lunedì 10 gennaio 2011

Verbale annullato non blocca la sanzione per omessa comunicazione dei dati

Cassazione civile, sez. II, sent. 10.11.2010 n° 22881

"Nell’ipotesi in cui venga irrogata sanzione amministrativa (nella fattispecie eccesso di velocità ex 142 C.d.S.), il termine per adempiere alla comunicazione dei dati del conducente, ex. 126-bis C.d.S., anche in caso di impugnazione del primo verbale, decorre non dalla conclusione del procedimento d’impugnazione ma, diversamente, dalla notifica di richiesta di comunicazione effettuata dagli organi competenti. Il non rispetto del predetto termine comporta l’ulteriore sanzione prevista dall’art. 180 comma VIII C.d.S che, una volta irrogata non decade neppure con l'annullamento del verbale di contestazione dell'infrazione presupposta, atteso che quest’ultima attiene a un obbligo di collaborazione nell'accertamento degli illeciti stradali e dei loro autori che rileva in se' e non in quanto collegata all' effettiva commissione di un precedente illecito".
Il fatto
Le autorità competenti, non potendo rinvenire il conducente al momento dell’infrazione, irrogavano sanzione amministrativa per eccesso di velocità al proprietario del veicolo e, contestualmente, invitavano lo stesso a comunicare i dati dell’effettivo trasgressore onde poter procedere alla detrazione dei punti della patente. Non ottemperando al predetto obbligo, il proprietario procedeva all’impugnazione del verbale.
Nelle more del giudizio veniva comminata all’intimato ulteriore sanzione per il non rispetto dell’obbligo di comunicazione dei dati richiesti nel primo.
Tale sanzione fu impugnata innanzi al Giudice di Pace, che riteneva fondata l’impugnazione effettuata dal ricorrente sull’assunto secondo il quale lo stesso non era tenuto a comunicare i dati in quanto il processo sarebbe mezzo idoneo ad interrompere il decorso di cui all’art. 126-bis C.d.S. comma II, quarto periodo, secondo il quale il la comunicazione dev’essere fatta dal proprietario del veicolo entro 60 gg.
L’autorità giudicante accoglieva il ricorso, ritenendo la contestazione dell'illecito di omessa comunicazione dei dati del conducente, ai sensi dell'art. 126 bis C.d.S., comma 2, e art. 180 C.d.S., comma 3, inibita dalla pendenza del giudizio di opposizione avverso il verbale relativo all'eccesso di velocita', come confermato dal sopraggiunto annullamento dello stesso, che imponeva l'annullamento di ogni atto successivo.
Pertanto la parte resistente, soccombente nel primo giudizio proponeva ricorso per Cassazione.
Il quesito posto alla Suprema Corte
In caso di sanzione amministrativa, nella quale viene richiesta al proprietario del veicolo la comunicazione dei dati del conducente, il termine di entro 60 gg. previsto ex 126-bis C.d.S., in caso di impugnazione decorre della richiesta effettuata dalle autorità competenti o rimane sospesa a causa dell’impugnazione, con la conseguente inibizione di comminare la sanzione prevista per l’inottemperanza dell’obbligo ex 180 comma VIII C.d.S.?
La risposta fornita dalla Corte di Cassazione
Il Supremo consesso nomofilattico, onde procedere all’esame della questione posta alla sua attenzione, parte dalla lettura del dato normativo antecedente alla riforma introdotta dal D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 164, lett. a), convertito, con modificazioni, in L. 24 novembre 2006, n. 286, secondo il quale "La comunicazione (all'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, ai fini, della decurtazione dei punti di patente: n.d.r.) deve essere effettuata a carico del conducente quale responsabile della violazione; nel caso di mancata identificazione di questi, la segnalazione deve essere effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro trenta giorni dalla richiesta, all'organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione".
Vigente tale dato normativo, i Giudici Ermellini, danno atto dell’esistenza di un orientamento avallato dalla Corte Costituzionale che, facendo leva sul dato letterale nella parte in cui fa riferimento ad una comunicazione che deve avvenire «entro trenta giorni dalla definizione della contestazione effettuata», si premura di osservare che “il termine “definizione” presuppone, a sua volta, che siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi o giurisdizionali ammessi», ovvero che «siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi»”. Ciò significa, secondo il giudice delle leggi che “in nessun caso, quindi, il proprietario è tenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi per l’annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione.”
I Supremi Giudici sconfessano il prefato orientamento sulla base della comparazione tra il dato normativo previdente e la disciplina riscritta dal legislatore con la riforma del 2006. Al riguardo osserva la Corte che “Il termine assegnato al proprietario per comunicare all'organo di polizia che procede i dati relativi al conducente decorre, dunque, non dalla definizione del procedimento di opposizione avverso il verbale di accertamento dell'illecito presupposto, ma dalla richiesta rivolta al proprietario dall'organo di polizia; ne' e' previsto che quest'ultimo debba soprassedere alla richiesta in attesa della definizione della contestazione dell'illecito. E in proposito vi e' sostanziale continuita' anche nel testo della norma come modificato nel 2006: la nuova formulazione stabilisce, infatti, che il termine (innalzato a sessanta giorni) decorre "dalla data di notifica del verbale di contestazione" dell'infrazione presupposta (e dunque non dalla definizione di tale contestazione).”
Una esegesi di tal fatta porta con sé un corollario irrinunciabile, esplicitato dai Giudici di Piazza Cavour, secondo il quale “neppure l'annullamento del verbale di contestazione dell'infrazione presupposta comporta esclusione della sanzione prevista dall'art. 180 C.d.S., comma 8” e ciò sull’assunto in base al quale sanzioni (del primo verbale e della sanzione ex 180 comma VIII C.d.S.) sarebbero dotate di una intrinseca autonomia, atteso che il primo verbale è volta a sanzionare la violazione della norma cautelare contenuta nel Codice della Strada, mentre “la seconda sanzione attiene ad un obbligo di collaborazione nell'accertamento degli illeciti stradali e dei loro autori (Cass. 13488/2005, 3123/2002, 9924/2001) che rileva in se' stesso e non in quanto collegato alla effettiva commissione di un precedente illecito”.
Rebus sic stantibus la Corte accoglie il ricorso e per l’effetto cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria opposizione.

(Da Altalex del 28.12.2010. Nota di Adolfo Liarò)