Il
31 gennaio 2014 il Comitato dei Delegati della Cassa Forense ha approvato il
regolamento di attuazione dell’art. 21, commi 8 e 9, della nuova Legge
Professionale Forense (n. 247/2012), ai sensi del quale: “L'iscrizione agli Albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa
nazionale di previdenza e assistenza forense. La Cassa nazionale di
previdenza e assistenza forense, con proprio regolamento, determina, entro un
anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, i minimi
contributivi dovuti nel caso di soggetti iscritti senza il raggiungimento di
parametri reddituali, eventuali condizioni temporanee di esenzione o di
diminuzione dei contributi per soggetti in particolari condizioni e l'eventuale
applicazione del regime contributivo”.
In
attuazione di tali previsioni, il regolamento stabilisce, in particolare, la
facoltà, per i precettori di redditi professionali ai fini IRPEF inferiori a
10.300,00 €, oggi obbligati all’iscrizione alla Cassa, di versare il contributo
soggettivo minimo obbligatorio in misura pari alla metà di quello dovuto ai
sensi dell’art. 7, comma 2, del regolamento in esame (circa 700 € annui). Ciò
per i primi otto anni di iscrizione alla Cassa. Per l’effetto, il
professionista si vedrà riconosciuto un periodo di contribuzione di 6 mesi in
luogo dell’intera annualità, sia ai fini del riconoscimento del diritto alla
pensione, sia ai fini del calcolo della stessa. Mentre la copertura
assistenziale resta comunque garantita per l’intero anno solare. La norma non
prevede limiti di età.
Il
regolamento in esame, che deve ancora ricevere l’approvazione ministeriale,
elimina due cardini fondamentali del vecchio sistema previdenziale forense:
l’iscrizione a domanda;
l’infrazionabilità dell’anno.
L’obbiettivo
(apprezzabile) della norma è regolarizzare la posizione dei circa 50mila
avvocati che ancora non sono iscritti alla previdenza di categoria e di 37mila
che, pur iscritti, non raggiungono il reddito minimo.
Tuttavia,
non mancano le polemiche circa la compatibilità del regolamento (e, della legge
professionale) con le norme costituzionali e comunitarie, in particolare con
l'art. 33, comma 5 della Costituzione, che subordina l'esercizio della
professione, anche forense, al solo superamento di un esame di Stato, senza
alcun altro vincolo o requisito.
Si
ritiene, in particolare, che il regolamento non tenga adeguatamente conto della
capacità contributiva dei singoli, obbligandoli al versamento di contributi
(c.d. minimi) fissi ed indipendenti da situazioni reddituali (dovuti anche in
caso di reddito zero).
Attendiamo,
dunque, il vaglio ministeriale.
(Da Altalex del
13.2.2014. Nota di Giuseppina Mattiello)