lunedì 9 novembre 2015

Per gli avvocati in arrivo 18 specializzazioni

Non più solo la toga. Solo diversificando i settori di attività, e quindi facendo della specializzazione un fiore all’occhiello, gli avvocati riusciranno a uscire indenni (o quasi) dalla crisi. Oggi gli iscritti alla Cassa di previdenza sono saliti oltre quota 223mila, l’esame per l’accesso all’albo è ogni anno affollato, la conseguenza è una concorrenza agguerrita a danno di molti. Non è un caso, rileva la Cassa di previdenza, che molti professionisti non più in grado di pagare i contributi previdenziali minimi (circa 2mila euro l’anno), siano stati costretti ad autosospendersi dall’ordine per congelare il pagamento dei contributi previdenziali obbligatori.
Crisi a parte, la responsabilità - dicono gli addetti ai lavori - è in parte anche della stessa avvocatura. Secondo i numeri del primo rapporto Censis sulla professione, infatti, il 70% degli avvocati resta ancorato al classico studio singolo, si occupa solo di attività giurisdizionale e non considera attività diverse come quella di consulenza (svolta dal 30%), di mediazione o di arbitrato (5%). Così come non è stata capace di guardare oltre alle tradizionali materie: solo il 3% di legali si occupa di diritto societario e l’1% in diritto internazionale.

«Ora dobbiamo adeguarci al mercato - ha spiegato il presidente di Cassa forense, Nunzio Luciano - e possiamo farlo in due modi: specializzandoci e associandoci. Ecco perché come Cassa di previdenza abbiamo lanciato un’iniziativa per formare mille giovani avvocati di tutta Italia in tre materie di sviluppo per la professione: il diritto fallimentare, la negoziazione assistita e la legge 231. Bisogna creare una selezione di qualità attraverso la specializzazione: penso al diritto europeo, a quello internazionale fino al diritto tributario. Tanti filoni che, per la loro peculiarità, sono lasciati troppo spesso ai grandi studi internazionali».

Dunque addio all’avvocato tuttofare, d’ora in poi sarà la specializzazione a disegnare il professionista del futuro. Con nuove regole già scritte nel decreto ministeriale (144/2015, di attuazione della legge di riforma forense 247/12) da seguire per chi vuole fregiarsi del titolo di specialista. Diciotto le aree di specializzazione individuate dal decreto: dal diritto di famiglia alla proprietà, dal diritto industriale a quello fallimentare fino al diritto dell’Unione europea.

Una spinta alla specializzazione assecondata anche dall’annunciato restyling dei futuri corsi di laurea in giurisprudenza, fermi dal 2005 al ciclo unico di cinque anni. Due le strade per la futura formazione accademica: da una parte con un tradizionale modello del “3+2” in cui scenderà il numero dei crediti formativi vincolati dalle previsioni nazionali e si creeranno ambiti più ampi all’interno dei quali lo studente potrà costruire il proprio percorso di studi, dall’altra con un modello del “4+1” finalizzato all’iscrizione agli albi professionali appunto, con un numero programmato previsto per l’ultimo anno.


Benedetta Pacelli (da Il Sole 24 Ore del 9.11.2015)