domenica 15 maggio 2011

Va provata l’intestazione fittizia per il sequestro dei beni

Lui è indagato, lei ha casa e soldi in banca:
sì al sequestro solo se il pm prova l'intestazione fittizia.
Per la misura sul terzo estraneo bisogna dimostrare
che è un prestanome. Usufrutto confiscabile

Sì al sequestro dei beni che l'indagato possiede «per interposta persona».
Ma anche nel caso in cui sia contestato il reato di riciclaggio l'accusa è tenuta a dimostrare che i mobili o gli immobili colpiti dalla misura cautelare reale e appartenenti a un terzo estraneo all'illecito siano soltanto fittiziamente intestati a quest'ultimo.
Lo precisa una sentenza depositata il 12 maggio 2011 dalla seconda sezione penale della Cassazione.
Onere della prova
Accolto, nella specie, il ricorso di una donna contro la conferma del sequestro di un conto corrente intestato a lei e di un immobile.
La signora ha poco a che fare con i reati fiscali e l'associazione a delinquere posti al centro del procedimento penale: l'indagato è il suo "lui" e la casa colpita dalla misura cautelare è intestata ai figli (entrambi i genitori conservano l'usufrutto al 50 per cento).
Il conto corrente di lei è sequestrato perché si ritiene che i soldi versati in banca appartengano in realtà all'indagato. E altrettanto vale per la quota di usufrutto della signora, che pure risulta astrattamente confiscabile.
Il fatto è che per legittimare la misura cautelare bisogna dimostrare che lei sia un prestanome dell'indagato e ciò, precisano i giudici con l'ermellino, anche nell'ipotesi che quest'ultimo fosse accusato di riciclaggio di denaro sporco.
Per provarlo, poi, non servono solo indizi ma fatti gravi, precisi e concordanti, tanto che il giudice deve motivare sulle ragioni che determinato l'interposizione fittizia, cioè l'entrata in scena della "testa di legno": un onere che nella specie non risulta assolto.
Sarà dunque il giudice del rinvio a mettere la parola "fine" alla vicenda.

Dario Ferrara (da cassazione.net)