Corte
cost. sent. 25.2.2014 n. 32
La
cosiddetta Fini-Giovanardi sulle droghe ha introdotto attraverso un
maxi-emendamento modifiche del tutto estranee al decreto legge di partenza,
varando una riforma così incisiva sul piano politico, giuridico e scientifico
che proprio per questo avrebbe meritato ben altro approfondimento nel dibattito
parlamentare. Un dibattito compresso dai tempi rapidi dell'iter di conversione
del decreto e schiacciato dal voto di fiducia che lo stesso governo pose sul
maxi-emendamento, "precludendo una discussione specifica e una congrua
deliberazione" sui singoli punti. È per questi motivi che la Corte costituzionale, con la
sentenza 32/2014, ha giudicato illegittima la legge e precisamente due
articoli, aggiunti in sede di conversione al cosiddetto decreto-Olimpiadi,
varato dal governo a fine 2005 e convertito a inizio 2006.
Il
contenuto originario
La
norma conteneva misure sulle olimpiadi invernali, contro il terrorismo e la
criminalità organizzata e anche per impedire l'interruzione dei programmi di
recupero dalla tossicodipendenza. Ma queste ultime si trasformarono, nella
legge di conversione, in norme sulle droghe, cancellando la distinzione tra
legge e pesanti e anche la diversificazione nelle pene previste per i diversi
reati. La questione è finita di fronte alla Corte Costituzionale, che l'ha
discussa e decisa tra l'11 e il 12 febbraio. Ieri il deposito delle
motivazioni, estensore il giudice Marta Cartabia.
L'iter
di conversione
La
decisione della Corte, come spiega la sentenza, riguarda un problema di natura
procedurale: l'iter di conversione di un decreto e la violazione dell'articolo
77 della Costituzione. In sostanza, la possibilità di emendare un decreto
durante la fase di conversione in legge - passaggio parlamentare semplificato e
particolarmente rapido - non è incondizionata, ma incontra dei limiti.
Quindi
"la legge di conversione non può aprirsi a qualsiasi contenuto ulteriore.
Diversamente, l'iter semplificato potrebbe essere sfruttato per scopi estranei
a quelli che giustificano l'atto con forza di legge, a detrimento delle
ordinarie dinamiche di confronto parlamentare", scrive la Corte.
Le
conseguenze
Le
conseguenze di questa decisione sono però più ampie, perché i due articoli
decadono e con essi la parificazione delle droghe leggere a quelle pesanti. Di
conseguenza, spiega la sentenza, torna in vigore la legge sulle droghe
precedente alla Fini-Giovanardi, ossia la Iervolino-Vassalli
(modificata dal referendum del '93 che abolì il carcere per l'uso personale).
Quanto ai singoli imputati, il giudice comune dovrà tener conto del favor rei,
cioè del principio che implica l'applicazione della norma penale più
favorevole.
Il
parere del penalista
Di
fatto, come spiega il penalista Roberto Afeltra, tornando in vigore le norme
precedenti, "le sanzioni per le droghe leggere si riducono e tornano da un
minino di 2 a
un massimo di 6 anni di carcere, ma in virtù del favor rei si riducono anche
quelle per le droghe pesanti, passando da un minimo di 6 a un massimo di 20 anni,
anziché 8-20 anni. Inoltre, sarà possibile chiedere la rimodulazione della pena
per le sentenze successive al 2006".
Il
garante dei detenuti
La
decisione della Corte avrà quindi riflessi anche sulla popolazione carceraria.
Ora, commenta il coordinatore dei garanti dei detenuti, Franco Corleone,
"è certificato per sentenza inoppugnabile che è stato compiuto un abuso ed
è una felice coincidenza nel momento di costituzione di un nuovo governo che
questo monito venga elevato con così grande nettezza".
(Da ilsole24ore.com)