mercoledì 30 settembre 2015
IL CONVEGNO UAE SULLA TUTELA DEI RICHIEDENTI ASILO
La
Delegazione U.A.E.
Sicilia Orientale traccia le conclusioni del Convegno “Libertà, sicurezza e
giustizia nella tutela dei diritti dei richiedenti asilo", svoltosi a
Catania nei giorni scorsi. Il bilancio della “due giorni” ai Benedettini è
sicuramente positivo.
Dopo
i saluti e l’apertura dei lavori presenziata dalle più importanti cariche
istituzionali: On. Avv. E. Bianco Sindaco della città di Catania, il
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Catania
Dott. S. Scalia, il Presidente del Tribunale di Catania Dott. B. Di Marco, il
Dott. E. Gullotti Vice Prefetto Vicario, il Presidente del C.O.A. di Messina
Avv. V. Ciraolo, i delegati dei C.O.A. di Catania e Siracusa; Dott. A.
Pagliaro, Segretario Generale presso la
C.C.I.A.A. di Catania, il Contrammiraglio N. De Felice
Comandante MariSicilia, il Colonnello Sicuso C.te del 41° stormo
dell’Aeronautica Militare di Sigonella, questi ultimi hanno, in particolare
parlato di quella che è l’epserienza sul campo ed il grande lavoro svolto dalla
Marina Militare e dall’Aeronautica Militare, l’Avv. Claudio Fiume, Presidente
della Delegazione Siciliana dell’Unione degli Avvocati Europei, ha introdotto
gli argomenti delle sessioni e quindi gli illustri relatori.
Il
tema del convegno “Libertà, Sicurezza e Giustizia nella tutela dei diritti dei
richiedenti asilo” è stato trattato da ogni angolazione e senza risparmiare
l’aspetto sociologico della questione.
Le
dissertazioni tecnico-giuridiche hanno, poi, impegnato appieno le due giornate
mettendo in campo le teorie di docenti di ben tre università (Palermo, Enna e
Milano).
Particolarmente
interessanti, sotto il profilo etico e morale, gli interventi dell’avv. A.
Introini – Coordinatrice Commissione Diritti Umani dell’organismo Unitario
dell’Avvocatura (O.U.A.) - nonché dell’avv. A. Petrosino, responsabile Amnesty
Sicilia.
Il
Contrammiraglio De Felice, così come il Col. Sicuso hanno poi descritto in
maniera puntuale, se non emozionante, l’attività espletata sul campo dalla
Marina Militare Italiana e dell’Aeronautica Militare, in prima linea sul fronte
dell’avvistamento in mare, del salvataggio e del recupero degli immigrati o
delle loro salme.
Il
loro intervento è stato anzi preceduto da un avvincente filmato che ha
consentito il migliore approccio ai temi delle sessioni.
E’
stata, altresì, lodata l’infaticabile opera della Croce Rossa Italiana,
nell’occasione rappresentata dal Commissario Provinciale Dott. Stefano
Principato.
La
tavola rotonda conclusiva, presieduta dall’avv. F.M. Samperi, Presidente
d’Onore dell’U.A.E. nonché Presidente della Delegazione Lazio, ha poi riassunto
significativamente gli argomenti oggetto della precedente dissertazione
scientifica gettando le basi, anche grazie all’intervento di autorevoli
magistrati del Tribunale e della Corte d’Appello di Catania, per ulteriori
approfondimenti nello studio di proposte integrative e/o modificative del
regolamento comunitario in tema di immigrazione di cui l’U.A.E. intende farsi
promotrice.
La
Delegazione Sicilia
Orientale dell’U.A.E. può dirsi, dunque, soddisfatta del lavoro portato avanti
in un periodo storico in cui la tematica in questione è più che mai attuale. Si
sono gettate le basi per un lavoro che non si ferma al Convegno ma che andrà
avanti producendo risultati concreti.
Danno esistenziale con le tabelle di Milano
Parametri con valore nazionale:
il giudice che non le applica deve
motivare
In
caso di incidente stradale accade di solito che la liquidazione del danno
biologico includa la sofferenza interiore patita dalla vittima a seguito
dell’incidente. Viceversa, accade di rado che il risarcimento copra anche
conseguenze relazionali, come il radicale cambiamento di vita a cui è costretto
il danneggiato.
Per
questo - si legge nella sentenza numero 19211, pubblicata ieri dalla terza
sezione civile della Corte di cassazione - è necessario che il giudice conceda
un giusto risarcimento per questo danno esistenziale che ricompensa il cambio
di vita post-sinistro, come detto oltre la sofferenza psichica.
In
casi del genere - e veniamo all’importanza della decisione della Cassazione -
il giudice del merito deve applicate le tabelle elaborate dal tribunale di
Milano. Qualora invece il giudice ritenesse di disattendere a questo principio
è tenuto a motivare la decisione. Questo perché le tabelle milanesi hanno una
vocazione nazionale acquisita nel tempo e riconosciuta dalla Cassazione. Ed è
per questo che possono essere utilizzate in tutta Italia per risarcire le
lesioni invalidanti, causate dagli incidenti stradali, dal 10 al 100 per cento.
Nel
caso di specie, il ricorso del professionista danneggiato nel sinistro è stato
accolto addirittura contro le conclusioni del sostituto procuratore generale il
quale sosteneva l’inammissibilità delle tabelle milanesi.
Applicando
le quali, il risarcimento avrebbe superato di 120mila euro circa la cifra
liquidata dalla Corte d'appello, del caso specifico, la quale ha usato standard
locali per ridimensionare la somma riconosciuta dal giudice del primo grado
alla vittima dell'incidente.
Enrico Bronzo (da Il
Sole 24 Ore del 30.9.2015)
lunedì 28 settembre 2015
Pronta la lista dei reati da tagliare
La riforma della giustizia. Il decreto
legislativo dovrebbe
essere discusso al Consiglio dei
ministri entro due settimane
L’omesso versamento dei contributi fino
a
€ 10mila diventerà illecito
amministrativo
La
depenalizzazione rompe gli indugi. È ormai pronto il decreto legislativo che
taglia un pacchetto di reati per trasformarli in illeciti amministrativi. Il
testo, messo a punto dalla commissione Palazzo, è adesso all'esame del
ministero dell’Economia per il concerto, ma dovrebbe approdare in Consiglio dei
ministri nell'arco delle prossime due settimane. I tempi, del resto, stringono,
visto che la delega deve essere esercitata entro la metà di novembre.
La
novità è emersa nel corso del congresso delle Camere penali in svolgimento a
Cagliari. Un appuntamento dove a guidare la discussione sono state appunto le
novità in arrivo sia sul piano del diritto sostanziale sia su quello
procedurale. Sul primo punto la depenalizzazione provvede a trasformare in
illeciti amministrativi le contravvenzioni punite con la pena dell'arresto o
dell'ammenda con l'eccezione di alcune materie come l'ambiente e la sicurezza
pubblica.
A
venire trasformato in illecito amministrativo sarà anche l'omesso versamento
contributivo, nella soglia di 10mila euro, ponendo fine alla questione che ha
visto impegnata la giurisprudenza sulla efficacia precettiva della legge delega
in assenza del decreto delegato.
L'intervento
si iscrive in quel binario delle politiche della giustizia che negli ultimi tempi
ha visto il debutto di istituti come la messa alla prova e la nuova causa di
non punibilità per tenuità del fatto - andando a bilanciare peraltro, almeno
quanto a impatto sul sistema giudiziario, la stretta sui reati contro la
pubblica amministrazione, già in vigore - e quella, per ora contenuta nel
disegno di legge sulla procedura penale appena approvato in prima lettura dalla
Camera, per furti e rapine.
Decisione
quest'ultima che è stata difesa di fronte alla perplessità dei penalisti, dal
vicecapo dell'ufficio legislativo del ministero della Giustizia, Giuseppe
Santalucia: si sono toccati i minimi di pena e non i massimi e si è
sterilizzato l'effetto delle circostanza, ha sottolineato. Come pure
l'inasprimento delle pene sulla corruzione, ha sempre puntualizzato Santalucia,
oltre che sollecitato in sede europea ha permesso di realizzare un meccanismo
tutto sommato equilibrato, dove all'aumento delle sanzioni fa da contraltare
l'attenuante per chi collabora con la giustizia.
Schermaglie
poi tra la platea congressuale e il presidente dell'Anm, Rodolfo Maria Sabelli,
sul tema della prescrizione. Con Sabelli a sottolineare, facendo appello alla
sua esperienza di pubblico ministero, che se è vero che il 70% delle
prescrizioni avviene nella fase delle indagini preliminari, questo si verifica
per la lentezza del sistema che fissa udienze dibattimentali a distanza di
anni. Lentezze del sistema che, a giudizio di Sabelli, rischiano di rendere del
tutto irrealistico la disposizione del disegno di legge sulla procedura penale
che chiede l'esercizio dell'azione penale entro tre mesi dalla chiusura delle
indagini.
Dai
penalisti però arriva il richiamo a quanto previsto dalla legislazioni penali
di altri Paesi, soprattutto di common law, dove il mancato rispetto dei termini
per l'esercizio dell'azione penale è sanzionato con la nullità.
Giorgio
Spangher, docente di Procedura penale alla Sapienza di Roma, ha ricordato la
necessità di accompagnare la ragionevole durata del processo con sanzioni per
assicurarla. Spancher poi, non fosse che come provocazione, ha ricordato che
per l'innocente che finisce invischiato in un processo penale i rimedi sono
inesistenti: perché non pensare allora alla rifusione delle spese di giustizia?
Giovanni Negri (da Il
Sole 24 Ore del 28.9.2015)
ANF impugna il regolamento delle specializzazioni
“Il
regolamento per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato
specialista presenta evidenti profili di illegittimità, dunque non possiamo che
impugnarlo di fronte al Tar del Lazio. Anf non é stata mai contraria, e non lo
é tuttora, alle specializzazioni, ma, per come l’idea della
"specializzazione" dell’avvocato è stata realizzata, il regolamento
ministeriale presenta troppe criticità, addirittura ulteriori rispetto a quelle
già evidenziate nel corso dell’iter amministrativo di formazione del
provvedimento”. Lo dichiara il segretario generale dell’Associazione Nazionale
Forense Luigi Pansini, in merito alla decisione presa dall’Anf – in occasione
del suo Consiglio Nazionale tenutosi a Rimini nelle giornate del 26 e 27
settembre 2015 - di impugnare il regolamento n° 144 del 12 agosto scorso del
Ministero della Giustizia. “La specializzazione – continua Pansini citando uno
degli aspetti dell’illegittimità del regolamento - non può essere ottenuta a
seguito di un percorso esclusivamente teorico e culturale, ed è palese è la
diversità di trattamento ed il disvalore dell’effettiva esperienza
professionale, anche con riferimento al mantenimento del titolo di specialista,
rispetto all’attività di frequenza di corsi normativi. Al contempo, la
valutazione della “qualità” degli incarichi ai fini della comprovata esperienza
non è ancorata ad alcun criterio oggettivo ma rimessa ad un apprezzamento ingiustificatamente
discrezionale. Nel settore dell’esecuzione forzata, la qualità ed il numero
degli incarichi rende di fatto generica l’individuazione del settore di
specializzazione e paradossali il conseguimento ed il mantenimento del titolo
di specialista, dovendo l’avvocato escludere, per dimostrare la comprovata
esperienza, gli incarichi aventi ad oggetto le medesime questioni giuridiche e
che necessitano un’analoga attività difensiva. Evidenti poi – aggiunge Pansini
- sono la generica specializzazione in diritto penale, da un lato, e il numero
molto alto di titoli specialisti nell'ambito del diritto civile, dall’altro,
prospettandosi un’ulteriore disparità di trattamento tra gli iscritti agli
albi. E lo stesso vale per il diritto amministrativo. Perplessità sorgono anche
con riferimento alle norme in materia di concorrenza e non solo relativamente
alla frequenza dei corsi obbligatori per il mantenimento del titolo e al potere
del Consiglio Nazionale Forense di riconoscere le associazione specialistiche
con le quali successivamente curare, “d’intesa”, il mercato della formazione
specialistica. Queste e tutte le altre criticità erano state portate
all'attenzione della politica, delle istituzioni forensi e del Ministero della
Giustizia anche nel corso dell'ultimo congresso nazionale dell'Avvocatura di
Venezia del mese di ottobre 2014, con due mozioni (di cui una a firma Anf)
approvate dalla massima assise dell'Avvocatura, evidentemente rimaste lettera
morta, anche in sede di attuazione della volontà degli avvocati. Alla luce di
tutto ciò la sensazione che si sia perso tempo prezioso è palese e dunque non
abbiamo potuto far altro che decidere di rivolgerci al giudice” – conclude
Pansini.
(Da Mondoprofessionisti
del 28.9.2015)
domenica 27 settembre 2015
DOSSIER AI PARTECIPANTI ALL'EVENTO DEL 2 E 3
I
partecipanti al convegno di Venerdì 2 e Sabato 3 Ottobre sul tema: “DNA ED
ACCERTAMENTO DEL FATTO-REATO”, nell'Aula delle Adunanze del Palazzo di
Giustizia di Catania, riceveranno un dossier avente per oggetto le tematiche
delle giornate di studio, a cura della redazione Lex24 del Gruppo 24Ore.
venerdì 25 settembre 2015
FORMAZIONE, 2 E 3 EVENTO SU DNA A CATANIA
Ricominciamo
con gli eventi formativi!
Uno
molto importante con numerosi e qualificati relatori, organizzato dall'AGA in
collaborazione col Gruppo 24 ORE (attualmente in corso di accreditamento da
parte del Consiglio dell'Ordine Avvocati di Catania), si terrà nell'Aula delle
Adunanze del Palazzo di Giustizia di Catania il 2 e 3 ottobre prossimi, ed ha
per tema: “DNA ED ACCERTAMENTO DEL FATTO-REATO”.
La
partecipazione all'evento è a titolo gratuito.
mercoledì 23 settembre 2015
Entro il 9 Ottobre domande per scuole di specializzazione
3.700 i posti disponibili
Sono
3.700 i posti disponibili che si contenderanno i laureati in giurisprudenza per
l’ammissione alle scuole di specializzazione per le professioni legali. La data
ufficiale del concorso (per titoli ed esame), fissata dal decreto del MIUR
pubblicato sabato scorso in G.U. (e qui sotto allegato) è il 28 ottobre e le
prove si svolgeranno su tutto il territorio nazionale, presso le università
sedi dei corsi di giurisprudenza (in base all’elenco allegato al decreto). La
presentazione delle domande dovrà avvenire entro e non oltre il prossimo 9
ottobre, presso la segreteria dell’ateneo sede della scuola per la quale si
concorre. Potranno partecipare al concorso tutti i laureati in giurisprudenza
(vecchio e nuovo ordinamento) e, con riserva, i laureandi che conseguiranno il
titolo accademico richiesto entro la data della prova d’esame. Oltre al titolo,
la prova da superare consiste in un test di 50 quesiti a risposta multipla (identici
su tutto il territorio) su argomenti di diritto amministrativo, civile, penale,
processuale civile e processuale penale. Il tempo massimo a disposizione di
ogni candidato è di 90 minuti (e non è ammessa né la consultazione di testi né
di codici commentati e annotati con la giurisprudenza). Saranno ammessi alla
scuola di specializzazione i candidati che si collocheranno in posizione utile
in graduatoria, sulla base del punteggio complessivo ottenuto (il massimo a
disposizione della commissione giudicatrice è di 60 punti, di cui 50 per il
test, 5 per la valutazione del voto e 5 per il Cv).
(Da studiocataldi.it
del 23.9.2015)
Soppressione ufficio postale, ''gravità del danno per l’utenza''
TAR Umbria-Perugia, sez. I, decreto
3.9.2015 n° 114
Poste
Italiane S.p.A., nel luglio 2015, comunicava al Comune di Collazione
l’intenzione di chiudere un proprio ufficio, aperto al pubblico, a decorrere
dal mese di settembre. L’Amministrazione Comunale ricorre al TAR Umbria e la I Sezione accoglie il
ricorso in via cautelare, rimandando ad una successiva udienza la decisione
definitiva. In sintesi è quanto accaduto a Collazzone, caratteristico comune
medievale che conta poco più di tremila abitanti, che Poste Italiane intende
privare dell’ufficio postale.
La
nota indirizzata al Comune, datata 2 luglio 2015, con la quale Poste Italiane
S.p.A. comunicava che a decorrere dal 7 settembre 2015 l’ufficio avrebbe
abbassato le saracinesche, è stata portata innanzi la giustizia amministrativa
umbra, unitamente ad una ulteriore nota, con la quale la stessa società
partecipata forniva le argomentazioni di riscontro all’incontro tenutosi, nel
febbraio 2015, con i rappresentanti del Comune e dell’ANCI Umbria, nonché ad
un’e-mail del Sindaco datata 23 febbraio 2015, avente ad oggetto l’ipotesi di
chiusura degli uffici postali.
In
via subordinata il Comune impugna anche la delibera resa dall’Autorità per le
Garanzie nelle Comunicazioni, “se ed in quanto interpretata nel senso di
ritenere legittima la chiusura dell’ufficio postale di Collazzone”.
Il
TAR Umbria ha accolto l’istanza di misura cautelare proposta dal Comune
ricorrente, ai sensi dell’art. 56 cod. proc. amm., riservando alla Camera di
consiglio, fissata al 23 settembre 2015, ogni considerazione relativa al fumus
boni iuris, nel contempo decretando la sussistenza della “gravità del danno per
l’utenza che si vedrebbe privata dell’accesso al servizio universale postale”,
che sarebbe quindi cagionato dall’eventuale soppressione degli uffici. Il Tar,
accogliendo la spiegata istanza di misura cautelare interinale, ha sospeso il
provvedimento impugnato in via principale.
(Da Altalex del
23.9.2015. Nota di Laura Biarella)
Processo penale, ok Camera a delega. Riforma passa a Senato
Sì
dell'Aula della Camera al ddl di delega al governo della riforma del processo
penale. Il testo, approvato con 314 voti a favore, 129 contrari e 51 astenuti,
passa al Senato. Forza Italia si è astenuta, contro hanno votato M5S, Lega e
Sel.
M5s
imbavagliati in Aula
Prima
del voto finale è andata in scena la protesta del Movimento 5 stelle nell'Aula
della Camera. I deputati del gruppo M5S si sono infatti coperti la bocca con un
bavaglio per esprimere la loro contrarietà alle norme sulle intercettazioni,
mentre parlava Vittorio Ferraresi, relatore di minoranza in commissione
Giustizia.
Ok
ai limiti su pubblicabilità intercettazioni
Ieri
l'aula di Montecitorio ha approvato l'articolo del Ddl penale che delega il
governo a disciplinare le intercettazioni. Le nuove norme dovranno evitare la
pubblicazione di conversazioni irrilevanti ai fini dell'indagine e che
riguardano persone completamente estranee, attraverso una selezione del
materiale relativo alle intercettazioni. Non ci sarà però un'udienza filtro.
Nessuna pena detentiva a carico dei giornalisti. Prevista la delega per punire
(fino a 4 anni) la diffusione di registrazioni fraudolente diffuse per causare
un danno a reputazione e immagine. Resta salvo l'esercizio del diritto di
difesa e del diritto di cronaca.
La
protesta del M5s
Dopo
il voto finale, il Guardasigilli Andrea Orlando nominerà una commissione
ministeriale di magistrati, avvocati e giornalisti per cominciare a mettere
nero su bianco l'articolato. I nomi li ha già in tasca e assicura che «faranno
giustizia di molte illazioni circolate in questi giorni». Lo ha ribadito in
Aula anche la relatrice Donatella Ferranti (Pd), precisando che chi parla di
bavaglio «fa demagogia» perché con la riforma si vuole tutelare solo «chi è
estraneo alle indagini». La
Federazione della stampa ne «prende atto» ma continua a
definire la delega «una minaccia per il diritto di cronaca». Durissimi i 5
Stelle: «Cosa è cambiato da quando queste cose le portava avanti Berlusconi ad
ora che le porta avanti Renzi?» ha attaccato ieri Alfonso Bonafede rivolto ai
banchi del Pd. «Berlusconi difendeva se stesso dalla giustizia, voi difendete
tutta la casta. Lui colpiva solo i giornalisti che lo attaccavano, voi mettete
il bavaglio a tutta la stampa italiana».
(Da ilsole24ore.com del
23.9.2015)
martedì 22 settembre 2015
Basta fax per chiedere rinvio udienza per legittimo impedimento
Il giudice è tenuto a pronunciarsi
purché la richiesta
sia tempestiva e indirizzata alla sua
cancelleria
Se
il difensore invia un fax con il quale richiede il rinvio dell’udienza per
legittimo impedimento, il giudice è tenuto a pronunciarsi sull’istanza.
Ciò,
però, purché la richiesta sia tempestiva e il fax sia inviato alla cancelleria
del giudice e non a qualsiasi numero dell’ufficio giudiziario.
Infatti,
l’omesso esame della richiesta non comporta la nullità della sentenza quando
manchi la tempestività e non sussistano le ulteriori condizioni per
l’accoglimento.
Così
si è pronunciata la Corte
di cassazione con la sentenza numero 37859/2015, depositata il 18 settembre.
Dando
atto che la materia è oggetto di contrasti giurisprudenziali, i giudici, con
una lunga e articolata argomentazione, hanno tuttavia asserito, rifacendosi a
propri precedenti emessi a sezioni unite, che la legittimità dell’utilizzo del
fax in ipotesi come quella sottoposta alla loro attenzione è imposta sia dal
fatto che l’ordinamento non prevede formalità particolari per un tal genere di
comunicazioni sia dalla necessità di svincolarsi da risalenti schemi
formalistici e adeguarsi all’evoluzione del sistema delle comunicazioni e
notifiche, nonché da quella di favorire la semplificazione e la celerità
richieste dal principio della ragionevole durata del processo.
Oltretutto
il fax è uno strumento che per sua natura è idoneo ad assicurare la ricezione
dell’atto da parte del destinatario, mediante il cosiddetto “OK” o altro
simbolo equivalente.
Del
resto, come rilevato dagli stessi giudici, negare l’utilizzo del fax sarebbe
incoerente con la circostanza che il medesimo impedimento che ostacola la
presenza in udienza dell’avvocato potrebbe ben impedire a quest’ultimo anche di
recarsi tempestivamente in cancelleria.
Nonostante
ciò, comunque, nel caso di specie la comunicazione dell’avvocato, sebbene
astrattamente legittima, non aveva rispettato il fondamentale requisito della
tempestività, con la conseguenza che la nomina di un difensore di ufficio
secondo le norme che regolano il processo penale non avrebbe potuto comunque
essere evitata.
Valeria Zeppilli (da
studiocataldi.it del 20.9.2015)
Mobbing: nessun danno a professionalità se nuovo impiego ugualmente qualificante
Cass. Sez. Lavoro, Sent. 11.8.2015, n.
16690
La Corte di Cassazione, in una recente sentenza, ha stabilito
che il datore di lavoro che sia stato condannato per mobbing ai danni di un suo
dipendente non è tenuto a risarcire il danno alla professionalità se questo ha
trovato un nuovo impiego ugualmente qualificante rispetto al precedente.
Nel
caso esaminato dalla Corte di legittimità, una lavoratrice, con incarico
manageriale, rassegnava le proprie dimissioni per giusta causa, in conseguenza
di trattamenti vessatori posti in essere dal proprio datore di lavoro, e,
ricorrendo in giudizio, otteneva dal giudice la condanna dello stesso al
risarcimento del danno subito (in particolare, danno alla salute, accertato da
un consulente tecnico d’ufficio, e indennità di preavviso).
Ottenuto
nelle more del giudizio un nuovo impiego con trattamento economico e
inquadramento contrattuale non deteriori rispetto a quelli goduti presso
l’azienda della parte soccombente, non le era riconosciuto alcun danno alla
professionalità.
La
lavoratrice proponeva ricorso avverso la pronuncia del giudice di merito
innanzi alla Corte di Cassazione, deducendo vizio di motivazione, per non aver
il giudice riconosciuto un danno alla professionalità medio tempore tra il
momento delle dimissioni e il nuovo impiego e di non aver tenuto conto
dell’impiego immediatamente successivo a quello dal quale si era dimesso, nel
quale era stata costretta a svolgere mansioni di livello inferiore al
precedente inquadramento professionale.
La
Cassazione ha ritenuto
tale motivo infondato. I giudici di legittimità hanno affermato che il
comportamento vessatorio del datore di lavoro ai danni del dipendente non
determina necessariamente una lesione dei diritti della personalità, lesione
che deve essere allegata e provata da chi denuncia di averla subita. Questo in
quanto il danno non è in re ipsa alla condotta vessatoria, ma deve essere
denunciato e provato in giudizio.
Constatando
che il danno alla professionalità sussiste nel caso in cui il superiore
gerarchico, con proprie condotte, lede il novero delle competenze, capacità e
abilità possedute dal proprio dipendente (tipico esempio è il demansionamento),
questo non si determina se il lavoratore, a conclusione del precedente rapporto
di lavoro, ottiene un nuovo impiego non meno qualificante del precedente.
In
questo caso, il novero delle competenze e delle capacità, dunque la
professionalità, non sono state in alcun modo intaccate dalla condotta
vessatoria della controparte, dato che il nuovo datore di lavoro,
nell’attribuire l’incarico, ha ritenuto le stesse sussistenti.
In
sostanza, secondo la
Cassazione, l’aver ottenuto, in un arco temporale di breve
durata, un nuovo impiego con trattamento economico e inquadramento contrattuale
non inferiore al precedente ha permesso alla lavoratrice di “evitare” un danno
alla propria professionalità, ragion per cui non esistendo alcun danno non può
essere richiesto alcun risarcimento.
Lorenzo Pispero (da
filodiritto.com del 17.9.2015)
lunedì 21 settembre 2015
Riforma avvocati all’ultimo sprint
Mancano ancora 11 provvedimenti, 7 sono
in itinere
Seppur
in ritardo rispetto alla tabella di marcia, l’attuazione della legge di riforma
della professione di avvocato sta andando avanti e negli ultimi mesi ha accelerato
il passo.
La
settimana scorsa sono arrivati in Gazzetta due regolamenti ministeriali ed in
itinere ce ne sono altri sette. Il delicato tema della disciplina delle società
professionali, cui avrebbe dovuto essere dedicato un apposito Dlgs, è inoltre
confluito nel disegno di legge sulla concorrenza attualmente all’esame della
Camera dei deputati.
Il
punto di partenza è la legge 247/2012 (in vigore dal 2 febbraio 2013) che,
oltre a dettare regole direttamente operative, prevedeva quasi trenta
provvedimenti di attuazione, per la maggior parte assegnati al ministero della
Giustizia e che, stando alla legge, avrebbero dovuto vedere la luce entro il 2
febbraio 2015. Altri regolamenti (fra cui la predisposizione del nuovo Codice
deontologico) spettavano invece al Consiglio forense che li ha varati nel
biennio 2013-2014.
Tutti
i tasselli del complesso mosaico della riforma forense stanno quindi, anche se
con lentezza, andando al loro posto.
Gli
ultimi regolamenti
Come
ottenere il titolo di specialista e la pubblicità delle procedure relative
all’esame di Stato sono le materie disciplinate dagli ultimi due decreti
ministeriali usciti in Gazzetta il 15 settembre scorso. Il regolamento che
disciplina le modalità per diventare specialista entrerà in vigore il 14 novembre.
Individua due percorsi alternativi: frequentazione di corsi biennali o
comprovata esperienza nel settore. Le aree di specializzazione elencate dal
decreto sono diciotto e vanno dal diritto dell’ambiente a quello dell’Unione
europea (ma l’avvocato non può sceglierne più di due).
In
dirittura d’arrivo
Altri
sette decreti sono in via di approvazione. Hanno infatti cominciato l’iter che
prevede i pareri del Consiglio nazionale forense, del Consiglio di Stato e del
Parlamento.
All’esame
delle Camere c’è ad esempio, uno dei provvedimenti più attesi, quello che detta
i requisiti che un avvocato deve rispettare per rimanere iscritto all’Albo.
L’obiettivo è la verifica dell’esercizio «effettivo, abituale e prevalente»
della professione. Il testo inviato alle commissioni parlamentari individua sei
condizioni che, come specifica la relazione illustrativa, «devono ricorrere
congiuntamente»: titolarità di una partita Iva attiva (anche intestata a una
società o associazione di cui il professionista fa parte); disponibilità di
locali adibiti a studio professionale e di un’utenza telefonica; trattamento di
almeno cinque «affari» annui (la voce comprende sia gli incarichi giudiziali
che quelli stragiudiziali come consulenze e pareri), anche quando il mandato
arriva da un altro professionista ; possesso di un indirizzo di posta
elettronica certificata; assolvimento dell’obbligo di aggiornamento
professionale; polizza assicurativa.
Le
società fra professionisti
Fra
i tasselli mancanti c’è la disciplina dell’esercizio della professione forense
in forma societaria previsto dalla legge 247. L’articolo 5 rinviava, infatti,
la disciplina di questa materia a un decreto legislativo che avrebbe dovuto
essere varato entro il 2 agosto 2013 e fissava, di conseguenza, i principi e i
criteri direttivi cui il Governo avrebbe dovuto attenersi. Questo Dlgs non ha
mai visto la luce e ora il disegno di legge sulla concorrenza (attualmente
all’esame della Camera dei deputati) interviene sull’argomento con l’obiettivo
di «assicurare una maggiore concorrenza» e prevede quindi l’abrogazione
dell’articolo 5 della legge 247.
Botta
e risposta
Non
tutto quel che c’è scritto nei regolamenti attuativi piace al Consiglio di
Stato. Tra Palazzo Spada, chiamato a esprimere il parere sui testi, e il
ministero della Giustizia è un continuo botta e risposta. Si prendano, per
esempio, gli ultimi due regolamenti, quello sui criteri da rispettare per
rimanere iscritti all’Albo e l’altro sullo svolgimento dell’esame di Stato. In
entrambi i casi i regolamenti hanno richiesto un doppio passaggio perché il del
Consiglio di Stato aveva chiesto al ministero di apportare correzioni. Invece,
via Arenula ha deciso di tirare dritto per la propria strada.
Riguardo
alla permanenza nell’Albo Palazzo Spada aveva chiesto, in linea con il Cnf, di
introdurre una sorta di sanatoria, così da permettere all’avvocato in difetto
dei requisiti di mettersi al passo, spiegando che il rifiuto del ministero
appariva «poco convincente». Niente da fare: anche il testo arrivato in
Parlamento non tiene conto di quei suggerimenti.
Ancora
più “accorato” l’invito sull’altro regolamento. Lì c’è una norma che impone al
commissario che abbandoni l’aula della prova di non potervi rientrare, così da
evitare fughe di notizie. Allo stesso tempo, però, si affida ai commissari il
compito di trasferire dalla sede della Corte d’appello a un altro ufficio del
distretto gli elaborati scritti. Scelte che - scrive Palazzo Spada - appaiono
«poco funzionali e contraddittorie». «Non si può condividere - aggiungono i giudici
- la risolutezza, certamente degna di miglior causa», con la quale il ministero
ha continuato a disattendere tali indicazioni. Si tratterà di vedere se ci sarà
un ripensamento nel testo da inviare alle Camere. Anche perché - avverte il
Consiglio di Stato - è pur vero che il parere può essere ignorato, ma con
motivazioni «oltre che giuridicamente corrette», anche «legittimamente coerenti
con l’interesse generale».
Antonello Cherchi
Bianca Lucia Mazzei (da Il Sole 24 Ore
del 21.9.2015)
sabato 19 settembre 2015
Prosegue convegno UAE su tutela dei richiedenti asilo
Si
è aperto ieri -e prosegue oggi- il 1° Convegno della Delegazione Sicilia
Orientale dell'Unione Avvocati Europea "Libertà Sicurezza e Giustizia
nella tutela dei diritti dei richiedenti asilo". La prima giornata ha
visto l'apertura dei lavori e la presentazione del tema del convegno. Ad aprire
il convegno sono stati il Presidente della Delegazione U.A.E. Sicilia
Orientale, Claudio Fiume,il Sindaco di Catania Enzo Bianco che ha espresso
parole di reale apprezzamento nei confronti di un tema che oggi interessa la
città di Catania come l'intera Sicilia. Ha Commosso la visione di un filmato
sul dramma dell'immigrazione. Il Procuratore Generale della Repubblica presso
il Tribunale di Catania, Salvatore Scalia, è intervenuto definendo il convegno
“un momento di divulgazione e confronto di carattere giuridico pur trattandosi
di un problema politico”. Ha auspicato che il convegno possa fornire strumenti
utili per affrontare il momento successivo allo sbarco.
Ricordando
come al momento ci siano 2.024 richieste di protezione di rifugiati politici al Tribunale di Catania.
Presenti
anche il sindaco di Fiumefreddo di Sicilia, Marco Alosi, e il Presidente
provinciale della Croce Rossa di Catania, Stefano Principato.
Maurizio
Magnano Di San Lio, Vincenzo Ciraolo e Vito Cosentino hanno portato i saluti
degli ordini rispettivamente di Catania, Messina e Siracusa. La prima sessione
del Convegno ha trattato dell'evoluzione del diritto di asilo nell'Unione
Europea. La Prof.ssa
Catherine Whitol De Wenden, Direttrice del CNRS,ha
relazionato sull'evoluzione politica partendo dalla riunione straordinaria di
Tampere sino all'adozione del regolamento Dublino III.Paolo
Bargiacchi,professore di diritto internazionale all'università Kore di Enna ha
parlato dell'evoluzione giuridica dei regimi di protezione internazionale fra
esigenze di sicurezza dello Stato e tutela rafforzata dei diritti della persona
mentre il Prof.Giuseppe Di Chiara,Preside della facoltà di Scienze economiche e
giuridiche e professore di diritto processuale e penale all'università Kore di
Enna ha tenuto una lezione sul Diritto del mare in vigore dal 1994.Traffico di
migranti via mare,poteri di polizia nelle azioni di contrasto e tutela della
dignità della persona è stato l'argomento della dissertazione,in particolare
soffermandosi sul diritto di inseguimento in acque territoriali.Il prof.Di
Chiara ha spaziato anche nella letteratura citando sia il romanzo "Retablo" che uno
stralcio della premessa di una tesi di laurea di una sua studentessa: "Con
il sangue nel petto e il fiato spezzato saluto la terra del pianto[...]con il
buio nel petto e il volto straziato saluto la terra del pianto".
Abramo
Emiliano, presidente comunità Sant'Egidio, ha raccontato dell’inadeguatezza dei
centri di accoglienza richiedenti asilo.
Nel
secondo blocco del convegno è intervenuta per Amnesty International l’avvocato
Antonietta Petrosino.
La
Prof.ssa Agata Maria
Ciavola,ricercatrice di diritto processuale penale all'università Kore di Enna,ha
trattato dell'ingresso nel territorio
dello Stato e il rispetto dei diritti fondamentali mentre la dott.ssa Letizia
Palumbo ha relazionato sulle condizioni d'accoglienza nei confronti dei
richiedenti protezione internazionale soffermandosi sui Centri d'accoglienza
attenzionando il CARA di Mineo e il sistema dello SPRAR, programma
che sembrerebbe virtuoso in quanto nasce come progetto di integrazione col
territorio in realtà diventa inadeguato
per la criticità e l'inadeguatezza del sistema di accoglienza italiana.Non si
riscatta neanche quando si riceve una protezione internazionale in quanto non
vi sono reali misure volte ad inserire le persone nel tessuto socio-lavorativo.
Si è trattato anche il tema della strumentalizzazione dei media che aumentano la
paura della gente.
Il
Presidente della Delegazione della Sicilia Orientale dell’U.A.E., l’amico avv. Claudio
Fiume, ha dichiarato a fine giornata: “La prima giornata è stata ricca di
spunti e di interventi di alto livello tecnico giuridico.Ho apprezzato gli
interventi del sindaco della città di Catania Enzo bianco, del Procuratore Scalia e del Presidente del Tribunale Di
Marco che hanno reso il quadro delle difficoltà attraversate dalla magistratura
nell’attuale periodo di ingolfamento derivato dall’eccesso di ricorsi con cui
vengono impugnati i provvedimenti di rigetto delle richieste di protezione”.
Fiume
ha portato i saluti del Presidente dell U.A.E. Carlos Botelo Munitz coordinando
i lavori del convegno e gli interventi degli autorevoli relatori. Si è
registrato integralmente il convegno per cui si procederà alla pubblicazione
degli atti congressuali dopo la sintesi della tavola rotonda di oggi.
venerdì 18 settembre 2015
Over 80, il reato non si cancella
Il disegno di legge sulla revisione
del processo penale
regola il diritto alla riparazione
Reati
non più «cancellati» nel casellario giudiziario, se chi li ha commessi ha
superato gli 80 anni. E fari accesi sulla «ingiusta detenzione», perché ci sarà
una relazione (annuale) in parlamento sulle sentenze di riconoscimento del
diritto alla riparazione, dopo una carcerazione illecita. È proseguito ieri
l'esame, in aula alla camera, del disegno di legge di revisione del processo
penale (2798-A e Abb.); martedì 22 settembre verranno vagliate, fra le altre,
le modifiche delle norme sull'uso delle intercettazioni, contestate soprattutto
dal M5s, mentre il voto conclusivo, secondo quanto stabilito dalla conferenza
dei capigruppo di Montecitorio, si terrà la mattina successiva.
Dopo
essere stata messa a punto in commissione giustizia, è passata la correzione
che farà salire a un anno, dalla conclusione delle indagini, il tempo che il
pubblico ministero avrà a disposizione per esercitare l'azione penale (oppure
per chiedere l'archiviazione) per i reati di mafia e terrorismo; la nuova norma
prevede ora un termine ordinario di 3 mesi, prorogabile di altri 3 mesi per
inchieste di particolare complessità, e un termine di 12 mesi per mafia e
terrorismo, e il via libera a un subemendamento di Francesco Paolo Sisto (Fi)
ha specificato che, in caso di rinvio di 3 mesi, dovrà esserne informato il
procuratore della Repubblica (si veda ItaliaOggi del 16/09/2015).
E,
ha puntualizzato la presidente dell'organismo parlamentare Donatella Ferranti
(Pd), «non è che le indagini, in caso di mancato rispetto di tali tempi,
finiranno al macero, ma saranno avocate dal procuratore generale, che deciderà
se chiedere il rinvio a giudizio, o l'archiviazione».
I
deputati hanno poi aggiornato una «vecchia» norma del casellario giudiziario,
non più «compatibile», ha sottolineato Sofia Amoddio (Pd), con «l'allungamento
della vita»: il compimento degli 80 anni, o la morte, non comporteranno la
cancellazione delle condanne dal casellario giudiziario; l'emendamento, prima
firmataria Giulia Sarti (M5s), è stato approntato per recepire «la segnalazione
del procuratore nazionale antimafia Franco Roberti», che aveva denunciato in
commissione come, in virtù di questa «arcaica previsione», oggi i boss di «Cosa
nostra» Bernardo Provenzano e Totò Riina risultino «incensurati». A scomparire,
inoltre, la cosiddetta «rescissione del giudicato», ossia la possibilità per il
condannato o il sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in
giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata
del processo, di chiedere l'annullamento del verdetto, «qualora provi che
l'assenza è stata dovuta a un'incolpevole mancata conoscenza della celebrazione
del processo»; a subire così un colpo di spugna è l'articolo 625-ter del codice
di procedura penale, in base al quale, se accoglie la richiesta, la Corte di cassazione revoca
la sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice di primo grado.
A
conquistare, inoltre, le luci della ribalta, un fenomeno «trascurato, troppo
esteso, e per nulla fisiologico nel sistema processuale», come l'ha definito il
viceministro della giustizia, Enrico Costa: l'ingiusta detenzione, «che dal 1992 a oggi è toccata ad
almeno 24.000 persone (quelle che hanno richiesto e ottenuto la riparazione) ed
è costata allo stato 600 milioni di euro». La norma, votata da tutti i gruppi
parlamentari, dispone un rendiconto ogni anno in parlamento sulle «situazioni
di iniqua permanenza dietro le sbarre, che nei primi 7 mesi del 2015, con 772
indennizzi per un totale di 20.891.603,5 euro, fa addirittura registrare una
tendenza all'aumento di episodi e di pagamenti», ha concluso il numero due di
via Arenula.
Simona D'Alessio (da
Italia Oggi del 18.9.2015)
Mai inviare lettera a collega accusandolo di negligenza
Per le Sez. Unite Civili il professionista così viola
i doveri di dignità, probità, decoro e tolleranza
Cass. Sez. Unite Civili, sent. n.
18075/2015
Appare
legittima la sanzione dell'avvertimento comminata all'avvocato che invia alla
collega una comunicazione imputandole una serie di negligenze professionali
nell'attività difensiva svolta, senza il doveroso e preventivo accertamento del
ruolo rivestito da costei nella relativa vicenda giudiziaria ed utilizzando
toni minacciosi ed intimidatori.
Così
facendo, l'avvocato viene meno ai doveri di dignità, probità, decoro e
tolleranza.
Hanno
cosi stabilito i Giudici delle Sezioni Unite Civili con la sentenza n. 18075/15
sul ricorso proposto da un procuratore sottoposto alla sanzione disciplinare
dell'avvertimento da parte del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di
appartenenza, misura poi confermata dal Consiglio Nazionale Forense.
La
valutazione disciplinare è originata da una lettera dai toni e contenuti
"sopra le righe" inviata ad una collega, riguardante l'attività
difensiva da lei svolta (insieme ad altro collega) nei confronti di due coniugi
dei quali il professionista/ricorrente avrebbe poi assunto la difesa in un secondo
momento.
L'avvocato
lamenta che il CNF, come già il COA, non avesse fatto applicazione delle norme
deontologiche riguardanti il principio di autonomia dell'avvocato nella propria
attività professionale, nonché la violazione dell'art. 6 del codice
deontologico forense secondo cui l'avvocato che propone azioni giudiziarie non
è sanzionabile se non per malafede e colpa grave (ritenute da lui insussistenti
nel caso di specie).
Non
è così per i giudici della Suprema Corte che reputano inammissibili le censure
sollevate dall'avvocato, le quali non colgono la ratio decidenti a monte
dell'azione disciplinare.
L'incolpazione
di cui si discute, infatti, non pone in discussione l'autonomia dell'avvocato
nell'esercizio della propria attività professionale ne la proposizione di
un'azione giudiziaria nei confronti di una collega e neppure la fondatezza o
meno di tale azione.
Ciò
che si ascrive al professionista sono i toni, modi e contenuti della missiva,
tali da far ritenere che l'autore sia venuto meno ai propri doveri di dignità,
probità, decoro, nonché ai doveri di correttezza e lealtà che dovrebbero
caratterizzare il rapporto di colleganza.
Le
accuse rivolte alla collega appaiono, in aggiunta, dubbie ed avventate in
quanto costei non aveva curato l'intera pratica dei coniugi per la quale il
ricorrente lamenta la paventata negligenza.
Gli
stessi giudici disciplinari avevano circoscritto alla sola analisi della
lettera le ragioni dell'azione disciplinare, relegando il merito delle suddette
vicende sullo sfondo.
La Corte rigetta il ricorso.
Lucia Izzo (da
studiocataldi.it del 16.9.2015)
giovedì 17 settembre 2015
DA DOMANI CONVEGNO DELL’U.A.E., 13 CREDITI
“Libertà, sicurezza e giustizia nella
tutela
dei diritti dei richiedenti asilo"
Come
annunciato precedentemente su AGA News,
domani venerdì 18 e sabato 19 settembre il Monastero dei Benedettini di Catania
ospiterà il Convegno “Libertà, sicurezza
e giustizia nella tutela dei diritti dei richiedenti asilo", organizzato
dalla Delegazione Sicilia Orientale dell’Unione Avvocati Europei. I lavori
della prima giornata inizieranno alle 9:00 di venerdì 18 settembre.
L’Unione
degli Avvocati Europei è un’ associazione senza scopo di lucro con sede in
Lussemburgo, costituita nel 1986, che annovera oggi centinaia di membri fra gli
avvocati dell’U.E.
Tra
gli obiettivi principali dell’associazione vi è quello di promuovere la pratica
del Diritto Comunitario nonché del Diritto ai sensi della Convenzione Europea
per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali.
L’Associazione
organizza conferenze e seminari in tutti gli Stati membri dell’Unione che
mirano all’approfondimento di argomenti sensibili e di questioni che
interessano tutti i Paesi Membri.
Nell’ambito
di tale attività, la
Delegazione Sicilia Orientale, presieduta dall’Avv. Claudio
Fiume, coadiuvato dal proprio Comitato Esecutivo composto dagli avvocati: Livia
Gugliotta, Eleonora Nicotra, Enza Maniaci, David Cassaniti, Roberto Cosio e
Giampiero D’Agata, con l’autorevole supervisione dell’Avv. Francesco Maria
Samperi del Foro di Roma, Presidente d’onore U.A.E., ha pensato ad approfondire
un tema, oggi, di grande attualità e particolare delicatezza. L’argomento ha
attratto l’interesse di relatori di prestigio del panorama giuridico nazionale
ed internazionale ed ha già ottenuto il consenso di tre Università Siciliane,
dei Consigli dell’Ordine degli avvocati di Catania, Siracusa e Messina di
numerosi altri Enti che hanno già concesso il loro patrocinio.
Il
Convegno prevede l’ampia partecipazione di avvocati provenienti da tutti i
paesi degli stati membri che, per l’occasione, avranno modo di visitare Catania
e la sua incantevole Provincia. E’ prevista , infatti, la visita guidata del
Monastero dei Benedettini, quella del
territorio Ionico – Etneo e la degustazione di prodotti tipici. Sarà la
città di Catania ad accogliere la due giorni di studio e confronto, non a caso,
l’apertura dei lavori del Convegno è affidata al Sindaco di Catania, Enzo
Bianco.
L’evento
sarà altresì accreditato ai fini dell’attività formativa dai Consigli
dell’Ordine degli Avvocati di Catania e Messina con tredici crediti formativi.
Le novità nella legge delega sul Codice penale
Stretta su rapine, furti in casa e
scippi
Pene più alte per il voto di scambio
Mediazione sui benefici per gli
ergastolani
Ci
sono anche le pene minime più severe per furti, rapine e scippi nel disegno di
legge delega sul Codice penale che continua la sua marcia in aula alla Camera:
chi ruba, strappa una borsa per strada o si presenta con un`arma in una
tabaccheria avrà minori possibilità, se catturato e condannato, di usufruire di
quelle «porte girevoli» che nelle carceri regolano i flussi di entrata e
uscita.
Con
l`intervento chirurgico su pene e multe minime viene scardinato in parte il meccanismo algebrico delle circostanze
attenuanti e aggravanti, grazieal quale spesso si sottopone l`imputato a una
condanna senza però la certezza che sconti una pena in carcere.
Voto
di scambio
Il
giro c`è anche per il voto di scambio politico mafioso (416 ter) la cui pena
viene aumentata: da 4-10 anni a 6-12 anni. I grillini avrebbero voluto ampliare
le fattispecie riconducibili a questo reato (introdotto da poco) ma l`impianto
non è cambiato. Davide Ermini, responsabile Giustizia del Pd, ha ricordato il
giudizio positivo che il procuratore Nazionale antimafia, Franco Roberti, aveva
dato sull`inasprimento delle pene per il 416 ter. Meno lusinghieri sono stati i
giudizi del procuratore nazionale sull`allentamento dei bulloni nel meccanismo
penitenziario che attualmente nega ai detenuti più pericolosi l`accesso ai
benefici della legge Gozzini.
Ergastolani
Al
testo del governo - che abbatteva il divieto automatico per gli ergastolani
(articolo 4bis introdotto dopo le strage di capaci) - la commissione ha dovuto aggiungere
alcuni paletti, anche dopo un lungo confronto tra la presidente della
commissione Giustizia, Donatella Ferranti (Pd), e la grillina Giulia Sarti:
alla fine, il divieto automatico di accedere ai benefici rimane per mafiosi e
terroristi e per i «casi di eccezionale gravità e pericolosità specificamente
individuati» dal governo. Critico il procuratore Roberti che in audizione aveva
invitato il Parlamento a «riflettere attentamente» sulla modifica del regime
introdotto con il 4 bis. Dopo le ultime modifiche è però soddisfatta la
presidente Ferranti: «La riforma dell`ordinamento penitenziario non porterà
alcun beneficio agli ergastolani condannati per mafia e terrorismo».
Rinvio
a giudizio
I
procuratori della Repubblica alla fine l`hanno spuntata. E raddoppiato, anzi
quadruplicato nel caso di mafia e terrorismo, il numero dei mesi concesso ai pm
tra la chiusura indagini e la richiesta di rinvio a giudizio (o di
archiviazione). Il «tetto», che oggi non c`è lasciando ampia discrezionalità alle
priorità delle procure, sarà di tre mesi per tutti i reati (rinnovabile di
altri tre, per i casi complessi con molti imputati e con più parti lese, se
autorizzato dal Procuratore generale) mentre per mafia e terrorismo il pm avrà
fino a 12 mesi per il rinvio a giudizio. L`articolo 11, così riscritto, verrà
votato oggi.
Reati
estinti
Novità
anche per la riparazione del danno che può portare all`estinzione di reato
bagatellare: oggi il meccanismo risarcitorio vale solo nelle aule del giudice
di pace mentre con il ddl Orlando si estende anche ai reati a querela giudicati
in tribunale: «Così diamo attenzione alle persone offese consentendo loro di
ottenere effettivamente il risarcimento e la riparazione del danno subito»,
osserva Anna Rossomando (Pd). Polemico Andrea Colletti (M5S): «Da oggi
picchiare un politico potrebbe costare poco perché minacce, percosse e lesioni
vengono praticamente depenalizzate». Oggi la Camera vota anche la stretta sulle
intercettazioni: divieto di pubblicazione delle conversazioni relative a terzi
estranei e divieto di divulgare le intercettazioni fatte tra privati (fatto
salvo il diritto di difesa e quello di cronaca). Per il vice ministro Enrico
Costa «questo risultato è ampiamente soddisfacente».
Dino Martirano (da Il
Corriere della Sera del 17.9.2015)
mercoledì 16 settembre 2015
Danni morali non nei biologici, da liquidare autonomamente
Cass.
Sez. III Civ., Sent. 30.7.2015 n. 16197
La Corte di Cassazione, con Sentenza dello scorso 30 luglio,
ha ribadito che il danno morale, pur costituendo un pregiudizio non
patrimoniale al pari di quello biologico, non è ricompreso in quest’ultimo e va
liquidato autonomamente.
Nel
caso in esame, un giovane di 18 anni ha convenuto davanti al Tribunale di
Trieste la proprietaria di un autocarro che, omettendo di arrestarsi ad un
segnale di Stop, ha provocato lo scontro con l’automobile condotta dal ragazzo,
il quale ha riportato una invalidità permanente del 90% oltre a gravi danni
psichici.
Il
Tribunale ha liquidato una somma a favore della giovane vittima dell’infortunio
e, separatamente una somma a favore dei genitori del ragazzo.
Proposto
appello principale dai danneggiati e incidentale dalla compagnia assicuratrice,
la Corte
d’Appello ha ridotto la somma a favore dell’infortunato, riunendo in un’unica
voce i danni biologici ed i danni morali, ed aumentando la liquidazione del
danno a favore della madre.
A
tal proposito, i ricorrenti hanno ricorso in Cassazione lamentando che la Corte d’Appello avrebbe
violato il principio per cui il risarcimento dei danni non patrimoniali deve
essere integrale ed effettivo, nel capo in cui ha riassorbito il risarcimento
dei danni morali nella somma attribuita all’infortunato in risarcimento del
danno biologico: somma che ha ritenuto comprensiva di tutte le conseguenze non
patrimoniali delle lesioni, anziché procedere alla c.d. personalizzazione del
danno e del relativo compenso, sì da tenere conto, in aggiunta al danno
biologico, delle molteplici e dolorose limitazioni che le lesioni hanno
apportato alla sua vita affettiva e relazionale.
Sempre
i ricorrenti hanno sollevato analoghe censure quanto all’omessa liquidazione
dei danni esistenziali, consistenti nel grave pregiudizio arrecato dal sinistro
alle attività extralavorative, alla vita affettiva, alla sessualità, alla
perdita da parte dell’infortunato delle opportunità di costituirsi una famiglia
e delle conseguenti gratificazioni affettive.
La Corte di Cassazione ha, quindi, ribadito che il danno
morale, pur costituendo un pregiudizio non patrimoniale al pari di quello
biologico, non è ricompreso in quest’ultimo e va liquidato autonomamente, non
solo in forza di quanto normativamente stabilito dall’articolo 5, lettera e),
Decreto del Presidente della Repubblica del 3 marzo 2009, n. 37, ma in ragione
della differenza ontologica fra le due voci di danno, che corrispondono a due
momenti essenziali della sofferenza dell’individuo: il dolore interiore e la
significativa alterazione della vita quotidiana.
Pertanto,
la Cassazione
ha accolto il ricorso, ha cassato la sentenza impugnata in relazione alle
censure accolte ed ha rinviato la causa alla Corte di Appello di Trieste.
Francesca Russo (da
filodiritto.it del 10.9.2015)
martedì 15 settembre 2015
Casa all’ex convivente che vive coi figli, anche se non proprietario
Anche per le coppie di fatto rimane
valido
il criterio dell’assegnazione
dell’immobile
al genitore collocatario dei figli
minori
Così
come per le coppie sposate, anche nelle convivenze di fatto, in presenza di
figli minori nati dall’unione, la casa familiare è assegnata al genitore
collocatario, anche se lo stesso non è né proprietario dell’immobile, né
conduttore in virtù di un rapporto di locazione o comunque titolare di una
posizione giuridica qualificata rispetto all’immobile.
Non
solo, il diritto dell’ex compagno o compagna che vive con i figli prevale anche
sulla trascrizione dell’atto di compravendita della casa a un terzo acquirente,
antecedente all’assegnazione.
A
rilanciare i diritti delle coppie di fatto ci ha pensato la prima sezione
civile della Cassazione, con la sentenza n. 17971/2015 depositata l’11
settembre scorso, accogliendo il ricorso di una donna che viveva con i figli
avuti dall’ex compagno nell’immobile di proprietà di quest’ultimo e dallo
stesso venduto prima dell’assegnazione da parte del tribunale dei minori.
I
giudici di merito avevano dato ragione alla società immobiliare che chiedeva il
rilascio della casa, asseritamente occupata senza titolo dalla signora, ma i
giudici di piazza Cavour hanno ribaltato completamente il verdetto.
Ribadendo
l’importanza della convivenza more uxorio, i giudici della S.C. hanno affermato
infatti che il genitore con cui vivono i figli, "in virtù dell''affectio'
che costituisce il nucleo costituzionalmente protetto della relazione di
convivenza è comunque detentore qualificato dell'immobile ed esercita il
diritto di godimento su di esso in posizione del tutto assimilabile al
comodatario, anche quando proprietario esclusivo sia l'altro convivente".
Per
cui, l’assegnazione dell’immobile disposta dal tribunale dei minori è
opponibile anche al terzo acquirente, il quale, al momento della stipula del
contratto di compravendita, era certamente a conoscenza dello stato in cui si
trovava il bene, ossia dell’occupazione da parte della donna e dei suoi figli.
Marina Crisafi (da
studiocataldi.it del13.9.2015)
Arresti domiciliari esclusi in vista della condizionale
Misure cautelari. Vale il «pronostico»
del giudice
Il
giudice nel valutare l’esigenza delle misure cautelari deve considerare la
possibilità per l’imputato di ottenere la condizionale o una condanna inferiore
ai tre anni.
Se
in base al suo pronostico la toga ritiene possibile la concessione della
condizionale (articolo 163 del Codice penale) dovrà escludere il ricorso alle
misure cautelari, quando invece, a suo avviso, l’”asticella” della giustizia é
orientata verso una condanna non superiore ai tre anni il giudice potrà
limitarsi a dire no alla sola custodia in carcere. La Cassazione, con la
sentenza 36918 depositata ieri, fornisce i chiarimenti per una corretta lettura
dell’articolo 275, comma 2-bis del Codice di procedura penale, sul quale è
intervenuto il Dl 92/2014, convertito nella legge 117/2014. La nuova norma
sbarra la strada della custodia in carcere in tutti i casi in cui il giudice
prevede che alla fine del giudizio la pena resterà sotto la soglia dei 3 anni.
Un’indicazione
seguita dai giudici di merito che avevano sostituito la misura della custodia
cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, nei confronti di un imputato
accusato di aver prodotto fatture false finalizzate all’evasione fiscale
(articolo 8, Dlgs 74/2000).
Contro
la decisione dei giudici di merito aveva fatto ricorso l’imputato ritenendo
immotivata l’esigenza delle misure cautelari sebbene nella forma meno
restrittiva. Una conclusione raggiunta guardando al destino di un coimputato
per lo stesso reato al quale era stata concessa la condizionale dopo il
patteggiamento. A suo avviso il Tribunale della libertà avrebbe dovuto
prevedere gli effetti di una possibile pena concordata e del beneficio della
condizionale.
Per
la Suprema
corte però il giudice cautelare si è comportato in modo esemplare. La prognosi,
infatti, non deve basarsi su dati astratti ma sul caso concreto. L’impatto che
sull’esito finale del giudizio possono avere i riti alternativi non va
parametrato alla loro ipotetica praticabilità «ma ad elementi che ne facciano
ritenere la più che probabile fattibilità». Fermo restando - ricorda la Suprema corte - che il
pericolo di recidiva rende «infausta la prognosi della concedibilità della
sospensione condizionale». Nel caso esaminato il reato era stato contestato in
relazione a diverse annualità: una continuazione, che avrebbe con ogni
probabilità fatto lievitare la pena minima di un anno e sei mesi, allontanando
la possibilità del beneficio invocato.
Obiettivo
del legislatore non è lasciare impuniti i reati ma fare in modo che, a
procedimenti conclusi, l’imputato non sia in credito con la giustizia per
essere stato sottoposto durante il percorso processuale a restrizioni che non
era destinato a subire alla fine. Il tutto per un’errata valutazione del
giudice.
Patrizia Maciocchi (da
Il Sole 24 ore del 15.9.2015)
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