sabato 4 aprile 2015

“Caro Cassa”, in 5mila lasciano la professione

Restare o abbandonare per non pagare i contributi? È la scelta che circa 50mila avvocati, destinatari dell’obbligo di formalizzare l’iscrizione alla cassa previdenza pur avendo un reddito minimo, dovranno compiere entro la fine di giugno, a pena di cancellazione dall’albo.
Il termine è quello dei 90 giorni successivi al ricevimento degli “avvisi” inviati dalla cassa forense, tramite posta certificata, agli avvocati in regola con l’albo ma non con la previdenza di optare per l’iscrizione all’ente o per le liste Inps.

In cinquemila hanno già gettato la spugna, secondo quanto dichiarato dallo stesso presidente della cassa, Nunzio Luciano in un’intervista al Sole24ore (“Intervista a Nunzio Luciano: «Opzione per la Cassa degli avvocati con reddito minimo»”). Ma tale percentuale, vista la platea di 50mila non preoccupa l’ente previdenziale che parla di “scommessa vinta” anche se le defezioni dovessero aumentare fino alla fine di giugno.

L’obbligo di iscrizione per gli avvocati all’ente previdenziale e del relativo pagamento dei contributi, indipendentemente dalla capacità reddituale, si ricorda, è stato fissato, con l’entrata in vigore del relativo regolamento attuativo in vigore dal 21 agosto 2014, dall’art. 21, commi 8 e 9, della riforma forense (l. n. 247/2012).

La norma prevede, infatti, che l’iscrizione all’albo professionale comporti l’iscrizione contestuale obbligatoria alla cassa nazionale di previdenza forense e della corresponsione dei contributi previdenziali, a prescindere dal reddito, a pena di cancellazione dall’albo stesso.

Per chi è in possesso di requisiti minimi di reddito (inferiore a 10.300 euro annui), il regolamento prevede pagamenti agevolati, pari a 700 euro l’anno quale contributo soggettivo, in luogo dei 2.800 ordinari, un quarto cioè della contribuzione minima.

Ma, per contro, anche il trattamento previdenziale sarà proporzionale a quanto versato, seppur è prevista la copertura nei casi di malattia grave o calamità.

Previste anche rateizzazioni dei contributi e misure di microcredito, oltre al monitoraggio dei fondi europei e a iniziative sul welfare.

Ma a quanto pare tutto questo non basta e il prezzo da pagare è troppo alto (considerato che alle quote previdenziali va aggiunta anche quella per l’albo richiesta regolarmente dall’ordine), per quei 5.000 (salvo aumenti) costretti a rinunciare ad esercitare la professione.


Marina Crisafi (da studiocataldi.it del 2.4.2015)