Cass.
civile, sez. III, sent. 11.6.2012 n° 9445
Un
avvocato, nonostante la vittoriosa opposizione ad una cartella di pagamento
relativa a pregresse sanzioni amministrative, si vedeva notificare un avviso di
mora da parte dell’ente creditore e dell’agente riscossore, ai quali
prontamente inviava copia della sentenza che aveva annullato l’atto di
intimazione di pagamento, chiedendo altresì l’annullamento in autotutela
dell’indebito avviso di mora, con diffida ad astenersi dal compiere atti di
esecuzione forzata.
Tuttavia
veniva attivata la procedura di esecuzione forzata nei confronti dell’avvocato,
il quale subiva pignoramento mobiliare presso la sede del proprio studio
legale.
A
questo punto, lo sfortunato professionista conveniva in giudizio ente creditore
e agente riscossore chiedendo il risarcimento del danno non patrimoniale subito
per effetto delle operazioni del pignoramento, avvenuto peraltro davanti alla
figlia, ad una collega ed alla segretaria.
Il
danno non patrimoniale derivante da un fatto illecito astrattamente
configurabile come reato: il danno morale prodotto dall’omissione d’atti
d’ufficio
Nel
caso di specie il pregiudizio non patrimoniale posto a fondamento della domanda
di risarcimento è rappresentato dal danno morale prodotto da un fatto di reato
astrattamente configurabile, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2059
c.c. e 185 c.p..
Secondo
la prospettazione operata dal ricorrente, infatti, la condotta dell’ente
impositore e dell’agente di riscossione, consistente nell’inerzia tenuta a
fronte dell’istanza di annullamento dell’ingiustificato avviso di mora,
integrerebbe gli estremi del reato di omissione d’atti d’ufficio disciplinato
dal secondo comma dell’art. 328 c.p..
Secondo
la formulazione vigente di detta norma, risponde del reato di omissione d’atti
d’ufficio il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che
entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto
del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo.
Il
modus operandi nell’accertamento giudiziale della responsabilità per danno non
patrimoniale derivante da fatto astrattamente costitutivo di reato
La
Suprema Corte, nella
pronuncia in commento, ha censurato l’iter logico-giuridico percorso dai
Giudici della fase del merito nell’accertamento degli elementi costitutivi
della responsabilità risarcitoria dell’ente creditore e del riscossore: in
particolare, nel secondo grado di giudizio, la Corte territoriale, senza operare il doveroso
preliminare accertamento circa l’astratta configurabilità della fattispecie di
reato nella condotta dell’ente creditore e dell’agente riscossore, aveva
escluso la risarcibilità del danno non patrimoniale (sub specie di danno morale)
ritenendo non sussistente – alla luce delle prove raccolte – la lesione di un
diritto della personalità costituzionalmente rilevante (diritto all’immagine),
con conseguente esclusione del danno.
Al
contrario, secondo i Giudici di Piazza Cavour, “quando il fatto illecito sia
astrattamente configurabile come reato, la vittima avrà astrattamente diritto
al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di
qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorché privo di
rilevanza costituzionale, costituendo la tutela penale sicuro indice di
rilevanza dell’interesse leso”.
Da
ciò la Corte
ricava i seguenti principi:
quando
è prospettato un illecito, astrattamente riconducibile a fattispecie penalmente
rilevanti, per il quale la risarcibilità del danno non patrimoniale è
espressamente prevista dalla legge, ai sensi degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p.,
spetta al giudice accertare, incindenter tantum e secondo la legge penale, la
sussistenza degli elementi costitutivi del reato, indipendentemente dalla norma
penale cui l’attore riconduce la fattispecie;
l’accertamento
circa la astratta configurabilità di un reato è logicamente preliminare
all’indagine sull’esistenza di un diritto leso di rilievo costituzionale, cui
sia eventualmente ricollegabile il risarcimento del danno non patrimoniale,
secondo l’interpretazione pretoria costituzionalmente orientata dell’art. 2059
c.c.;
di
conseguenza l’accertamento circa la sussistenza di un diritto leso di rilievo
costituzionale va effettuata solo dopo l’esclusione dell’astratta
configurabilità di un reato;
l’indagine
in ordine alla sussistenza in concreto (prova) del pregiudizio patito dal
titolare dell’interesse tutelato è subordinata all’accertamento circa
l’astratta riconducibilità della condotta del danneggiante ad una fattispecie
criminosa, o, qualora questa sia stata preliminarmente esclusa,
all’accertamento circa la lesione di un diritto di rilievo costituzionale.
(Da Altalex del
9.7.2012. Nota di Filippo Di Camillo)