Trib. Torino, sez. III civ., ord. 23.4.2013
Nel giudizio possessorio si configura
l’ipotesi di litisconsorzio necessario tra i comproprietari del bene oggetto di
causa qualora la reintegrazione del possesso comporti la necessità del
ripristino dello stato dei luoghi mediante la demolizione di un’opera di
proprietà o nel possesso di più persone.
Qualora in sede di reclamo il Collegio
giudicante ritiene sussistere un difetto di litisconsorzio necessario, lo
stesso deve dichiarare la nullità del provvedimento e rimettere gli atti al
Giudice di prime cure affinché provveda all’integrazione del contraddittorio.
E’
questo il principio di diritto sancito dal Collegio del Tribunale di Torino con
l’ordinanza del 22 aprile 2013,
a seguito di reclamo proposto ex art. 669-terdecies
c.p.c., il quale ha rimesso la causa al Giudice di primo grado che aveva emesso
il provvedimento reclamato, affinché disponga l’integrazione del
contraddittorio risultante necessaria, nel caso di specie, al fine
dell’emissione di un provvedimento valido.
Il caso. Tizio promuoveva azione possessoria di spoglio ex
artt. 703 c.p.c., per la reintegrazione nel possesso di una porzione di terreno
situata su un appezzamento di sua proprietà, nei confronti di Caio, uno dei
comproprietari di un’unità immobiliare confinante con tale appezzamento,
chiedendo altresì di condannare Caio all’abbattimento della recinzione da lui
posizionata sul citato appezzamento di terreno di proprietà del ricorrente ed
al conseguente ripristino dello stato dei luoghi. Tizio vedeva accolte le
proprie doglianze in primo grado, ottenendo l’immediata reintegrazione del
possesso ed altresì l’immediata rimozione della recinzione dei pilastri
apposti, e di conseguenza Caio proponeva reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c.
avverso l’ordinanza del Giudice designato.
Le ragioni del reclamante. Caio, in sede di reclamo, chiedeva, in via
pregiudiziale, la revoca del provvedimento in quanto affetto da inesistenza e/o
la nullità per difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti di
tutti i comproprietari e compossessori del fondo di sua proprietà.
Le ragioni del resistente. Dal canto
suo Tizio chiedeva il rigetto integrale del reclamo proposto da Caio; in
subordine, chiedeva che fosse confermata in ogni caso l’ordinanza, previa
eventuale integrazione del contradditorio da disporsi nei confronti degli altri
comproprietari, con fissazione di nuova udienza ed in ulteriore subordine,
nella denegata ipotesi di accoglimento dell’eccezione di nullità proposta da
controparte, di rimettere gli atti al Tribunale di Torino per gli incombenti di
carattere processuale.
La decisione del Collegio ed i
collegamenti giurisprudenziali. In
via preliminare, il Collegio ha accolto il primo motivo di reclamo circa
l’inesistenza e/o nullità dell’impugnata ordinanza per difetto di integrazione
del contradditorio nei confronti di tutti i comproprietari e compossessori.
Il
Collegio ha rilevato, infatti, che Caio era solo uno dei tre comproprietari del
fondo oggetto di causa, come documentalmente provato.
Il
Tribunale, sulla scorta di quanto sancito dai Giudici della Corte di Cassazione,
ha ribadito che di regola «nel giudizio possessorio non ricorre tendenzialmente
l’esigenza del litisconsorzio necessario, che ha la funzione di assicurare la
partecipazione al processo di tutti i titolari degli interessi in contrasto» e
l’azione si può proporre congiuntamente o separatamente nei confronti dei
legittimati passivi dell’azione di reintegrazione del possesso (ossia chi ha
incaricato l’effettuazione dello spoglio, coloro che hanno approvato
l’effettuazione dello stesso o che ne hanno anche soltanto tratto vantaggio).
Tale
regola generale invece non si applica, come nel caso de quo, «qualora la
reintegrazione del possesso comporti la necessità del ripristino dello stato
dei luoghi mediante la demolizione di un’opera di proprietà o nel possesso di
più persone», configurandosi un’ipotesi di litisconsorzio necessario.
Il
Collegio ha osservato infatti che, in tale ipotesi, la sentenza resa nei
confronti solo di uno dei comproprietari e/o compossessori dell’opera sarebbe
inutiliter data, non essendo configurabile una demolizione limitatamente alla
quota indivisa del comproprietario o del compossessore convenuto in giudizio,
come già ribadito altresì dalla Suprema Corte nella sentenza n. 7412 del 2003.
Nel
caso de quo, gli altri due comproprietari del fondo, sul quale era stata
realizzata la recinzione da parte di Caio, avrebbero “subito” inevitabilmente
gli effetti del ripristino dello stato dei luoghi mediante la condanna alla
rimozione della recinzione e dei pilastri apposti dal reclamante.
Caio,
nella propria memoria di costituzione, aveva contestato l’orientamento della
Suprema Corte rilevando che lo stesso non poteva trovare accoglimento in quanto
si era in presenza di installazioni amovibili e prive di incidenza permanente
sull’assetto del terreno (installazione di paletti), anche se in realtà, il
Collegio ha riscontrato che il reclamante aveva realizzato “una vera e propria
recinzione con pilastri che, sebbene non ancora ultimata, non risulta
agevolmente amovibile e pare avere una consistente incidenza sull’assetto del
terreno”.
Ma
a sciogliere ogni dubbio, ancora i Giudici Ermellini hanno rilevato come i
giudici ermellini, nella sentenza del 18
febbraio 2010, Cass. Civ. n. 3933 abbiano ravvisato il litisconsorzio
necessario tra i comproprietari e/o compossessori di una “recinzione con
paletti in ferro e rete metallica” di cui era stato ordinato l’abbattimento,
proprio come era accaduto nella fattispecie posta in esame.
Pertanto,
in accoglimento del primo motivo di reclamo proposta da Caio in via
pregiudiziale, il Tribunale ha dichiarato la nullità dell’impugnata ordinanza
per difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri due
litisconsorti necessari, comproprietari e compossessori del fondo e della
recinzione e, per l’effetto, ha revocato l’impugnata ordinanza.
Il
Collegio, infine, come aveva richiesto il reclamato “in via di ulteriore
subordine”, ha rilevato che il procedimento doveva essere rimesso al Giudice di
primo grado perché provveda all’integrazione del contraddittorio nei confronti
degli altri due litisconsorti necessari.
(Da Altalex del 21.1.2014.
Nota di Giuseppe Scordari)