Decisivo,
ai fini dell’inclusione dei preparati galenici anti-fame prescritti, fatti
preparare e poi venduti dal dietologo ai suoi pazienti, fra le sostanze vietate
dalle legge, l’effetto psicostimolante, e dunque psicotropo degli stessi.
La
circostanza, accertata in sede di merito, che i prodotti contenessero sostanze
stupefacenti fra quelle di cui alla tabella II, sezione B, del D.P.R. 309/1990
(Testo Unico in materia di stupefacenti) ha fatto sì che la Corte di legittimità, con la
sentenza n. 5449 del 4 febbraio 2014, annullasse con rinvio la sentenza
precedentemente emessa che aveva escluso la rilevanza penale della condotta del
medico sul rilievo che le pillole incriminate non causassero assuefazione né
dipendenza.
Ad
avviso della Cassazione bisognava considerare invece che i prescritti farmaci
fossero idonei a produrre effetti immediati sul sistema nervoso dei pazienti a
dieta, che infatti andavano controbilanciati attraverso il simultaneo impegno di
sostanze con effetto opposto, come sedativi e tranquillanti.
I
preparati anti-fame causavano nel paziente l’effetto di non sentire più la
stanchezza, oltre che l’appetito, azione, questa, di tipo psicostimolante che
si traduceva in un aumento del senso di eccitazione, dovuta alla presenza, fra
i componenti, di sostanze quali dietilpropione.
Il
medico quindi prescriveva la contemporanea assunzione di clorazepato per
attenuare gli effetti della sostanza stupefacente, e per questo motivo non
poteva non essere a conoscenza del carattere psicotropo della stessa.
Ora
la parola passa al giudice del rinvio, che dovrà verificare se risultano
integrati gli estremi dei reati di cui agli artt. 73 e 83 del D.P.R. 309/1990.
Lucia Nacciarone (da
diritto.it dell’11.2.2014)