mercoledì 4 settembre 2013

Praticanti in studio: non è autonoma organizzazione ai fini IRAP

           Cass. Civ., sez. VI-T, sent. 23.7.2013 n° 17920



Dopo la soccombenza nei due gradi tributari di merito, la tesi sostenuta da un avvocato toscano trova accoglimento presso gli ermellini di piazza Cavour: la sussistenza delle spese di gestione di uno studio legale e dei compensi elargiti ai praticanti non rappresentano indicatori di “autonoma organizzazione” tale da sottoporre il reddito del professionista all’IRAP, imposta di cui il ricorrente aveva chiesto il rimborso per gli anni 2002 – 2006.

Nella relazione al collegio, il giudice incaricato ha condiviso quanto asserito dall’avvocato, rilevando che i giudici dei due gradi merito, ai fini dell’applicazione dell’imposta regionale, hanno ritenuto sufficiente la presenza delle spese destinate al funzionamento dello studio, assieme ai corrispettivi corrisposti ai praticanti, senza tuttavia approfondire la fattispecie, in modo da verificare se i praticanti svolgessero effettivamente “le funzioni di personale dipendente, in misura tale da determinare un’autonoma organizzazione”. Condividendo il proprio precedente indirizzo, nonchè l’impostazione prospettata dal relatore, la VI Sezione ha accolto il ricorso, rinviando la causa ad una diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale Toscana.

In particolare, la Cassazione si era già pronunciata sul punto con la sentenza n. 8834 del 14 aprile 2009, precisando che rappresenta un principio consolidato, che consente il rigetto del ricorso dell’Amministrazione, quello in base al quale un collaboratore, che non sia già abilitato all’esercizio della professione forense, non può rappresentare un elemento di quell’autonomia organizzativa rilevante sotto il profilo fiscale, poiché l’apprendista non partecipa alla formazione del reddito in modo autonomo, ma sta compiendo il suo iter formativo. Sul giudice di merito, di conseguenza, grava l’onere di approfondire l’esame, e motivare, in merito alla natura e alla quantità delle funzioni svolte dai praticanti, non rilevando la disponibilità di locali adeguati per l’esercizio della professione e la presenza delle spese di studio.



(Da Altalex del 26.8.2013. Nota di Laura Biarella)