La
recentissima sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, n. 9184 del 7
giugno 2012, pronunciandosi a proposito di una sanzione disciplinare irrogata
ad un iscritto all’albo degli avvocati per non avere ottemperato proprio
all’obbligo di invio della dichiarazione in questione, ha ritenuto non
condivisibile il principio di diritto enunciato, un po’ frettolosamente e con
un’affermazione apodittica avente quasi carattere di generalità, nelle
precedenti menzionate decisioni della Sezione Lavoro, n. 233/2006 e n.
24784/2009, ritenendo che l’uso della congiunzione “nonché” nell’art. 17 della
legge n. 576/80, che separa l’indicazione delle prime due categorie
professionali, quelle degli avvocati e dei procuratori, dalla terza, quella dei
praticanti, è caratterizzata da un chiaro elemento semantico di riferibilità,
soltanto a questi ultimi, delle successive parole “iscritti alla Cassa”.
Gli
ermellini, difatti, nella summenzionata sentenza, aderendo alla tesi
interpretativa della Cassa, hanno ritenuto che la succitata interpretazione
trovi riscontro, sotto il profilo sistematico, nella disciplina contenuta
nell’art. 22 della stessa legge n 576/80 che prevede l’obbligo di iscrizione
alla Cassa per gli avvocati che esercitano la professione forense con carattere
di continuità, mentre per i praticanti abilitati al patrocinio l’iscrizione ha
carattere facoltativo (nello stesso senso, nella giurisprudenza di merito,
Trib. Palermo n. 452/2012; Trib. Roma n. 3880/2012; Trib. Nocera Inferiore n.
2980/2011; Trib. Chiavari n. 183/2011; Trib. Pisa n. 154/2011; Trib. Bergamo n.
801/2011; Consiglio Nazionale Forense n. 59 e n. 79/2011).
Marcello Bella (estratto da CF
Newsletter pervenuto il 4.7.2012)