Trib. Cremona, sez. I civ., ord.
28.11.2013
La Corte di Appello di Milano, con l’ordinanza de qua,
rigetta l’appello dichiarandolo inammissibile, con condanna alle spese
processuali e pagamento di una somma pari al contributo unificato.
Il
dictum è giustificato in base al nuovo art. 348 bis c.p.c.: l’impugnazione è
dichiarata inammissibile quando non ha una ragionevole probabilità di essere
accolta[1].
La succinta motivazione dell’ordinanza
La
tesi esposta dalla Corte di Appello di Milano è essenzialmente che l’appello
non ha una ragionevole probabilità di accoglimento perché la sentenza
impugnata:
richiama principi consolidati;
ha utilizzato argomenti coerenti ed
adeguata motivazione sotto il profilo logico giuridico;
è basata su prove raggiunte con elementi
presuntivi considerati analiticamente e nella loro convergenza globale.
Pertanto,
risultando la ricostruzione fattuale coerente con le risultanze documentali e
con i principi giurisprudenziali che regolano la materia, senza che le
affermazioni contenute nella domanda di appello possano incidere in quanto
apodittiche, allora la domanda va dichiarata inammissibile[2].
Il quadro giurisprudenziale
Come
noto la Legge
134/2012 ha introdotto nel nostro sistema un nuovo modello di appello; le
novità più rilevanti sono essenzialmente due:
il passaggio dagli specifici motivi alla
motivazione[3] (il passaggio non è meramente letterale, ma contenutistico[4]);
l’istituzione di un filtro basato sulla
ragionevole probabilità di accoglimento, tale da selezionare le domande
ammissibili o meno.
Il
riferimento alla “ragionevole probabilità” è stato interpretato dalla
giurisprudenza in tre diversi modi[5]:
come manifesta infondatezza[6]; l’appello
non ha ragionevoli probabilità di accoglimento quando è prima facie infondato,
così palesemente infondato da non meritare che siano destinate ad esso le
energie del servizio giustizia, che non sono illimitate;
come fumus boni iuris[7], comunemente
richiamato in tema di misure cautelari (senza il periculum in mora, però); la
ragionevole probabilità ben potrebbe essere associata al requisito del fumus
boni iuris, strumentalmente necessario ai fini dell’emissione di un’ordinanza
cautelare: per lo più, il fumus boni iuris viene definito come l'apparenza del
diritto a salvaguardia del quale si intende richiedere la tutela, la cui
sussistenza deve apparire come verosimile e probabile alla luce degli elementi
di prova esistenti prima facie; id est: il diritto preteso deve apparire come
verosimile, alla luce degli elementi di prova sussistenti;
come probabilità giurisprudenziale[8];
sussiste una ragionevole probabilità di accoglimento se la pretesa
dell’appellante è confortata da precedenti giurisprudenziali conformi, ovvero
non contraddice la giurisprudenza della medesima Corte[9].
La
ricostruzione esposta dalla Corte di Appello può essere inquadrata nella terza
interpretazione esposta, visto che le sue argomentazioni traggono linfa
legittimante dai principi consolidati.
Riflessioni
L’interpretazione
della Corte di Appello appare convincente perché si allinea al dato letterale
ed, in effetti, la ragionevole probabilità di accoglimento ben può essere
decodificata come capacità di penetrare la pronuncia di primo grado, alla luce
dei principi consolidati; se la sentenza di primo grado è conforme ai principi
consolidati e l’atto di appello è inidoneo ad infliggere un vulnus (in quanto
apodittico), allora la domanda sarà inammissibile[10].
L’ordinanza
de qua, però, è ancor più condivisibile laddove scrutina l’apparato probatorio
utilizzato a sostengo della decisione di primo grado, così facendo un’analisi
della probabilità di accoglimento in concreto e non solo in astratto guardando
i principi.
L’atto
di appello non è più come prima: molto è cambiato; solo che ora le cause per
responsabilità dell’avvocato rischiano di aumentare (in modo esponenziale)
visto che il cliente, che leggerà una motivazione in cui si scrive che l’atto
non aveva ragionevoli probabilità di accoglimento, tenderà ad attribuire la
responsabilità dell’inammissibilità per intero al proprio legale.
(Da Altalex del 3.2.2014. Nota di Luigi
Viola)
_____________
[1] Per approfondimenti VIOLA, Il nuovo appello filtrato,
Pistoia, 2012; RINALDI, Sub art. 348 bis c.p.c., in VIOLA (a cura di), Codice
di procedura Civile (con schemi, commenti, formule), 2013; NAPOLI, Il nuovo
appello motivato nella giurisprudenza, in La Nuova Procedura
Civile, 4, 2013; CARTUSO, Il nuovo filtro di ammissibilità dell’appello, in La Nuova Procedura
Civile, 4, 2013; COSTANTINO, Le riforme dell’appello civile e l’introduzione
del filtro, in Treccani.it, 2012; CONSOLO, Lusso o necessità nelle impugnazioni
delle sentenze, in Judicium.it, 2012; CAPONI, La riforma dell’appello civile
dopo la svolta nelle commissioni parlamentari, in Judicium.it, 2012.
[2] Sul tema dell’eventuale impugnabilità dell’ordinanza di
inammissibilità, si veda CAMPESE, L’impugnabilità, o meno, con ricorso per
cassazione, dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello ex artt. 348 bis e
ter cod. proc. Civ., in La
Nuova Procedura Civile, 1, 2014.
[3] Nel senso dell’innovatività della Legge 134/2012 in tema
di motivazione, si veda Tribunale di Verona, sentenza del 28.5.2013, in La Nuova Procedura Civile,
5, 2013; si veda anche VIOLA, The motivated appeal of statute 134/2012, in
Civil Procedure Review, 2013, 1, 88.
[4] In questo senso, Corte di Appello di Potenza, sentenza
del 14.5.2013; Corte di Appello di Potenza, sentenza del 7.5.2013; Corte di Appello
di Salerno, sentenza del 1.2.2013, n. 139; in senso contrario BRIGUGLIO, Un
approccio minimalista alle nuove disposizioni sull’appello, in Riv. Dir. Proc.,
3, 2013, 575. Per una sintesi del dibattito, si veda Schema dei principali
orientamenti giurisprudenziali in tema di nuovo appello motivato, in La Nuova Procedura
Civile, 5, 2013 (in fase di stampa).
[5] Si veda VIOLA, Nuovo appello filtrato: i primi
orientamenti giurisprudenziali, in Altalex.com, 2013.
[6] Corte di Appello di Roma, ordinanza del 25.1.2013, in La Nuova Procedura
Civile, 2, 2013, con nota di MECACCI.
[7] Si vedano le linee guida della Corte di Appello di
Milano, rese note il 10.10.2012, secondo cui “in ordine ai criteri per la
valutazione prognostica di insussistenza della probabilità di accoglimento
dell'appello, la prescrizione dettata dall'art. 348 ter c.p.c. va letta, quanto
alla ragionevolezza della prognosi, alla stregua della valutazione del fumus
boni iuris”. Nel medesimo senso VIOLA, Diritto processuale civile, Padova, 2013,
459. In
senso contrario, Tribunale di Cremona, ordinanza del 28.11.2013, in La Nuova Procedura
Civile, 1, 2014 (in fase di stampa), secondo cui “non è chiaro infatti come
debba interpretarsi il requisito della ragionevole probabilità di accoglimento,
in assenza del quale l’appello va dichiarato inammissibile, ma sicuramente non
sembrano condivisibili quegli orientamenti, fatti propri ad es. dal Tribunale
di Milano e accolti dai primi commentatori, secondo i quali il giudice dovrebbe
valutare se il gravame sia o meno dotato di fumus boni iuris. Non appare
infatti corretta l’avulsione del requisito del fumus dall’area sua propria,
quella dei giudizi cautelari e strumentali, non essendo lo stesso
ontologicamente idoneo a sorreggere una valutazione di ammissibilità
dell’azione, tradizionalmente legata ad altri parametri, quali la tempestività
della domanda, il rispetto di requisiti formali, ecc. Deve infatti rammentarsi
che il fumus boni iuris non può mai essere valutato disgiuntamente dall’altra
condizione dell’azione cautelare, il periculum in mora, con il quale va
bilanciato ai fini della concessione o meno della cautela”.
[8] Corte di Appello di Napoli, ordinanza del 19.2.2013, in La Nuova Procedura
Civile.com, 2013.
[9] Corte di Appello di Palermo, sezione terza, ordinanza
del 15.4.2013, in La
Nuova Procedura Civile, 3, 2013, 201.
[10] Seppur potevano pur essere illustrati tali principi.