giovedì 19 novembre 2015

Legali, pubblicità libera

I chiarimenti del Cnf sul nuovo art. 35 
del codice deontologico forense
Informazioni vere, corrette e trasparenti

Nessuna restrizione alla pubblicità professionale degli avvocati. Basta che non sia volta all'accaparramento di clientela. Lo ha chiarito il Consiglio nazionale forense, che il 16 novembre scorso ha inviato ai presidenti dei consigli degli ordini territoriali il nuovo testo dell'art. 35 del codice deontologico forense, come modificato dal plenum il 23 ottobre scorso, per avviare la consultazione prevista dalla legge professionale forense. Inoltre, il Cnf ha adottato una seconda delibera interpretativa del parere dello stesso Consiglio nazionale n. 48/12 (AmicaCard), nel mirino dell'Antitrust, specificando che va interpretato come azione di condanna del comportamento di accaparramento di clientela. Entrando nel dettaglio, le modifiche introdotte (ai commi 9 e 10) sono volte a definire la portata dell'art. 35, che disciplina il dovere di corretta informazione «quale che sia il mezzo utilizzato per rendere le informazioni», eliminando il riferimento specifico alla disciplina dei siti web. In altre parole, qualsiasi mezzo è ammesso, e dunque, specifica il Cnf, anche siti web con o senza re-indirizzamento, purché l'informazione rispetti i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell'obbligazione professionale. Nella direzione di fugare fraintendimenti va la seconda delibera, interpretativa del parere Cnf n. 48/12 che ha provocato la sanzione da parte dell'autorità Antitrust, pari a 900 mila euro. La delibera specifica che «il parere n. 48/12 vada interpretato come ferma stigmatizzazione dell'accaparramento di clientela con modi e mezzi non idonei, ovvero come stigmatizzazione dell'acquisizione di incarichi professionali tramite l'offerta di omaggi e/o di prestazioni a terzi e/o di promesse di vantaggi e/o la corresponsione di denaro a procacciatori di affari». La delibera sottolinea ancora che «la libertà di informare nel modo più opportuno e con qualsiasi mezzo, ma nel rispetto dei canoni fondamentali, ha costituito, e costituisce, oggetto di costante riconoscimento da parte del Consiglio nazionale forense il quale, più volte, ha avuto modo di ribadire la liceità deontologica di una pubblicità informativa resa attraverso la cartellonistica all'interno di impianti sportivi o l'utilizzazione di spazi sulla carrozzeria di automezzi», a titolo di esempio. Ricordiamo che nel parere contestato dall'Antitrust il Cnf evidenziava che la natura dei siti web in questione (AmicaCard e Groupon dove risultavano iscritti avvocati), «nei quali l'offerta di prestazioni professionali può apparire promiscuamente insieme a proposte di ogni altro genere, tutte tra loro omogeneizzate dal dato della sola convenienza economica, comporta in re ipsa lo svilimento della prestazione professionale da contratto d'opera intellettuale a questione di puro prezzo».


Gabriele Ventura (da Italia Oggi del 19.11.2015)