giovedì 12 novembre 2015

Avvocati, l'esame di Stato diventa telematico

Avvocatura, lavori in corso. Perenni. Da più di tre anni il mondo forense vive di continue «rivoluzioni»: dalla riforma delle professioni alla legge di categoria (attesa da più di cinquant'anni) sono tanti i cantieri aperti e pochi quelli che si sono conclusi.
L'accesso alla professione per esempio è qualcosa di simile alla Salerno-Reggio Calabria, un lavorìo continuo tra veti e proposte. Attualmente gli avvocati sono in attesa dei decreti attuativi che disciplinino il percorso universitario (che dovrebbe comprendere anche parte del tirocinio). E poi è in approvazione in Parlamento la proposta di modifica dell'Esame di Stato: una versione 2.0 pensata per evitare brogli e ingiustizie. A controllare tutto, direttamente da Via Arenula (presso il ministero della Giustizia), ci sarà un sistema informatico che estrarrà a sorte i quesiti da sottoporre al candidato. Questa sorta di entità (qualcosa di simile ad «Hal», il supercomputer di Odissea 2001 nello spazio) deciderà anche le domande per l'esame orale. Un sistema che possa equiparare le difficoltà nelle varie sedi in cui si svolge l'esame. Qualcosa che impedisca fenomeni noti: a Potenza tutti promossi, a Napoli passa il 99% dei candidati e a Milano e Torino i promossi superano di poco il 60%.

Un sistema telematico di equità ma anche un freno all'ondata di iscritti all'Albo. Gli avvocati ormai stanno per toccare quota 250 mila, sono troppi e il mercato non riesce ad assorbirli. Qualcuno ha pensato di decimarli basandosi sul guadagno e mettendo fuori dall'Albo chi dichiara redditi troppo bassi. Qualcun altro pensa a soluzioni più in linea coi tempi. In Inghilterra per esempio i grandi studi legali stanno finanziando provider di servizi legali. Qualcosa di molto simile a un Uber dei servizi legali. A Londra e New York già esistono: sono reti di giovani professionisti o donne che per motivi personali non possono sostenere i ritmi degli studi legali. Succede che se uno studio affermato ha un overdose di lavoro o cerca uno specialista, si rivolge all'Uber legale e affida una ricerca o una pratica a un professionista che viene pagato per la singola prestazione.

Si tratta di una soluzione che in Italia rimetterebbe in gioco i giovani e le donne ma che potrebbe anche riaprire il mercato a costi molto più bassi senza rinunciare a tutele e competenze. A Londra questi servizi sono totalmente on line e operano attraverso una rete Intranet tra studi legali. In Italia c'è già chi sta analizzando la fattibilità del progetto. Molti studi internazionali sono intenzionati ad esportare il modello anche da noi. E, a occhio e croce, questo sarà un cantiere che verrà ultimato molto in fretta.


(Da Il Corriere della Sera del 12.11.2015)