venerdì 27 luglio 2012

Limite di critica all’operato del dipendente


Trib. Catanzaro, sez. II civ., sent. 21.5.2012 n° 1734

Fino a dove può  estendersi il diritto di critica del datore di lavoro nei confronti del dipendente? E’ questo il quesito a cui offre pronta risposta il Tribunale di Catanzaro, sez. II civile, con la sentenza 21 maggio 2012, n. 1734.
Infatti, secondo il giudice di merito, in una società democratica - cui è connaturata la possibilità di scambiarsi opinioni -, deve essere garantito il diritto di svolgere, anche pubblicamente, valutazioni e critiche dell’operato altrui (anche del lavoratore), a patto che tale critica rispetti i limiti di continenza e non travalichi in una gratuita degradazione della persona oggetto di censura.
Nel caso di specie -  in cui sono parti in causa due dirigenti e una dipendente della Regione - , l’attrice contesta il contenuto di due e-mail inviatele dai dirigenti, ritenendole ingiuriose e diffamatorie, violando e ledendo la sua professionalità.
Il giudice adito, al contrario, ha ritenuto che le due missive non abbiano avuto alcun contenuto offensivo, essendo dirette a criticare la condotta non collaborativa della lavoratrice, prefigurandone la finalizzazione a disconoscere il ruolo e l’autorevolezza del dirigente. Decisiva, in questo senso, appare la constatazione da parte del giudice che le censure mosse alla dipendente sono rivolte alla condotta tenuta dalla stessa nel contesto lavorativo e non alle qualità morali di questa.
Come si legge nella sentenza, è evidente che sia spiacevole subire critiche in particolare se esse siano provenienti dal datore di lavoro o dal dirigente e se attengano alla prestazione lavorativa; ed è altrettanto notorio che la sensibilità del destinatario della censura può rimanere scalfita. Tuttavia, ciò non può significare che qualunque affermazione critica idonea a colpire l’amor proprio del lavoratore configuri illecito penalmente sanzionabile e civilmente risarcibile.
In buona sostanza, non superando i limiti della continenza le critiche mosse alla dipendente, secondo il Tribunale non è possibile ravvisarne i contorni ingiuriosi e diffamatori lamentati dall’attrice. Da qui il rigetto della richiesta di risarcimento avanzata dalla dipendente e la condanna al pagamento delle spese processuali.

(Da Altalex del 3.7.2012. Nota di Alessandro Ferretti)