Cass.
Civ. sent. n. 4033 del 19.2.2013
Con
la sentenza che si annota la S.C.,
ribadendo un orientamento giurisprudenziale pressoché pacifico, ha enucleato il
seguente principio di diritto “Non è possibile liquidare il risarcimento del
danno futuro senza la prova, o, comunque, allegazione, di elementi specifici
dai quali dedurre la sussistenza del danno. Soltanto una volta che tale
allegazione sia stata fornita, la liquidazione del danno patrimoniale per la
perdita della capacità lavorativa specifica, come danno patrimoniale permanente
e futuro, può avvenire con criteri equitativi”.
L’approccio
nomofilattico è fedele al dato testuale dell’art. 1226 c.c. che attribuisce al
giudice il potere di determinare, anche d’ufficio, la valutazione equitativa
del danno solo laddove la prova del suo preciso ammontare divenga una probatio
diabolica posto che, indefettibilmente, all’onerato compete pur sempre un onere
assertivo circa la sussistenza del danno ed un correlativo onere probatorio.
L’attribuzione
del prefato potere officioso in capo al giudice va collocato nella cerchia
delle eccezioni in un contesto processuale sorretto dal principio dispositivo
con riguardo sia al diritto oggetto di contesa che alla prova.
Il
sistema processual-civilistico impone all’onerato l’allegazione del fatto che
ha generato il danno specificamente indicato ed il raccoglimento della prova
che può essere conseguita anche per effetto di presunzioni semplici o quale
corollario di un comportamento processuale di non specifica contestazione del
contraddittore(cfr. art. 115 1° comma c.p.c.).
Proprio
con riferimento al danno patrimoniale futuro si è reiteratamente affermato in
giurisprudenza che il medesimo va valutato su base prognostica avvalendosi
anche di presunzioni semplici. Una volta accertata(mediante una ctu
medico-legale) una riduzione della capacità di lavoro specifica di
significativa portata è possibile presumere che anche la capacità di guadagno
risulti ridotta nella sua proiezione futura.
Il
potere riconosciuto al giudice di effettiva determinazione del danno è un
potere discrezionale che non deve sfociare in delibazione arbitraria. Su tali
basi, il giudicante è tenuto ad indicare nella parte motiva della decisione le
ragioni del processo logico in base al quale detto potere è stato esercitato.
Nicola Peverelli (da
diritto.it del 12.2.2014)