lunedì 24 giugno 2013

Prostituzione e annunci web: non è reato

Cass. Pen., sez. III, sent. 13.5.2013 n° 20384

Non è vietata l'attività diretta a pubblicizzare inserzioni di persone dedite alla prostituzione qualora questa non ecceda le normali tariffe per inserzioni pubblicitarie. E' quanto emerge dalla sentenza 13 maggio 2013, n. 20384 della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione.
Le sanzioni penali fissate dalla Legge 20 gennaio 1958, n. 75, trovano applicazione:
    a) a coloro che condizionano la libertà di determinazione della prostituta;
    b) a coloro che su tale attività lucrano per finalità di vantaggio;
    c) a coloro che offrono un contributo intenzionale all’attività di prostituzione eccedendo i limiti dell’ordinaria prestazione di servizi.
Una prima impostazione ha affermato che la pubblicazione di inserzioni pubblicitarie sui sit web, al pari di quella sui tradizionali organi d’informazione a mezzo stampa, deve essere considerata “come un normale servizio in favore della persona” (Cass. pen., Sez. 3, n. 26343 del 18 marzo 2009).
Secondo altra pronuncia della Terza Sezione Penale (sentenza 12 gennaio-2 febbraio 2012, n. 4443) il reato di favoreggiamento risulta integrato allorché alla mera pubblicazione degli annunci e del materiale messo a disposizione dalla persona interessata “si aggiunga una cooperazione tra soggetto e prostituta, concreta e dettagliata, ai fine di allestire la pubblicità della donna ... evidentemente per rendere più allettante l’offerta e per facilitare l’approccio col maggior numero di clienti, cooperazione esplicantesi nell’organizzare servizi fotografici nuovi, sottoponendo le donne a pose erotiche, ponendo in essere una collaborazione organizzativa al fine di realizzare il contatto prostituta-cliente”.
A tale proposito i giudici rilevano che, con altra decisione, la Corte ha affermato, seppure avendo riguardo alla diversa condotta di lenocinio per mezzo di telefono, che il lavori preparatori della legge n. 75 del 1958 indicano come il reato previsto dall’art. 3, comma 1, n. 5, intenda sanzionare l’attività “di intermediazione .. diretta a favorire gli incontri tra cliente e prostituta e, quindi in definitiva, a favorire la prostituzione", avendo come bene offeso la moralità pubblica (Cass. pen., Sez. 3, n. 15275 del 20 febbraio 2007; Cass. pen., Sez. 3, n. 32506/2012).
Tornando al caso di specie, le prestazioni "anomale" o "eccedenti l’ordinaria prestazione dl servizi", come indicate dal ricorrente, consistevano, in realtà, nell'apportare alle fotografie “ritocchi” mediante strumenti informatici, sempre mediante applicazione di tariffe di mercato. Trattandosi di episodi che si possono considerare numericamente contenuti, la Corte ritiene si sia in presenza "di condotte banali nella loro esecuzione e riconducibili nell’alveo dell’ordinaria prestazione dei servizi che un pubblicitario assicura al cliente".

(Da Altalex del 24.5.2013. Nota di Simone Marani)