Secondo
la giurisprudenza, che si è pronunciata più volte su casi del genere ma non
sempre in modo univoco, mettere un citofono o un videocitofono costituisce
innovazione solo se è un’installazione ex novo.
Pertanto:
se il videocitofono non sostituisce una precedente apparecchiatura, per
approvare la delibera occorre la maggioranza qualificata (la metà più uno dei
condomini e almeno 667 millesimi) prevista dal 5° comma dell’art. 1136 del
codice civile. Se l’operazione comporta solo la miglioria di un impianto già
esistente, non si è più nel campo delle innovazioni e quindi è sufficiente la
maggioranza prescritta dal 2° comma dell’art. 1136: un numero di voti che
rappresenta la metà più uno degli intervenuti e almeno la metà del valore
dell’edificio.
Il
condomino non può rifiutarsi di contribuire alla spesa per l’installazione,
perché non costituisce innovazione e non sembrano ricorrere gli estremi per
giudicarla gravosa, ossia particolarmente onerosa. Solo in alcuni casi, quando
-considerate le caratteristiche dell’edificio-
l’installazione dell’apparecchiatura può essere considerata come
innovazione gravosa o voluttuaria, i condomini devono essere tutti d’accordo.
La
spesa per l’installazione dell’impianto e quella per eventuali riparazioni, ai
sensi dell’art. 1123, 1° e 2° comma, vanno divise in parti uguali tra i
condomini, con esonero per le unità immobiliari che non ne usufruiscono (box,
negozi, altri alloggi o magazzini con ingresso diretto dall’esterno).
Perché
non si usa il criterio dei millesimi è chiaro: un citofono serve allo stesso
modo un monolocale e un trilocale, e uguali sono i costi di installazione e di
allacciamento.
Quanto
alla suddivisione tra proprietario e inquilino, le spese di installazione e
sostituzione sono a carico del locatore, quelle di semplice manutenzione
ordinaria spettano al conduttore.
Patrizia Pallara (da Il
Salvagente del 5.7.2012)