Cass.
Pen. Sez. Feriale, Sent. n. 34851/2015
È
comunque prospettabile un onere di allegazione, anche se nel diritto
processuale penale non è previsto a carico dell’imputato un onere probatorio
come nel processo civile.
L’esimente
delle difficoltà economiche non può essere invocata dal legale rappresentante
di una Srl che si sia limitato ad affermare in giudizio che la sua società era
fallita poiché, per poter ravvisare la causa di giustificazione della forza
maggiore, è necessaria la prova rigorosa che la violazione del precetto penale
è dipesa da un evento del tutto estraneo alla sfera di controllo del soggetto
agente. Lo ha affermato la Corte
di cassazione, con la sentenza 34851 del 4 agosto 2015.
I
fatti
La Corte d’appello di Perugia ha confermato la condanna
inflitta al signor X per avere violato l’articolo 10-ter del Dlgs 74/2000,
omettendo, nella sua veste di legale rappresentante di una Srl operante nel
settore dei trasporti, di versare l’Iva, relativa all’anno 2006, per un importo
superiore a 105mila euro.
Il
signor X ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, tra l’altro, manifesta
illogicità della motivazione della sentenza di secondo grado nella parte in cui
non teneva debitamente conto del fatto che la società del ricorrente era stata
dichiarata fallita. Tale circostanza dimostrava le difficoltà economiche
dell’imputato e, quindi, l’impossibilità di onorare il debito tributario.
Di
conseguenza, a parere del ricorrente, doveva essere pronunciata la sua
assoluzione per insussistenza dell’elemento psicologico del reato.
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché
generico e, comunque, manifestamente infondato.
In
particolare, i giudici di legittimità hanno affermato che “La tesi – sviluppata
nel primo motivo – delle difficoltà economiche che sarebbero state alla base
dell’inadempienza qui contestata era già stata sviluppata in modo assertivo e
del tutto generico nei motivi di appello sì che già la Corte di appello l’aveva disattesa
evidenziando l’assenza di qualsivoglia allegazione”.
Osservazioni
Con
riferimento alla crisi di liquidità dell’impresa, quale fattore in grado di
escludere la colpevolezza, la
Corte ha precisato che è necessario che siano assolti precisi
oneri di allegazione.
La
Cassazione, infatti,
ha chiarito che, nonostante nell’ordinamento processuale penale non sia
previsto a carico dell’imputato un onere probatorio modellato sui principi
propri del processo civile, è comunque prospettabile un onere di allegazione.
L’imputato,
cioè, è tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari
all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che, una volta riscontrati,
siano idonei a volgere il giudizio in suo favore (cfr Cassazione 20171/2013 e
10568/2015).
Tra
questi ultimi, i giudici di legittimità annoverano le cause di giustificazione
e, quindi, anche la forza maggiore (cfr Cassazione 20171/2013 e 7565/2015).
Nella
fattispecie sottoposta al suo vaglio, la Corte ha dato atto che il ricorrente aveva addotto
di essere in una seria e inevitabile difficoltà finanziaria, tale da impedirgli
di onorare i debiti prescritti con l’Erario.
Ha
ritenuto, tuttavia, non sufficiente evocare il semplice dato del fallimento,
poiché tale evento ben poteva dipendere da molteplici ragioni, tra le quali
l’incapacità gestionale dello stesso imputato.
Ha
concluso, quindi, che quest’ultimo non poteva invocare a propria discolpa un
comportamento a lui stesso addebitabile.
Ma
nulla ha detto della forza maggiore e neppure ha specificato quali siano gli
specifici oneri di allegazione.
Ha
escluso sì che le difficoltà economiche in cui versava il soggetto agente
potessero integrare la forza maggiore penalmente rilevante (cfr Cassazione
4529/2007, 24410/2011 e 18402/2013), ma non ha richiamato i propri precedenti
(cfr Cassazione 5905/2015) in cui aveva ricordato che l’esimente delle
difficoltà finanziarie non trova definizione specifica nell’articolo 45 del
codice penale.
La
disposizione, infatti, si limita a indicare la causa determinante della
condotta (“commesso il fatto per”) e postula l’individuazione di un fatto
imponderabile, imprevisto e imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta
dell’agente (cfr Cassazione 18402/2013), così da rendere ineluttabile il
verificarsi dell’evento, proveniente dalla natura o da fatto umano, che, di
conseguenza, non può in alcun modo ricollegarsi a un’azione o ad un’omissione
cosciente e volontaria dell’agente (cfr Cassazione 27113/2015).
Né
la Corte ha
ribadito che tali affermazioni hanno per corollario che, nei reati omissivi,
integra la causa di forza maggiore l’assoluta impossibilità e non la semplice
difficoltà di porre in essere il comportamento omesso (cfr Cassazione
10116/1990 e 25317/2015).
E
neppure che l’imputato, per escludere la propria colpevolezza, deve fornire
prova idonea a dimostrare che la violazione del precetto penale è dipesa da un
evento “decisivo” del tutto estraneo alla sua sfera di controllo (ad esempio,
il fallimento dell’unico cliente del contribuente può causare indirettamente
l’omissione del versamento d’imposta dovuto – cfr Cassazione 40394/2014).
La Corte, infatti, si è fermata solo a constatare la mancata
allegazione di prove da parte del contribuente, senza ribadire che i precisi
oneri di allegazione devono investire sia l’aspetto della non imputabilità al
contribuente della crisi economica che improvvisamente ha investito l’azienda,
sia la circostanza che la stessa crisi non poteva essere adeguatamente
fronteggiata tramite il ricorso a idonee misure da valutarsi in concreto.
Probabilmente
perché costituisce ormai principio consolidato di legittimità che, per invocare
l’esimente della forza maggiore, occorre la prova che non sia stato altrimenti
possibile per il contribuente reperire le risorse economiche e finanziarie
necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni
tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche
sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di
recuperare le somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi
riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili (cfr
Cassazione 5905/2014, 15416/2014, 5467/2013 e 25317/2015).
In
conclusione, la Corte
non ha escluso la colpevolezza del legale rappresentante della Srl ritenendo
comunque sussistente la volontarietà della sua condotta (diversamente da un
precedente nel quale, comunque, il soggetto passivo d’imposta aveva provato di
aver commesso il reato solo per le sue precarie condizioni economiche, determinate
da eventi eccezionali e di rilevanti dimensioni – cfr Cassazione 37301/2014).
Romina Morrone (da
fiscooggi.it)