L’assegno divorzile va corrisposto
anche in caso
di versamento di un’una tantum in sede
di separazione
Il
coniuge obbligato deve versare l’assegno divorzile alla ex nonostante abbia già
provveduto al versamento di un’una tantum accordata in sede di separazione a
definizione di ogni rapporto economico. Insomma, la determinazione del
contributo è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti in sede di
separazione: il giudice deve verificare le attuali e future condizioni
economiche delle parti con il pregresso tenore di vita coniugale. E’ questo il
principio sancito dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza 2948 del 10
febbraio 2014, ha
respinto il ricorso presentato avverso la decisione con cui la Corte d’appello di Roma
aveva fissato in mille euro l’assegno divorzile in favore della ex moglie del
ricorrente.
Nel
caso de quo era risultato provato che durante il matrimonio i coniugi erano
contitolari di proprietà immobiliari e di quote di società. Inoltre, all’epoca
dell’introduzione del giudizio di separazione il marito svolgeva la professione
di medico otorino specializzato in chirurgia plastica, mentre la moglie,
laureata, non aveva un lavoro stabile. In sede di separazione, i coniugi avevano
stipulato un accordo a definizione di ogni rapporto economico in forza del
quale la donna aveva ricevuto dal coniuge, dietro trasferimento delle quote di sua spettanza di proprietà
immobiliari e partecipazioni societarie, una certa somma di denaro.
Secondo
gli Ermellini, dalle risultanze processuali la Corte di merito aveva tratto elementi idonei a
determinare, secondo una valutazione congrua e correttamente motivata, un
assegno divorzile a carico del marito. A giustificare tale assegno risultava un
netto divario tra le condizioni economiche delle parti, non solo con riguardo
al periodo considerato, ma anche sotto il profilo delle potenzialità di reddito
attuali e future connesse con la tipologia delle rispettive attività
lavorative.
Ribadiscono
i giudici di legittimità che, secondo il consolidato orientamento della
Cassazione, l’accertamento del diritto all’assegno divorzile va effettuato
verificando l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad
un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che
sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso. Nel
caso di specie, la ex moglie, per età e per tipologia delle attività che le sue
specifiche attitudini le consentivano, si trovava nella oggettiva impossibilità
di conseguire mezzi adeguati, sotto il profilo della stabilità oltre che della
quantità, a consentirle il mantenimento dell’elevato tenore di vita goduto
durante la convivenza coniugale.
Nel
quadro descritto, la determinazione dell’assegno divorzile, alla stregua
dell’art. 5 della L. 898/1970, è indipendente dalle statuizioni patrimoniali
operanti in vigenza di separazione dei coniugi, con la conseguenza che il
diniego dell’assegno divorzile non può fondarsi sul rilievo che negli accordi di
separazione i coniugi pattuirono che nessun assegno fosse versato dal marito
per il mantenimento della moglie, dovendo comunque il giudice procedere alla
verifica del rapporto delle attuali condizioni economiche delle parti con il
pregresso tenore di vita coniugale.
Anna Costagliela (da
diritto.it del12.2.2014)