La
condizione di sostanziale immaturità attribuita ad uno dei due coniugi porta ad
«escludere un valido consenso», essendo «suscettibile di percezione e di
valutazione» all’esterno. Ciò vale anche nell’ipotesi di un matrimonio che dura
da 20 anni. Ad affermarlo è la
Corte di Cassazione, nella sentenza n. 9844/2012.
Il caso. I Tribunali ecclesiastici annullano il matrimonio,
durato oltre venti anni, «per grave difetto di discrezione di giudizio» del
marito. Così, la richiesta, avanzata dall’uomo, di annullamento viene accolta.
Questa decisione veniva poi certificata, per lo Stato italiano, dalla Corte
d’Appello, in quanto era da riconoscere come acclarata la «condizione di
sostanziale immaturità» attribuita all’uomo, tale da escludere, ab origine, la
validità del consenso matrimoniale. Tuttavia, la donna non ci sta e presenta
ricorso per cassazione, contestando la pronuncia di secondo grado.
Il giudizio di legittimità. I giudici della Cassazione però rigettano il
ricorso: in primo luogo, è ritenuto di rilievo il «vizio psichico» – ossia la
condizione di immaturità vista come «incapacità naturale» – riconosciuto in
ambito ecclesiastico, perché «comportante inettitudine a intendere i diritti e
i doveri del matrimonio al momento della manifestazione del consenso»; in
secondo luogo, ciò che conta davvero, evidenziano i giudici, non è la semplice,
formale durata del matrimonio, ma la convivenza effettiva della coppia,
convivenza destinata ad avere «una incidenza rilevante nell’ordine pubblico
italiano, tale da impedire di annullare il matrimonio», ma, in questa vicenda,
è stata richiamata unicamente «la durata ventennale».
(Da avvocati.it del
19.7.2012)