Ok del Consiglio di Stato al decreto
ministeriale sull’effettivo
svolgimento della professione dopo il
parere positivo del CNF
Non
ci sono più ostacoli all’approvazione definitiva del regolamento ministeriale
per l’accertamento dell’effettivo svolgimento della professione forense, che ha
ricevuto nei giorni scorsi anche il via libera del Consiglio di Stato dopo il
placet del Cnf di luglio.
Un
sì condizionato, quello del Consiglio Nazionale Forense, che dagli 8 requisiti
essenziali, indicati nella bozza iniziale (leggi "Niente più avvocati
"a tempo perso". Ecco le future regole per l’esercizio della
professione"), aveva chiesto l’eliminazione della cancellazione dell’albo
per chi non era in regola con i pagamenti alla Cassa Forense o con i contributi
al Consiglio dell’ordine, oltre alla possibilità di provare “con ogni mezzo”
l’esercizio continuativo abituale ed effettivo della professione (considerando
“presuntivi” e non assoluti i requisiti previsti dal regolamento) e tempi più
ragionevoli a disposizione degli avvocati per l’eventuale “sanatoria”
finalizzata ad evitare la cancellazione dall’albo.
Ora,
come emerge dal documento che ha avuto via libera nell’adunanza del 27 agosto
scorso, il giudice amministrativo indica chiaramente tra i requisiti: - la
titolarità di una partita Iva attiva (individuale, di società o associazione
professionale di cui il professionista faccia parte); - l’avere in uso locali e
(almeno) un’utenza telefonica destinati allo svolgimento dell’attività
professionale, anche esercitata in forma associata.
Vengono
conservati, altresì: la trattazione di almeno cinque affari l’anno
(ricomprendendovi sia l’attività giudiziale che quella stragiudiziale);
l’assolvimento degli obblighi di aggiornamento professionale e la stipula di
una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante
dall’esercizio della professione.
La
verifica dell’esercizio “effettivo, continuativo, abituale e prevalente” della
professione forense, richiesto dall’art. 21 della legge n. 247/2012, si
ricorda, non riguarderà i giovani avvocati: nello schema, infatti, è disposto
che per i primi cinque anni dall’iscrizione all’albo non verranno effettuati i
controlli.
Marina Crisafi (da
studiocataldi.it dell’8.9.2015)