Cass. Civ. Sez. VI n. 10048 del
19.6.2012
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
E'
stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
"1.
Con sentenza depositata il 7.01.2010 il Tribunale di Verona, sez. distaccata di
Soave, ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Soave di rigetto della
domanda proposta dall'avv. F.G. nei confronti di P.A. per il pagamento di
prestazioni professionali e ha condannato l'appellante al pagamento delle
ulteriori spese processuali.
Il
Tribunale ha ritenuto che, correttamente, fosse stata accolta dal Giudice di
pace l'eccezione di prescrizione presuntiva, non ostandovi la circostanza,
allegata dal P. nella comparsa di risposta, dell'avvenuto saldo della posizione
debitoria nei riguardi dell'appellante.
2.
Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione l'avv. F.G.
formulando due motivi.
P.A.
ha resistito con controricorso.
3.
Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli
artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., per essere rigettato, risultando al limite
dell'ammissibilità e, comunque, manifestamente infondato.
4.
Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione o, quantomeno, falsa
applicazione delle norme sulle obbligazioni in generale di cui al codice civile
(art. 1176 e segg.) e in particolare degli artt. 1218, 1188, 1189, 1277 e 1182
c.c.. Al riguardo il ricorrente - premesso che, nel primo grado del giudizio,
il P. aveva asserito di avere provveduto al pagamento delle prestazioni
professionali all'avv. V. che all'epoca dei fatti era stretto collaboratore e
faceva parte dello studio F.", indicando, peraltro, la somma corrisposta
in misura superiore a quella dovuta - deduce che, nella fattispecie descritta,
non sussistevano i presupposti per ritenere estinta l'obbligazione, atteso che
il pagamento andava effettuato in misura corrispondente al dovuto, nelle mani
del creditore e al suo domicilio ovvero al suo rappresentante o incaricato
(salva la prova, che nella specie non risulterebbe assolta, del pagamento in
buona fede all'apparente creditore).
4.1.
La censura - ponendo in contestazione la capacità dell'indicato collaboratore
di ricevere il corrispettivo per conto del F. - propone una questione del tutto
nuova, basata su elementi di fatto non dedotti nè altrimenti valutati in
secondo grado, per cui deve essere dichiarata inammissibile, secondo il
principio assolutamente pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, per cui
i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di
inammissibilità, statuizioni e questioni che abbiano formato oggetto del
giudizio di merito, restando escluso, pertanto, che in sede di legittimità
possano essere prospettate questioni nuove o nuovi temi di contestazione involgenti
accertamenti di fatto non compiuti, perchè non richiesti, in sede di merito
(Cass. 6 giugno 2000, nn. 7583 e 7579).
Inoltre,
si osserva, che ove una determinata questione giuridica - che implichi un
accertamento di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella sentenza
impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità,
al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura,
ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione innanzi al
giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente
lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis
la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione
stessa (Cass. 12 settembre 2000, n. 12025, nonchè Cass. 9 aprile 2001, n. 5255,
specie - in motivazione).
Valga
considerare che, nella fattispecie, il motivo si rivela assolutamente
eccentrico rispetto alle ragioni della decisione che si basano sul rilevo che
l'operatività della presunzione di pagamento, sottesa alla prescrizione, non
fosse contrastata dalla riferita allegazione difensiva, siccome risolventesi
nella conferma da parte del P. di avere integralmente saldato la prestazione
debitoria nei confronti dell'appellante. Orbene non è contestato - come avrebbe
dovuto essere sotto il
profilo
motivazionale ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5 - l'assunto che l'allegato
pagamento fosse riferibile al rapporto tra le parti in causa; mentre le censure
in diritto si rivelano un'obliqua forma di contestazione del risultato cui è
pervenuta la decisione impugnata attraverso la contestazione di circostanze
fattuali (rapporto di collaborazione dell'avv. V. con lo studio F., correlativa
capacità di questi a riceversi il pagamento per conto del collega di studio o,
almeno, apparenza di tale situazione) che risultano inammissibilmente poste in
discussione, in termini peraltro generici, solo nel presente ricorso.
5.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione
delle norme sulla prescrizione presuntiva, in particolare artt. 2959 e 2956
c.c..
5.1.
Il motivo è per una parte inammissibile, per altra manifestamente infondato.
Invero
il motivo si rivela ripentivo del precedente, incorrendo nel medesimo rilievo di
inammissibilità, per la parte in cui assume come presupposto che vi sia stata
un'implicita ammissione da parte del P. della non estinzione dell'obbligazione,
a fronte della diversa ricostruzione dell'impianto argomentativo
dell'appellato, come effettuata dal giudici di appello, in termini non
censurati sotto il profilo motivazionale.
Inoltre
- mentre va evidenziato che la sentenza di questa Corte n. 3186 del 2003
richiamata in ricorso non è pertinente al caso concreto (riguardando un caso in
cui non era in contestazione l'implicita ammissione della non estinzione
dell'obbligazione, desunta dal tribunale dal fatto che il convenuto aveva
dedotto di avere conferito l'incarico ad un tecnico diverso dall'attore e di
avere versato a costui il corrispettivo) - si osserva che il Tribunale ha fatto
corretta applicazione del principio pacifico nella giurisprudenza di questa
Corte, secondo cui l'eccezione di estinzione comunque intervenuta del debito,
al pari di quella dell'effettuato integrale pagamento, non siano incompatibili
con l'eccezione di verificatasi prescrizione presuntiva (Cass. 23 marzo 2004,
n. 5753, 9 agosto 2001 n. 10998; 13 marzo 1999 n. 2257; 27 gennaio 1998 n. 785;
17 gennaio 1994 n. 362).
6.
La decisione impugnata resiste, in definitiva, alle critiche formulate da parte
ricorrente".
A
seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il
Collegio - esaminati i rilievi contenuti nella memoria di parte ricorrente che
non hanno evidenziato profili tali da condurre ad una decisione diversa da
quella prospettata nella relazione - ha condiviso i motivi in fatto ed in
diritto esposti nella relazione stessa.
In
conclusione il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità,
liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al
rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 800,00 (di
cui Euro 200,00 per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per
legge.
(Da diritto.it del
5.7.2012)