martedì 11 febbraio 2014

Il cosiddetto 'danno endofamiliare'

Gli illeciti all’interno della famiglia

Nelle aule giudiziarie sono sempre più frequenti le domande di risarcimento dei danni, proposte da un familiare nei confronti di altri componenti della famiglia, per comportamenti pregiudizievoli ritenuti lesivi della propria personalità. Si configurano, quindi, all'interno delle mura domestiche, ipotesi di responsabilità civile, ovvero di "illecito endofamiliare".

A fronte di condotte poste in essere in violazione di obblighi genitoriali e coniugali, integranti lesioni che si ripercuotono sui diritti fondamentali della persona, quali la dignità e il decoro, è possibile, infatti, esperire, il rimedio generale di tutela previsto dall'art. 2043 del codice civile ("Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno").

Il tema della responsabilità civile in ambito familiare è, già da tempo, ampiamente discusso in dottrina e giurisprudenza: a partire dagli anni ‘90, infatti, si sono susseguite una serie di decisioni (di merito e di legittimità) che hanno consentito di affiancare il risarcimento del danno ingiusto agli istituti tradizionalmente preposti a difesa della famiglia (come l'addebito, l'obbligo di versare un assegno divorzile all'ex coniuge e il sequestro di beni).

Inizialmente, l'opinione prevalente era restia ad ammettere che nell'ambito dei rapporti tra familiari potesse fare ingresso tale tipo di responsabilità, ciò in quanto l'Ordinamento ricollegava alla violazione dei doveri matrimoniali precise e tipizzate conseguenze, così mostrando di voler precludere l'ingresso ad altre possibili forme di tutela in favore della vittima di quei comportamenti.

E d'altra parte, sembrava incoerente riconoscere l'esistenza di un «danno da separazione» o di un «danno da divorzio», considerato che la legge riconosce ad ogni individuo il diritto di separarsi e di porre fine all'esperienza matrimoniale con definitiva recisione del vincolo originario.

Tuttavia, i profondi mutamenti che hanno interessato il diritto di famiglia hanno posto fine all'idea che i familiari, in ragione di siffatta qualità, possano godere di un'immunità tale da sottrarli ad ogni responsabilità risarcitoria e che, nel contempo, la vittima di determinati comportamenti lesivi, proprio perché «familiare», possa godere di minori tutele ed essere soggetta a menomazioni della propria dignità, della propria personalità e delle proprie aspirazioni.

Il definitivo approdo della responsabilità civile all'interno delle mura domestiche è stato, poi, reso possibile dal progressivo affermarsi della privatizzazione della famiglia, intesa come luogo di promozione, sviluppo e tutela della personalità individuale; ciò ha consentito di ritenere il soggetto, danneggiato da comportamenti lesivi della sua personalità, legittimato a proporre l'azione di risarcimento dei danni, poiché anche nell'ambito della famiglia ci sono dei diritti inviolabili che necessitano di essere protetti.

Rientrano nella fattispecie del "danno endofamiliare" quella pluralità di comportamenti che siano lesivi della dignità e dell'onore o della reputazione di un coniuge (es. la violazione dell'obbligo di fedeltà quando sia così grave da offendere la dignità e la rispettabilità del consorte); i comportamenti violenti, discriminatori o sleali che siano lesivi della persona stessa e della sua integrità psicofisica (es. il tenere all'oscuro il coniuge circa la propria impotenza o lo stato di gravidanza causato da altri); i casi di mancata assistenza materiale (es. mancato mantenimento del coniuge): queste situazioni trovano sicuramente rimedio nella richiesta di addebito, ma giustificano anche l'ulteriore richiesta risarcitoria in quanto, incidendo sui beni essenziali della vita, producono un danno ingiusto.

Si registrano episodi di "illecito endofamiliare" anche nei rapporti di filiazione, basti pensare, ad esempio, ai comportamenti omissivi di completo disinteresse verso la prole, ai danni arrecati nella sfera patrimoniale del figlio per non aver potuto egli godere del mantenimento, dell'istruzione e dell'educazione che il genitore inadempiente avrebbe dovuto garantirgli, o ancora ai comportamenti volti ad ostacolare gli incontri con l'altro genitore che integrano una lesione dei diritti del genitore e del figlio.

In conclusione, la violazione dei doveri coniugali o genitoriali, qualora comporti la lesione di diritti costituzionalmente protetti, come la salute fisica e psichica, l'integrità morale, la dignità, l'onore e la reputazione, può costituire un illecito civile risarcibile ai sensi dell'art. 2059 del Codice Civile, pertanto, in questi casi sarà possibile chiedere un indennizzo corrispondente al disagio subito; in ogni caso, bisognerà condurre un'analisi particolarmente attenta ed approfondita della fattispecie, per evitare di presentare in giudizio domande di risarcimento danni con scarse possibilità di accoglimento.


Alexandro Tatullo (da studiocataldi.it del 5.2.2014)