Gli illeciti all’interno della famiglia
Nelle
aule giudiziarie sono sempre più frequenti le domande di risarcimento dei
danni, proposte da un familiare nei confronti di altri componenti della
famiglia, per comportamenti pregiudizievoli ritenuti lesivi della propria
personalità. Si configurano, quindi, all'interno delle mura domestiche, ipotesi
di responsabilità civile, ovvero di "illecito endofamiliare".
A
fronte di condotte poste in essere in violazione di obblighi genitoriali e
coniugali, integranti lesioni che si ripercuotono sui diritti fondamentali
della persona, quali la dignità e il decoro, è possibile, infatti, esperire, il
rimedio generale di tutela previsto dall'art. 2043 del codice civile
("Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno
ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno").
Il
tema della responsabilità civile in ambito familiare è, già da tempo,
ampiamente discusso in dottrina e giurisprudenza: a partire dagli anni ‘90,
infatti, si sono susseguite una serie di decisioni (di merito e di legittimità)
che hanno consentito di affiancare il risarcimento del danno ingiusto agli
istituti tradizionalmente preposti a difesa della famiglia (come l'addebito,
l'obbligo di versare un assegno divorzile all'ex coniuge e il sequestro di
beni).
Inizialmente,
l'opinione prevalente era restia ad ammettere che nell'ambito dei rapporti tra
familiari potesse fare ingresso tale tipo di responsabilità, ciò in quanto
l'Ordinamento ricollegava alla violazione dei doveri matrimoniali precise e
tipizzate conseguenze, così mostrando di voler precludere l'ingresso ad altre
possibili forme di tutela in favore della vittima di quei comportamenti.
E
d'altra parte, sembrava incoerente riconoscere l'esistenza di un «danno da
separazione» o di un «danno da divorzio», considerato che la legge riconosce ad
ogni individuo il diritto di separarsi e di porre fine all'esperienza
matrimoniale con definitiva recisione del vincolo originario.
Tuttavia,
i profondi mutamenti che hanno interessato il diritto di famiglia hanno posto
fine all'idea che i familiari, in ragione di siffatta qualità, possano godere
di un'immunità tale da sottrarli ad ogni responsabilità risarcitoria e che, nel
contempo, la vittima di determinati comportamenti lesivi, proprio perché
«familiare», possa godere di minori tutele ed essere soggetta a menomazioni
della propria dignità, della propria personalità e delle proprie aspirazioni.
Il
definitivo approdo della responsabilità civile all'interno delle mura
domestiche è stato, poi, reso possibile dal progressivo affermarsi della
privatizzazione della famiglia, intesa come luogo di promozione, sviluppo e
tutela della personalità individuale; ciò ha consentito di ritenere il
soggetto, danneggiato da comportamenti lesivi della sua personalità,
legittimato a proporre l'azione di risarcimento dei danni, poiché anche
nell'ambito della famiglia ci sono dei diritti inviolabili che necessitano di
essere protetti.
Rientrano
nella fattispecie del "danno endofamiliare" quella pluralità di
comportamenti che siano lesivi della dignità e dell'onore o della reputazione
di un coniuge (es. la violazione dell'obbligo di fedeltà quando sia così grave
da offendere la dignità e la rispettabilità del consorte); i comportamenti
violenti, discriminatori o sleali che siano lesivi della persona stessa e della
sua integrità psicofisica (es. il tenere all'oscuro il coniuge circa la propria
impotenza o lo stato di gravidanza causato da altri); i casi di mancata assistenza
materiale (es. mancato mantenimento del coniuge): queste situazioni trovano
sicuramente rimedio nella richiesta di addebito, ma giustificano anche
l'ulteriore richiesta risarcitoria in quanto, incidendo sui beni essenziali
della vita, producono un danno ingiusto.
Si
registrano episodi di "illecito endofamiliare" anche nei rapporti di
filiazione, basti pensare, ad esempio, ai comportamenti omissivi di completo
disinteresse verso la prole, ai danni arrecati nella sfera patrimoniale del
figlio per non aver potuto egli godere del mantenimento, dell'istruzione e
dell'educazione che il genitore inadempiente avrebbe dovuto garantirgli, o
ancora ai comportamenti volti ad ostacolare gli incontri con l'altro genitore
che integrano una lesione dei diritti del genitore e del figlio.
In
conclusione, la violazione dei doveri coniugali o genitoriali, qualora comporti
la lesione di diritti costituzionalmente protetti, come la salute fisica e
psichica, l'integrità morale, la dignità, l'onore e la reputazione, può costituire
un illecito civile risarcibile ai sensi dell'art. 2059 del Codice Civile,
pertanto, in questi casi sarà possibile chiedere un indennizzo corrispondente
al disagio subito; in ogni caso, bisognerà condurre un'analisi particolarmente
attenta ed approfondita della fattispecie, per evitare di presentare in
giudizio domande di risarcimento danni con scarse possibilità di accoglimento.
Alexandro Tatullo (da
studiocataldi.it del 5.2.2014)