Tar Lazio Sez. II, Sent. n. 1819 del
22.2.2012
La
normativa sulla responsabilità aquiliana ha la funzione di riparazione del
danno ingiusto
cioè
del danno che l’ordinamento non può tollerare rimanga a carico della vittima,
ma che va trasferito sull’autore del fatto in quanto lesivo di interessi
giuridicamente rilevanti quale che sia la loro qualificazione formale.
Di
talché, come evidenziato a partire dalla “storica” sentenza delle Sezioni Unite
Civili della Corte di Cassazione n. 500/1999, ai fini della responsabilità
della pubblica amministrazione, non assume rilievo determinante la
qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto, poiché
la tutela risarcitoria è assicurata solo in relazione all’ingiustizia del
danno, che costituisce fattispecie autonoma, contrassegnata dalla lesione di un
interesse giuridicamente rilevante.
Il
rilievo centrale, quindi, è assunto dal danno, del quale è previsto il
risarcimento qualora sia ingiusto, per cui la lesione dell’interesse legittimo
è condizione necessaria ma non sufficiente per accedere alla tutela
risarcitoria ex art. 2043 c.c. in quanto occorre altresì che risulti leso, per
effetto dell’attività illegittima e colpevole dell’amministrazione pubblica,
l’interesse al bene della vita al quale, secondo il concreto atteggiarsi del
suo contenuto, l’interesse legittimo effettivamente si collega.
E’
soltanto la lesione al bene della vita, infatti, che qualifica in termini di
“ingiustizia” il danno derivante
dal
provvedimento illegittimo e colpevole dell’amministrazione e lo rende
risarcibile e l’obbligazione risarcitoria, conseguentemente, dipende dalla
verifica della sostanziale spettanza del bene della vita ed implica un giudizio
prognostico.
La
pretesa al risarcimento del danno ingiusto derivante dalla lesione
dell’interesse legittimo, insomma, si fonda su una lettura dell’art. 2043 c.c.
che riferisce il carattere dell’ingiustizia al danno e non alla condotta, di
modo che presupposto essenziale della responsabilità non è la condotta colposa,
ma l’evento dannoso che ingiustamente lede una situazione soggettiva protetta
dall’ordinamento ed affinché la lesione possa essere considerata ingiusta è
necessario verificare attraverso un giudizio prognostico se, a seguito del
corretto agire dell’amministrazione, il bene della vita sarebbe effettivamente
spettato al titolare dell’interesse (cfr., ex plurimis, Cass. Civ., III, 3
settembre 2007, n. 18511, che richiama una cospicua giurisprudenza).
Nella
fattispecie in esame, il giudizio prognostico porterebbe comunque ad escludere,
seguendo proprio il percorso argomentativo sviluppato dal ricorrente, che
l’aggiudicazione potesse legittimamente avvenire in suo favore.
non
potendo Il Ricorrente, anche volendo seguire la sua prospettazione, conseguire
il bene della vita agognato, l’assenza del carattere di “ingiustizia” del danno
e la conseguente reiezione della domanda risarcitoria pure nell’ipotesi in cui
l’offerta di Splendor fosse da considerare effettivamente incongrua.
Sonia Lazzini (da
diritto.it del 25.7.2012)