Con
l’articolata ordinanza del 07/01/2014 il Tribunale di Napoli, in funzione di
giudice dell’esecuzione, è chiamato a pronunciarsi sull’inibitoria proposta ex
art. 624 c.p.c. in seno all’opposizione all’esecuzione introitata da Telecom
spa verso un suo creditore munito di titolo esecutivo notificato, in uno ad
atto di precetto, in data 02/10/2013 cui aveva fatto seguito un atto di
pignoramento eseguito in data 06/11/2013 nonostante che Telecom, con nota del
09/10/2013, avesse comunicato al creditore che era stata avviata la procedura
di pagamento della modesta somma portata dai titoli notificati pari ad €
236,40, perfezionatasi con la consegna di un assegno di pari importo datato
08/11/2013.
Il
Tribunale campano ha accolto la richiesta di sospensione del processo esecutivo
fondata sul fumus boni iuris poiché il creditore esecutante ha agito in
malafede violando gli artt. 1175 c.c.-88 e 92 c. 1 c.p.c. atteso che le
rassicurazioni del debitore esecutato circa l’imminente adempimento, debitore
peraltro dotato di una importante capacità patrimoniale soprattutto avuto
riguardo all’esiguo credito azionato,
avrebbero dovuto consigliare al creditore maggiore prudenza
nell’attivare la procedura esecutiva allorché, di contro, lo stesso ha agito
per lucrare le spese di procedura che, pertanto, non sono dovute dall’esecutato
al cospetto di un atto abusivo fonte di responsabilità ex art. 96 c. 3 c.p.c..
L’excursus
motivazionale del provvedimento spicca per il notevole spessore giuridico
saldamente ancorato alla più quotata giurisprudenza di legittimità e di merito.
Da
un lato, il Tribunale richiama il principio della buona fede che non deve
permeare la sola fase dell’esecuzione del contratto ma deve riguardare altresì
la fase dell’accesso alla tutela giudiziaria, anche in considerazione dei
principi costituzionali del giusto processo. Del pari, il creditore, ai sensi
dell’ art. 1206 c.c., deve compiere quanto è necessario affinché il debitore
possa adempiere(spontaneamente) l’obbligazione.
Tali
condivisibili argomentazioni sono, a fortiori, avvalorate da Cass. Civ. Sez.
III 02/12/2008 n. 28627 che ha scrutinato un caso analogo.
Dall’altro,
nella parte motiva del provvedimento, si dà atto che già nella fase sommario -
camerale di cui si tratta debbono essere liquidate le spese di lite, da porsi a
carico dell’esecutante, posto che il provvedimento che chiude la fase cautelare
ex art. 624 c.p.c. definisce il processo ai sensi del c. 1 dell’art. 91 c.p.c.,
stante la mera eventualità ex art. 616 c.p.c. del processo a cognitio plena da
introdursi dinnanzi al giudice competente ratione valoris. Sulla base di una
tale visione prospettica, il giudice campano ha ritenuto legittima
l’irrogazione della sanzione di cui all’art. 96 c. 3 c.p.c. i cui presupposti
applicativi sono costituiti, dal punto di vista oggettivo, dalla totale
soccombenza della parte mentre, quanto all’elemento psicologico, dall’aver
agito in malafede o colpa grave.
Riguardo
alla natura della sanzione testé menzionata si è autorevolmente sostenuto che
l’art. 45, c. 12 della L. 18/06/2009 n. 69 ha introdotto nel nostro ordinamento il cd.
danno punitivo figura familiare ai sistemi ordinamentali del common law ma che
non ha precedenti nel nostro(salvo il c. 2 dell’art. 283 c.p.c. introdotto
dall’art. 27 L.
12/11/2011 n. 183).
Le
peculiarità di detta sanzione risiedono nel fatto che, al cospetto di una
condotta contra ius, il diritto di difesa costituzionalmente garantito ex art.
24 Cost. deve cedere il passo all’interesse di pari rango della corretta
amministrazione della giustizia(cfr. combinato disposto degli artt. 97 e 111
Cost.).
Stante
la sua connotazione pubblicistica, il risarcimento del danno punitivo può
essere irrogato d’ufficio dal giudice anche in difetto della prova di un danno
risarcibile, e ciò diversamente da quanto stabilito per l’ipotesi di cui al c.
1 dell’art. 96 c.p.c. fattispecie annoverabile nell’alveo della responsabilità
aquiliana ex art. 2043 c.c..
Appurato
che la liquidazione del danno prescinde dalla prova circa l’effettività di un
danno risarcibile, questo sarà oggetto di una liquidazione discrezionale del
giudice il quale, in assenza di espliciti parametri normativi, dovrà
parametrarne l’ammontare al quantum delle spese di lite liquidate ex art. 91 c. 1 c.p.c. che costituiscono il
presupposto oggettivo per la comminazione della peculiare sanzione civile.
Nicola Peverelli (da
diritto.it del 19.2.2014)