venerdì 27 luglio 2012

Effetti nullità dell’accordo volto a indicare prezzo inferiore


Cass. Sez. II Civile, Sent. 11.7.2012, n.11749

Particolare interesse suscita la recente sentenza della Corte di Cassazione relativa alla nullità di un preliminare di vendita nel quale era stata inserita la clausola che obbligava le parti ad indicare nel contratto di vendita un prezzo inferiore a quello realmente pattuito dalle parti.
Sulla questione si era già pronunciata la Corte d’appello di Milano, che aveva disposto l’esecuzione in forma specifica del contratto, ovvero la vendita dell’immobile, avendo escluso il carattere essenziale della clausola in esame, essendo, a tal fine, necessario dimostrare che “quella variazione di prezzo alteri l’equilibrio contrattuale in modo tale da far considerare la vendita fuori degli standard di mercato correnti in un certo momento, tenuto conto che … si deve presumere la generale applicazione della legge e non l’evasione fiscale”. Il venditore deve infatti dimostrare, oltre al minor guadagno, anche la circostanza che non avrebbe venduto al minor prezzo indicato nel preliminare.
Leggendo le considerazioni di diritto della citata sentenza, l’orientamento di cui sopra è confermato dalla Corte di Cassazione, per la quale “la clausola, contenuta nel contratto preliminare, avente ad oggetto il reciproco impegno delle parti di indicare nel definitivo una somma inferiore a quella reale, pari a quella risultante dall’applicazione dl moltiplicatore della rendita catastale, è nulla per espressa previsione legislativa”.
La semplice presenza, “ai fini della invalidazione totale ed assoluta dell’intero contratto”, del patto di risoluzione totale, “che prevede … il diritto di ottenere lo scioglimento del contratto” in caso di inadempimento, non è tale da comportare la comunicazione della nullità dalla parte adempiente, posto che la clausola risolutiva “è essa stessa affetta da nullità.
L’effetto di propagazione, sull’intero contratto preliminare, della nullità della clausola contenente l’impegno delle parti di indicare nel definitivo, in violazione della disciplina dell’imposta di registro, un prezzo inferiore a quello realmente pattuito, non può derivare dal semplice rafforzamento dell’atteso comportamento contra legem mediante la previsione negoziale di un diritto alla risoluzione attivabile dalla parte rimasta fedele alla clausola, occorrendo, altresì, la prova, a cura della parte colpita dalla squilibrio indotto dalla nullità parziale e che invochi il contagio all’intero contratto, che il mantenimento di esso dopo la depurazione non sia più giustificato dal senso originario dell’operazione, e ciò per essere la clausola di occultamento in tale rapporto di interdipendenza e di inscindibilità con le altre pattuizioni che queste non posso sussistere in modo automatico”.
L’efficacia sostitutiva della norma imperativa di legge alla clausola contraria “sussiste quando l’interesse investe l’esistenza di un rapporto giuridico … non altrimenti realizzabile che mediante il necessario sinergismo dell’attività privata negoziale e della norma obiettiva imperativa. L’interesse tutelato, ravvisabile nella esatta determinazione della base imponibile dell’imposta di registro, è perseguito dalla legge indipendentemente dalla collaborazione delle parti contraenti.
Deve così concludersi … che la clausola del contratto preliminare di vendita, con la quale si conviene di indicare nel contratto definitivo di trasferimento un prezzo inferiore a quello convenuto, è nulla, ma non sostituita da norma imperativa”. È questa quindi la ragione per la quale non può essere dichiarata nel caso di specie la nullità parziale del contratto o della singola clausola ex articolo 1419 del Codice Civile.

Luciana Di Vito (da filodiritto.com del 22.7.2012)