giovedì 27 febbraio 2014

Dichiarazioni spontanee indagato interrompono prescrizione

Cass. Pen., SS.UU., sent. 6.2.2014 n° 5838

Le dichiarazioni spontanee rese dall'indagato debbono intendersi equiparate, al fine della interruzione della prescrizione, all'interrogatorio. E' quanto emerge dalla sentenza 6 febbraio 2014, n. 5838 delle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione.

L'art. 374 c.p.p., con riferimento alla fase procedimentale delle indagini preliminari, dispone che chi ha notizia che nei suoi confronti sono svolte indagini, ha facoltà di presentarsi al pubblico ministero e di rilasciare dichiarazioni. Ai sensi del successivo comma 2, quando il fatto per cui si procede è contestato a chi si presenta spontaneamente e questi è ammesso a esporre le sue discolpe, l'atto così compiuto equivale per ogni effetto ad interrogatorio. In tale ipotesi si applicano le disposizioni previste dagli articoli 64, 65 e 364.

Dalla formulazione delle norme anzidette balza evidente che, in caso di spontanea presentazione dell'indagato, qualora gli siano contestati i fatti per cui si procede, le sue dichiarazioni equivalgono, ad ogni effetto, all'interrogatorio. Considerato, allora, che l'interrogatorio reso davanti al pubblico ministero od al giudice rientra nell'elenco tassativo degli atti aventi efficacia interruttiva del corso della prescrizione, di cui all'art. 160 c.p., ne deriva che le dichiarazioni rese dall'indagato in sede di presentazione spontanea possono dispiegare efficacia interruttiva, al pari dell'ordinario interrogatorio, sempre che siano rese all'autorità giudiziaria (e non già, dunque, alla polizia giudiziaria) ed in esito a contestazione del fatto per cui si procede. Conseguentemente, il quesito riguardante la rilevanza delle dichiarazioni spontanee come atto interruttivo della prescrizione deve trovare risposta affermativa.

"A siffatta opinione non potrebbe, di certo, obiettarsi che, in mancanza di previsione delle dichiarazioni spontanee nel novero degli atti interruttivi della prescrizione di cui all'art. 160 cod. pen., avente carattere tassativo (Sez. U, n. 21833 del 22/02/2007, Iordache, Rv. 236372), l'attribuzione ad esse di valenza interruttiva si risolverebbe in un'interpretazione estensiva in malam partem, posto che l'equiparazione delle stesse all'interrogatorio - che è atto, normativamente, dotato di capacità interruttiva -non è frutto di attività ermeneutica, essendo prevista ex lege dal menzionato art. 374, comma 2, del codice di rito".

In merito all'ambito di esplicazione della relativa efficacia, l'art. 161, comma primo, c.p. dispone che la sospensione e la interruzione della prescrizione hanno effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato. "L'applicazione dell'anzidetto principio alla fattispecie in esame postula, com'è ovvio, l'individuazione delle specifiche posizioni concorsuali in relazione a ciascun reato, posto che l'estensione prevista dall'art. 161, comma primo, c.p., riguarda i concorrenti di un determinato reato e non può, quindi, indiscriminatamente applicarsi a quanti, per ragioni di connessione, siano imputati nello stesso procedimento per fatti diversamente qualificati e contestualizzati".


(Da Altalex del 27.2.2014. Nota di Simone Marani)