mercoledì 6 marzo 2013

Ascolto del minore: dovere del giudice e diritto del figlio

Tribunale Varese, sez. I, decreto 24.1.2013

Il Tribunale di Varese ha emesso di recente il decreto del 24 gennaio 2013 con il quale, in un procedimento la separazione giudiziale, ha precisato che l’ascolto del minore nei procedimenti che lo vedono coinvolto, non è un mero dovere del giudice sulla base dell’art. 155 sexies c.c.

Dall’entrata in vigore della legge n. 219/2012 che riformato alcune norme sullo status filiationis, il minore ha un vero e proprio diritto soggettivo ad essere ascoltato, proprio perché il futuro provvedimento di affidamento lo riguarda direttamente.

Nel caso di specie si trattava di un minore di 14 anni conteso tra i genitori, poiché la madre riteneva che il padre lo avesse condizionato a tal punto da farlo allontanare da lei.

L’art. 155 sexies c.c. al primo comma prevede che il giudice “disponga” l’audizione del figlio minore che abbia compiuto dodici anni e anche di età inferiore se capace di discernimento. Sulla base del tenore letterale della disposizione la giurisprudenza di merito e di legittimità da tempo ritiene che vi sia un dovere per il giudice di sentire il minore a meno che ciò non comporti un pregiudizio per il minore stesso. Il Tribunale di Varese richiama una sentenza resa a sezioni Unite dalla Cassazione (n. 22238/2009) con la quale si afferma la doverosità dell’audizione del minore e il corrispondente obbligo per il giudice di fornire le motivazioni secondo le quali si ritiene di non procedere in tal senso. Nella stessa sentenza si parla di danno al minore o di contrarietà ai suoi interessi fondamentali. Il Giudice quindi dovrà, ad esempio, valutare se ci sia un interesse superiore del figlio minore a non essere esposto al presumibile danno derivante dal coinvolgimento emotivo nella controversia che opponga i genitori (Cass. Civ. n. 13241/2011).

Il provvedimento del Tribunale richiama direttamente, quale normativa sovranazionale, la Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 sull'Esercizio dei diritti da parte dei minori, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge n. 77/2003, che impone un'ampia partecipazione del minore nei procedimenti familiari che lo vedono coinvolto - in particolare quelli che si riferiscono all’esercizio delle potestà genitoriali - riconoscendogli il diritto di essere informato sulle richieste dei genitori e di essere sempre ascoltato preventivamente. Ancor prima, la Convenzione di New York del 1989 - ratificata dall’Italia con la legge n. 176 del 1991 – aveva disposto che il fanciullo capace di discernimento potesse esprimere la propria opinione su ogni questione che lo interessa nell’ambito di ogni procedura giudiziaria, e che le sue opinioni avrebbero dovuto essere prese in considerazione tenuto conto della sua età e del suo grado di maturità.

La recentissima riforma sullo stato di figlio rende ancora più cogente l’obbligo dell’ascolto, poiché con l’art. 315 bis. c.c., sottolinea il decreto, si è riconosciuto un diritto soggettivo del figlio minore ad essere preventivamente sentito, il quale non dovrà più essere considerato solo quale individuo oggetto di protezione, ma come individuo portatore di un autonomo diritto soggettivo.

Resta il problema delle modalità di audizione che devono essere sempre informate ad un’estrema cautela. A tale scopo magistratura e avvocatura hanno stilato dei protocolli che prevedono una serie di comportamenti da seguire da parte del Giudice, delle parti e dei loro difensori nell’effettuare l’ascolto. Il Giudice dovrà spiegare in maniera comprensibile al bambino, quali sono le richieste dei genitori e quali conseguenze scaturiranno dal provvedimento, specificando che l’opinione raccolta sarà presa in considerazione, ma non sarà l’unico elemento sul quale si fonderà la decisione. Ciò al fine di deresponsabilizzare il minore.

E’inoltre possibile il così detto “ascolto indiretto”, modalità indicata dal Tribunale di Varese, che prevede la nomina di uno psichiatra infantile il quale ha l’onere di accertare preventivamente la capacità di discernere del minore e l’assenza di un pregiudizio nella richiesta di un’opinione circa il suo affidamento. L'ascolto indiretto consente al minore di partecipare fattivamente anche alle modalità di visita e ad altre condizioni relative all’affido, e di entrare in rapporto con un terzo estraneo alla controversia che sia in grado di fornire spiegazioni e di prepararlo e guidarlo a fornire la propria opinione.


(Da Altalex del 24.2.2013. Nota di Giuseppina Vassallo)