Conclusioni
in chiaroscuro per la disciplina tricolore della conciliazione obbligatoria.
A
trarle è la commissione europea nella memoria consegnata alla Corte di
giustizia in vista del verdetto che dovrà verificare la compatibilità del
decreto legislativo 28 del 2010 con le direttive comunitarie.
Così,
il sistema di mediazione delineato dalla legislazione italiana è censurato
nella parte in cui «prevede che il mediatore possa e, a volte, debba, senza che
le parti possano opporvisi, formulare una proposta di conciliazione che le
parti sono indotte ad accettare per evitare di incorrere in determinate
sanzioni economiche».
Un
sistema che non permette alle parti di esercitare il diritto di decidere
liberamente quando chiudere il procedimento di conciliazione e che, alla
commissione, non appare in linea con la ricerca consensuale dell'accordo di
mediazione.
Avere
previsto delle sanzioni economiche (che per la commissione sono rappresentate
dall'esclusione dalla ripetizione delle spese processuale sostenute dalla parte
vincitrice che ha rifiutato la proposta del mediatore, nella sua condanna al
rimborso di quelle sostenute dalla parte soccombente, dalla condanna al pagamento
di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio) in grado di
incidere sulla libertà delle parti di mettere fine in qualsiasi momento al
procedimento di conciliazione ha come effetto quello di limitare in maniera
sproporzionata l'esercizio del diritto di accesso al giudice.
Perplessità
anche per quanto riguarda il versante dei costi, dove le spese per il
procedimento di conciliazione potrebbero essere superiori a quelle per il
giudizio in tribunale. Toccherà però al giudice stabilire caso per caso se i
costi di una mediazione sono tali da essere sproporzionati rispetto
all'obiettivo di una composizione più economica delle controversie.
Tutte
osservazioni accolte con favore dal presidente dell'Oua Maurizio de Tilla
perché minano alla radice aspetti chiave della disciplina nazionale. Tuttavia la Commissione sottolinea
come invece non sono in contrasto con le disposizioni comunitarie le misure che
sanzionano la parte che rimane contumace con la possibilità per il giudice
intervenuto successivamente di trarre argomenti di prova dalla mancata
partecipazione.
Promosso
poi, ma solo quello, il pagamento punitivo del contributo unificato. Come pure
non appare censurabile la previsione di un periodo di quattro mesi per lo
svolgimento del tentativo di mediazione. Una misura che non appare alla
commissione tale da comportare un ritardo nell'introduzione e nella definizione
di un successivo giudizio. Spetta però al giudice nazionale, anche in questo
caso, valutare in ogni singolo caso quando il ritardo (eventuale) può portare
alla compressione del diritto di accesso alla giurisdizione.
Giovanni Negri (da il
sole24ore.com del 12.7.2012)