martedì 3 giugno 2014

“Aliud pro alio”

di Daniele Minussi
Ipotizziamo che Tizio abbia acquistato da Caio un'autovettura e che costui faccia invece consegna di un carrello per il trasporto di animali vivi.

La legge non prevede in modo espresso il caso (se non in relazione ai c.d. "beni di consumo" di cui all'art. 129 del Codice del consumo (D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 ) che contempla a carico del venditore l'obbligazione autonoma consistente nel dover fare consegna di beni conformi al contratto ), che potrebbe soltanto prima facie essere assunto sotto il meccanismo di tutela della garanzia per i vizi della cosa venduta di cui agli artt. 1490 e ss. cod. civ. (ovvero della mancanza di qualità promesse ex art. 1497 cod. civ. , la quale, a propria volta, si differenzia dal vizio redibitorio: cfr. Cass. Civ. Sez. II, 1839/82 ).

Come appare evidente, non si tratta di semplici vizi (quali ad esempio la minore superficie di un negozio, comunque idoneo ad essere fruito come tale: cfr. Cass. Civ., Sez. II, 2858/2014), ancorchè di tale gravità da rendere la cosa oggetto della vendita inidonea all'uso rispetto al quale era destinata; si tratta, assai più radicalmente, di aver consegnato una cosa al posto di un'altra, cioè di quella convenuta (c.d. aliud pro alio). Si pensi ad un dipinto certificato come autentico, che si scopre successivamente come non eseguito dal famoso pittore al quale l'esperto certificatore l'aveva ricondotto (Cass. Civ. Sez. III, 4604/08 ).

L'esempio fatto evidenzia questo aspetto in una misura invero plateale, ma la prassi ha posto in luce casi nei quali la distinzione tra semplice difetto e aliud pro alio non è così perspicua. Si pensi alla vendita di un appartamento e che, successivamente al perfezionamento del contratto, questo si riveli privo delle caratteristiche tipologiche atte a conseguire la licenza d'uso (già abitabilità). Forse l'acquirente ha già preso visione del bene e l'ha già trovato di proprio pieno gradimento, ma ignora (in quanto non ha le conoscenze tecniche per stimare questi aspetti) che le finestre dei locali non soddisfano i requisiti relativi ai rapporti di aeroilluminanza prescritti dalle normative. In questo caso appare evidente che quando il venditore consegna esattamente il bene oggetto della negoziazione non si tratta, a rigore, di aliud pro alio, bensì di un bene affetto da vizi che lo rendono inidoneo all'uso (art. 1490 cod. civ. ) ovvero, in alternativa, mancante delle qualità promesse ex art. 1497 cod. civ. La giurisprudenza ha tuttavia introdotto in argomento il criterio della funzione essenziale alla quale il bene assolve: ogniqualvolta questa funzione non possa essere svolta (soprattutto a cagione di una difettosità rispetto alle prescrizioni di legge o di regolamento), il vizio del bene assurge al rango di elemento differenziatore tra quel bene ed un diverso bene, idoneo ad assolvere allo scopo che le parti si sono proposte (cfr., in materia di fabbricati ad uso di civile abitazione, Cass. Civ., Sez. II, 17707/11; Cass. Civ., Sez. II, 10756/11 nonchè Cass. Civ., Sez. II, 629/2014 (che si riferiscono alla stipulazione di mero preliminare); Cass. Civ. Sez.II, 5202/07 ; Cass. Civ. Sez. II, 442/96 ; Cass. Civ. Sez. II, 6576/91 ; Cass. Civ. Sez. II, 10616/90 ; Cass. Civ. Sez. II, 1376/79 ; Cass. Civ. Sez. II, 5448/78. Si veda anche Cass. Civ. Sez. II, 24957/07 che ha messo a fuoco come, in ogni caso, non si possa parlare di nullità dell'atto di trasferimento della proprietà del bene privo delle caratteristiche di abitabilità. In tema di vendita di veicoli i cui documenti di circolazione risultino contraffatti, si veda Cass. Civ. Sez. II, 5963/96).

Il criterio in considerazione è stato inoltre applicato anche in materia di vendita di cose future: cfr. Cass. Civ. Sez. III, 2082/76 . Si tratta di un orientamento palesemente volto a proteggere con maggiore intensità il compratore, anche se non totalmente netto dal punto di vista logico, con particolare riferimento alla distinzione tra le ipotesi di cui agli artt. 1490, 1497 e 1489 cod. civ. nota1.

Quali sono le conseguenze dell'aver consegnato una cosa per un'altra? Non vengono in considerazione, come detto, le norme relative alla garanzia per i vizi (artt.1490 , 1491, 1492 , 1493, 1494, 1495 e 1496 cod. civ.). Il venditore che abbia tenuto una siffatta condotta non potrà non essere considerato inadempiente rispetto all'obbligazione di consegnare la cosa oggetto del contratto, con la conseguente applicazione della normativa in tema di risoluzione per inadempimento (artt. 1453 e ss. cod. civ.: cfr. Cass. Civ. Sez. II, 11117/90), nonché di risarcimento del danno (azione, questa, la cui proposizione risulta autonoma rispetto alla risoluzione: cfr. Cass. Civ. Sez. II, 1530/88 ) nota2.

La cosa non è senza rilevanza soprattutto per quanto attiene alla disciplina della prescrizione e della decadenza: mentre l'azione intesa a far valere i vizi è qualificata dai brevi termini di cui all'art. 1495 cod. civ. (norma richiamata anche dall'art. 1497 cod. civ. quando la cosa difetti delle qualità promesse o essenziali), l'azione di risoluzione è invece soggetta all'ordinario termine prescrizionale decennale nota3. Conformemente a tale opinione, è stato deciso che la proponibilità dell'azione di risoluzione non è soggetta nè ai termini di prescrizione e di decadenza propri della garanzia per i vizi, nè a quella per mancanza delle qualità promesse (Cass. Civ. Sez. II, 14586/04).


(Da e-glossa.it del 3.6.2014)

Note
nota1
Soltanto in rari casi (risalenti fino alla fine degli anni '70) il criterio della funzione è stato accantonato in favore di una distinzione fondata sulla completa diversità tra quanto convenuto e quanto consegnato: cfr.Cass. Civ. Sez. III, 1914/75. Secondo parte della dottrina (Franceschetti-De Cosmo, I singoli contratti, Napoli, 1998, p. 87) quest'ultimo criterio sarebbe più corretto, giacché il criterio della mancanza della funzione economico-sociale crea solo confusione, facendo rientrare nella figura dell' aliud pro alio fattispecie che più propriamente dovrebbero essere disciplinate dall'istituto della garanzia per vizi o per mancanza di qualità. Ci si troverebbe di fronte infatti propriamente ad un aliud pro alio solo qualora venisse consegnata una cosa sostanzialmente diversa da quella che è stata assunta come oggetto della prestazione del venditore (Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm. cod. civ., libro IV, Torino, 1991, p. 97).

nota2
Ferri, La vendita in generale, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, vol. XI, Torino, 1984, p. 246 e Rubino, La compravendita, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, vol. XXIII, Milano, 1971, p. 914. Una posizione particolare è invece assunta da Luminoso, I contratti tipici ed atipici, in Tratt. dir. priv., a cura di Iudica-Zatti, Milano, 1995, p. 147, per il quale occorrerebbe distinguere le fattispecie in cui l'aliud pro alio si caratterizza per la consegna di una cosa avente identità diversa rispetto a quella pattuita da quelle in cui la difformità sarebbe dovuta alla consegna di una cosa non avente la funzione economico-sociale della cosa pattuita. Nel primo caso si tratterebbe di inadempimento del venditore (con conseguente applicazione dei rimedi ordinari), nel secondo invece ci si troverebbe di fronte ad un "risultato traslativo difforme da quello programmato" con la possibilità di applicare estensivamente la disciplina prevista dagli artt. 1479 e 1480 cod. civ.. In realtà non si vede come differenziare le due ipotesi senza intravedere in entrambe un inadempimento dell'obbligazione contrattuale di consegna della cosa. Tant'è che un eventuale accettazione da parte dell'acquirente della cosa offerta dal venditore determinerebbe una ipotesi di datio in solutum (Rubino, op.cit., p. 916).

nota3
Capozzi, Dei singoli contratti, Milano, 1988, p. 73.