Con
il parere n. 3126/2012, il Consiglio di Stato ha esaminato lo schema di
«Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da
parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni
regolamentate vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 9
del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 convertito con modificazioni dalla
legge 24 marzo 2012, n. 27».
Nel
disporre l’abrogazione delle tariffe delle professioni regolamentate nel
sistema ordini stico, l’art. 9 del d.l. sulle liberalizzazioni ha dato mandato
al Ministro della giustizia di stabilire i parametri entro 120 giorni dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione del dl 1/2012. Tale
termine scade il prossimo 26 luglio prossimo. Inoltre, sempre entro questo
termine, i Ministeri - della giustizia e delle finanze, dovranno anche fissare
i parametri per oneri e contribuzioni alle casse professionali e agli archivi
precedentemente basati sulle tariffe, al fine di salvaguardare l'equilibrio
finanziario, anche di lungo periodo, delle casse previdenziali professionali.
Parametro diverso da tariffa. In particolare, nella relazione di accompagnamento
allo schema di regolamento, il Ministero della giustizia ha chiarito che il
parametro al quale l’organo giurisdizionale si rapporta in sede di liquidazione
è profondamente diverso dalla tariffa, con la quale non deve essere confuso,
avvertendo l’esigenza che tali nuovi parametri non debbano «prestarsi a fungere
da tariffa mascherata». Ed è proprio al fine di evitare tale rischio che il
Consiglio di Stato interviene con il parere in esame.
In
particolare, secondo il giudice amministrativo, con riferimento al contenuto
dell’art. 9, comma 4, (penultimo periodo), d.l. n. 1/2012, il quale a proposito
della misura del compenso dispone che «va pattuita indicando per le singole
prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi»,
non appare convincente la relazione ministeriale secondo cui la locuzione di
compenso sarebbe stata utilizzata in senso improprio, solo al fine di indurre a
formulazioni chiare e compiute del preventivo. Di conseguenza, appare
preferibile precisare che il compenso è unitario e omnicomprensivo e comprende
anche le spese, ferma restando la possibilità di indicarle in modo distinto
come componente del compenso stesso.
Preventivo obbligatorio. Altra precisazione riguarda l’obbligo per il
professionista di presentare al cliente il preventivo (art. 9, comma 4, d.l. n.
1/2012). Tale importante innovazione, rileva il Collegio, è diretta a rendere
chiaro fin dall’inizio nel rapporto tra professionista e cliente il
corrispettivo per l’attività da svolgere, seppur attraverso un preventivo di
massima. E ciò, soprattutto in relazione al fatto che «Nel caso in cui non si
giunga poi ad un accordo tra le parti sulla misura del compenso o lo stesso
debba comunque essere liquidato dal giudice, appare rilevante che il giudice
sia posto in grado di sapere se il preventivo di massima è stato reso al
cliente come prevede la norma e il contenuto dello stesso». In sostanza, va
stabilito che l’assenza di prova sull’aver fornito il preventivo di massima,
costituisce elemento di valutazione negativa da parte del giudice al fine della
riduzione del compenso da liquidare.
Incentivi per un processo rapido. Inoltre, il Collegio precisa che « la maggiore o
minore durata del processo non è elemento nella piena disponibilità del
professionista, dipendendo in gran parte dall’autorità giudiziaria; tuttavia,
[…] il professionista era disincentivato ad ottenere un giudizio più rapido,
risultando in questo caso inferiore il suo compenso determinato sulla base
delle tariffe. Ne deriva che l’eliminazione del sistema tariffario impone di
inserire nel regolamento una disposizione di carattere premiale (aumento del
compenso) in caso di rapidità del giudizio, dipendente da scelte processuali
dell’avvocato (ad esempio, consenso o richiesta di riti accelerati o rispetto
del principio di sinteticità nella redazione degli atti) e di una disposizione
penalizzante, in caso di condotta opposta di ostacolo alla accelerazione del
giudizio. Ma non è tutto.
Il
Consiglio di Stato suggerisce anche la disposizione da inserire nel regolamento:
«Qualora l’avvocato ottenga la celere conclusione del giudizio anche grazie
alla propria attività, consistente ad esempio nel consenso o nella richiesta di
riti accelerati o nel rispetto del principio di sinteticità degli atti, il
compenso può essere aumentato fino al 50%; il compenso può invece essere
ridotto in caso di condotta del professionista contraria alla celere
definizione del giudizio».
(Da avvocati.it del
16.7.2012)