dell’induzione cagionata.
Potrebbe anche darsi, per assurdo, che le foto pornografiche siano state realizzate in precedenza dalle stesse minori e per fini ulteriori e diversi rispetto al colloquio intrapreso via chat.
Pertanto, appare utile ribadire che se non è necessaria la compresenza spaziale tra i soggetti, comunque è necessario che vi sia legame eziologico con la costrizione o l’induzione subita dalla persona offesa e che la stessa sia oggetto di interesse sessuale (utile ricordare che nella sequela dei fatti vi fu anche la richiesta di esibire foto dei genitori di una delle due minori).

(Da Altalex del 5.3.2013. Nota di Valentino Vescio di Martirano)