Cass.
Civ., sez. II, sent. 20.12.2013 n° 28575
La Corte di cassazione è intervenuta, con la pronuncia che si
annota, sul dibattuto tema dell'applicazione della decadenza di cui all'art.
2226 c.c., secondo comma, all'ipotesi in cui l'oggetto della prestazione del
professionista sia consistita in una prestazione di opera intellettuale.
Nel
caso di specie era avvenuto che un architetto aveva richiesto l'emanazione di
un decreto ingiuntivo nei confronti del proprio cliente, il quale, tuttavia, si
era opposto deducendo l'inadempimento del professionista ai propri obblighi
contrattuali.
Il
professionista, da parte sua, aveva però dedotto la decadenza del diritto di
denunciare vizi da parte del cliente ai sensi del secondo comma dell'art. 2226
c.c., il quale così prevede: “Il committente deve, a pena di decadenza
denunziare le difformità e i vizi occulti al prestatore d'opera entro otto
giorni dalla scoperta. L'azione si prescrive entro un anno dalla consegna”.
Il
giudice di primo grado aveva rigettato tale eccezione del convenuto opposto;
eccezione però successivamente accolta nel grado di appello.
Il
cliente aveva dunque proposto ricorso per cassazione al fine di censurare la
pronuncia della Corte d'appello sotto il profilo della falsa applicazione
dell'art. 2226 c.c. al caso di specie.
La Corte, nell'esaminare la questione, ha ricordato come il
tema dell'applicazione della predetta disposizione all'ipotesi del contratto
d'opera intellettuale sia stato oggetto di una pronuncia delle Sezioni Unite,
riferita, in particolare, alla fattispecie del professionista che abbia assunto
l'obbligo di redigere un progetto o di svolgere l'attività di direzione di
lavori.
Le
Sezioni Unite, con pronuncia n. 15871/2005 avevano infatti chiarito che “Le
disposizioni dell'art. 2226 c.c., in tema di decadenza e prescrizione
dell'azione di garanzia per vizi dell'opera, sono inapplicabili alla
prestazione d'opera intellettuale, ed in particolare alla prestazione del
professionista che abbia assunto l'obbligazione della redazione di un progetto
di ingegneria o della direzione dei lavori, ovvero l'uno e l'altro compito,
attesa l'eterogeneità della prestazione rispetto a quella manuale, cui si
riferisce l'art. 2226 c.c., norma che perciò non è da considerare tra quelle
richiamate dall'art. 2230 c.c.”.
Nella
pronuncia di cui odiernamente si dà conto, la Corte ha dunque ribadito tale principio
giurisprudenziale, in considerazione del fatto che le obbligazioni svolte, nel
caso di specie, dal professionista, risultavano esattamente analoghe a quelle
oggetto della pronuncia delle Sezioni Unite.
(Da Altalex del
15.2.2014. Nota di Alessandro Ferretti)